Non è un caso se non vedete più i Fuera, o per lo meno li vedete un po' così. Il trio di Nola – composto da Mike, Diak e Jimmy – sta, oggi più che mai, decostruendo sé stesso, a cominciare dalla propria immagine. Non è un caso dunque che tutta la comunicazione del loro nuovo disco, Sonega (la cui prima parte, 7 tracce, è uscito in questi giorni) è affidato all'AI.
Ma non è solo questo. Creatura inafferrabile da sempre, i Fuera in questo nuovo lavoro, che fa seguito a Circo Mezzaluna, disgregano e fanno fluire la propria identità di brano in brano, "rinunciando a un personaggio o un'identità precisa per fondersi completamente con suoni e vibrazioni".
La band, realtà molto interessante anche live, in pochi anni di vita si è già mossa in sentieri molto diversi tra loro. Il rap degli esordi, le sonorità oniriche e rarefatte, l'IDM, la sperimentazione. Tutte queste attitudini è come se venissero shakerate nel nuovo lavoro, che si basa proprio sul concetto di metamorfosi, di perdità dell'identità e ricerca. Ne abbiamo parlato con loro.
Con tre dischi all'attivo avete già proposto tre suoni e mondi diversi. Perchè?
Abbiamo sempre preferito raccontare attraverso il progetto Fuera il risultato di quello che siamo in un certo periodo, piuttosto che incarnare un genere e un immaginario unico e preciso. La nostra musica è varia e cambia insieme a noi. La costante potrebbe essere il tentativo di costruire ogni volta una piccola alternativa alla realtà.
Perché un disco diviso in due parti?
I motivi sono vari, principalmente volevamo dare agli altri (anche a noi stessi) modo e tempo di metabolizzare gradualmente questo progetto. Ci siamo resi conto che un’esperienza di ascolto così frammentata possa anche lasciare perplessità e buchi ma confidiamo che, una volta uscita la seconda parte, tutti i tasselli saranno al loro posto.
Quando sarà la seconda parte?
In autunno.
Il titolo da dove nasce?
Il titolo del disco nasce banalmente dalla parola “suono”, che prima diventa “sonora” e poi “sonega”.
Chi siete oggi, e che rapporto avete con i "Fuera del passato"?
Oggi siamo delle persone in fase di studio e apertura. Abbiamo bisogno di ritornare ingenui per esprimerci. Non è sempre facile. Con il passato il rapporto è a tratti conflittuale. Il viaggio è ancora lungo.
Il vostro sembra anzitutto un viaggio di "decostruzione" di voi stessi. Percezione corretta?
Claro, è un processo di cui forse non abbiamo saldamente il controllo ma che lasciamo avvenire e assecondiamo.
Il cambiamento è il filo rosso dell'opera. Perché questa scelta?
Perché cambiamo continuamente, sia come individui che come musicisti. L’idea di innamorarsi così tanto di qualcosa da identificarsi solo e soltanto in essa per tutta la vita non solo non la comprendiamo ma ci spaventa.
Cosa vi affascina dell'AI e cosa invece temete?
Ci affascina la possibilità di poter visualizzare le immagini nella nostra testa e restituirle senza tanti giri o limiti di budget. Ci piace anche la distopia e il senso di estraneazione che comporta lavorare con l’AI. Non temiamo qualcosa in particolare, l’anima prima delle cose non risulta ancora clonabile.
Se poteste essere un'altra band qualsiasi al mondo chi vorreste essere?
Per la prima volta stiamo ascoltando tanto reggaeton, l’abbiamo integrato agli ascolti di musica elettronica e urban che abbiamo sempre fatto. Sarebbe bello essere una super band composta da Arca, Nicolas Jaar e Bad Bunny.
Cosa succederà live?
Vogliamo integrarlo al meglio con i brani di Circo Mezzaluna e lasciare più spazio alla musica e a un po’ di improvvisazione.
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L'articolo Il lungo viaggio dei Fuera verso nessuna parte di Redazione è apparso su Rockit.it il 2024-06-25 13:28:00
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