Ma quale meme, Gerry Scotti è qui per terminare per sempre la musica

E se "Gerry Christmas" non fosse solo un (noioso) esperimento natalizio? Se "Last Christmas" reinterpretato dallo zio Jerry e dall'intelligenza artificiale fosse qui per distruggerci tutti? Qualche riflessione sul disco più inutile dell'anno, e sugli scenari che apre

Gerry Scotti Terminator
Gerry Scotti Terminator
19/12/2023 - 11:22 Scritto da Francesco Ceccamea

Da qualche giorno c'è un nuovo disco in circolazione. Non lo abbiamo messo nella lista dei migliori 50 di questo 2023, ma (non foss'altro che per quanto è WTF quest'operazione) non ci siamo sentiti esentati dall'ascoltarlo. Si chiama Gerry Christmas, è composto di 11 trace e si trova "in tutti gli store digitali, nei negozi di dischi e nelle edicole con Sorrisi & Canzoni". La promo del disco, che ha il faccione del conduttore tv vestito da Babbo Natale in copertina, recita così: "GERRY SCOTTI con l’aiuto dell’intelligenza artificiale salva il Natale, ricrea i grandi classici natalizi e li racchiude in un magico album". E allora forse questi tempi sono così assurdi che questo disco ci dice qualcosa di essi. Già, ma cosa?

Non è tanto il trovarsi davanti all’ennesimo disco di canzoni natalizie, settore di mercato redditizio in modo durevole quanto misterioso; non è neanche la questione dell’Intelligenza Artificiale e le sue vistose e minacciose progressioni di sostituzione dell’umano creativo; la domanda che sorge spontanea è: perché proprio lui? Come mai scegliere Gerry Scotti per un’operazione tecno-commerciale (assieme a Warner) come questa? Riflettendo poi però vengono in mente alcune cose che all’improvviso, poste una di seguito all’altra, guadagnano un vero e proprio cammino consequenziale fino a questo improbabile disco da mettere sotto l’albero, a vostro rischio e pericolo. 

Per mesi il faccione di Gerry Scotti è diventato un meme sui social. Non ci davo troppo peso all’inizio, poi però ho riflettuto su quanto fosse strano. Come era potuto accadere? Non c’era stato un fatto, una notizia virale, un’uscita infelice rifilata a qualche giornalista che con l’effetto valanga era stata poi metabolizzata e rigurgitata dal web in tutte le salse. Non c’era stato nulla che giustificasse la sempre maggiore diffusione dell’icona quizzarola più amata dalle nonne. Sotto le immagini del conduttore prese da vecchie trasmissioni TV, c’erano delle frasi sovra-impresse che sembravano di Scotti, ma che in fondo potevano essere state inventate da qualcun altro.

Erano frasi che non facevano esattamente ridere. Potevano risultare strane, curiose o magari un po’ ridicole, ma non erano battute molto efficaci. Non c’era la cattiveria, la grottesca gustosità dei memeroli che tengono in piedi facebook dal 2019 a oggi. Era come se, invece di un uomo, quelle scritte le avesse partorite, e ridaje, un’intelligenza artificiale con lo scopo di creare meme divertenti usando le immagini di Gerry Scotti. Pareva, eh? Non sto sostenendo che sia così.

La cover del disco
La cover del disco

L’A.I. è l’argomento più diffuso dell’ultimo anno e mezzo, anche nella musica (pure noi ci siamo divertiti con essa). Questo disco, Gerry Christmas, è senza dubbio molto pacioccone, così come il volto paffuto del conduttore televisivo che ghigna in copertina, vestito da Santa Claus. La sua voce rassicurante, come il brodino delle sette di sera, canta canzoncine di Natale, con un mediocre arrangiamento, va detto, ma fa simpatia.
Pare uno scherzo per i più sprovveduti, convinti che sia davvero Gerry a cantare. Come se per anni avesse nascosto un talento ben più vistoso del suo baricentro (che fa simpatia, sia chiaro, il baricentro di Scotti, lui lo sa bene). Eppure, insieme alla noia sopraggiunta dopo mezzo minuto della prima traccia (All I Want For Christmas Is You, salita tristemente nella sfera degli incubi natalizi grazie a Mariah Carey).

Durante l’ascolto di Feliz Navidad, Jingle Bells, Santa Claus Is Coming To Town, non ho visto la neve che scende sulle case, il tepore domestico che odora di pesce e di mandarini e ammicca e scoppietta nel camino, non ho mai proprio pensato al Natale, neanche un secondo e non ho sorriso nemmeno a immaginarmi il signor Scotti che è lì e si gongola pensando alla faccia di qualche vecchia zia che ci sarebbe cascata, prendendolo per il Claudio Villa torronato. Ho pensato a Terminator.

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Oggi è già possibile, grazie all’AI, riportare in vita la voce dei morti (anche con ottimi risultati, vedi il "nuovo" pezzo dei Beatles), riprodurre fedelmente il proprio stesso tono e fregare tutti i parenti con una telefonata. La cosa mi ha riportato alla memoria uno degli aspetti più inquietanti che da bambino mi terrorizzava del film di James Cameron, il primo della saga, vale a dire alla capacità che il Cyborg aveva di simulare la voce di chiunque, bastava la sentisse un momento: poteva chiamare un numero e rifare esattamente la voce di chi aveva appena ucciso o della mamma di chi stava per ammazzare. Oggi è realtà e ha la voce di Gerry T1000 Scotti.

Far cantare le canzoncine natalizie al vecchio Gerry è per molti versi un film dell’orrore e per altri la cosa più inutile e insensata prodotta nella storia della discografia mondiale. In tempo di streaming magari la cosa gira (e lo sta facendo) ma chi comprerebbe un CD o un LP così? Infatti, è vero, i brani spopolano sul web, ma non è chiaro se abbiano successo come dimostrazioni tecniche del potenziale dell’AI o semplicemente per il gusto di sentire i pezzi di Natale non cantati dalla voce di Gerry Scotti. Forse è per entrambe le cose che il disco merita, insieme a quello di Cher e di Brandy, almeno secondo la classifica di Rolling Stone Italia

Non siamo di fronte a una novità sconvolgente. L’autotune ha già permesso a moltissime persone di cantare bene, pur non avendo la dote naturale e la preparazione tecnica per riuscirci. Basta ascoltare Enrique Iglesias sul tubo, ripreso live o Bon Jovi, per accorgersi di cosa sia capace di fare la tecnologia in studio a chi non ha voce. E il baritono di Scotti (bravissimo davvero nell’imitazione di Zucchero, senza alcun aiutino tecnologico), nel breve monologo compiaciuto posto alla fine dell’album, dice infatti che lui “non si è avvalso dell’auto-tune, ma ha permesso all’AI di aiutarlo un po’”. Ovviamente c’è molta ironia. L’AI ha fatto tutto e questo dovrebbe farci sorridere. Del resto se il T1000 del 1984 avesse l’aspetto di Gerry Scotti invece di quello del primo Schwarznegger, Sarah Connor si sarebbe messa a ridere, perdendo la vita nei primi dieci minuti di film.

L’AI è la versione velocizzata al massimo dell’autotune e presto lo sostituirà, offrendo una serie di grandissime possibilità in più ai negati della canzone. L’industria musicale sarà finalmente rivoluzionata e salvata dagli stonati, gli afoni e gli svociati che fino a qui non erano stati in grado di poter dire la loro. Non c’è bisogno che si canti il brano, male e lo si registri per poi correggerlo intervenendo anche in dettaglio su ogni singola melodia, basta programmare l’intera faccenda e il campione della voce è spalmato su un percorso algoritmico definito a priori e vestito dall’ugola perfetta.

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A questo punto però sarebbe stato molto più interessante valutare l’effettivo potenziale di un mezzo simile, ascoltando la voce di Scotti alle prese con interpretazioni nei contesti più improbabili: i cori alpini death metal, l’inno russo, le canzoni di Giuny Russo, il doom o il primo Battiato, così avremmo vissuto esperienze davvero inimmaginabili e formative. Il crooning alla Bublé nell’accezione pavese poteva andar bene per un pezzo, ma non undici tracce.

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L'articolo Ma quale meme, Gerry Scotti è qui per terminare per sempre la musica di Francesco Ceccamea è apparso su Rockit.it il 2023-12-19 11:22:00

COMMENTI (2)

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  • ivan.b.zamellisar 11 mesi fa Rispondi

    Potrebbe esser interpretato come il fattore terrorismo (l'11), sta cazzo de massoneria hahaha...
    Aggiungo un'altra cosa...son io lo stessa IA...il resto passerà...
    A parte questo: il I° pezzo fila, seppur si senta l'estrema freddezza della stessa IA, mentre il secondo, beh, sembra fatto per i bimbi nel mentre stanno andando in un campo di concentramento, sapendo di morirci, tra stenti e dolori astronomicamente intensi...in pratica?...è meglio cristina d'avena da bimba...moooolto meglioooo...!!!!
    Il resto è già stereotipo, da usa e getta, per instaurar ancor di più l'inutilità (non reale) dell'essere umano stesso (seppur sarebbe in larga scala da decurtare è, se continua su sta via!)!...

  • AndreaBesciamella 11 mesi fa Rispondi

    Io ci vedo ironia chiaramente nell'album, ne vedo meno sinceramente nel fatto di venderlo, anche a una modesta cifra o di non mettere i soldi in beneficenza... ragazzi è un cd fatto a computer di canzoni esistenti... ma che valenza musicale può avere? Dov'è l'idea?