Da qualche giorno in heavy rotation ovunque, Inuyasha è il nuovo singolo di Mahmood. Che questa volta, dopo case popolari e casbeh, affronta il mondo manga (e all'anime) di sua maestà Rumiko Takahashi. Ah, prima che ci arrivino i sociologi e gli opinionisti da bar: l’MTV Anime Night ha rappresentato per la generazione nata tra la fine degli anni Ottanta e la metà dei Novanta il corrispettivo-oggettivo di Bandiera Gialla o Senza Rete per i Baby Boomer. Siamo pronti a essere smentiti.
Come ha dichiarato in una recente intervista a Gino Castaldo su La Repubblica, l’artista di Gratosoglio ha deciso di rischiare: “Realizzando un singolo che, me ne rendo conto, non è semplice da ascoltare al primo impatto ma che spero e penso possa conquistare molti. Anche a livello testuale, così come di arrangiamento, ho voluto sperimentare”. E in effetti è difficile dare torto a Mahmood: rispetto a un pezzo come Rapide, questo Inuyasha è sicuramente dotato di un'aura molto diversa.
Partiamo dai fondamentali: chi è Inuyasha? Si tratta di una serie a fumetti oprim e animata poi, della seconda metà degli anni Novanta. È firmata da Rumiko Takahashi, la regina dei manga, colei che ha inventato Lamù, Maison Ikkoku e Ranma 1/2.
Inuyasha racconta la storia del mezzo demone che dà il nome alla serie e che viene dal periodo Sengoku (grosso modo tra il XV e XVI secolo), il quale, assieme alla deliziosa coprotagonista Kagome Hugurashi proveniente invece dal mondo contemporaneo, e a un gruppo di avventurieri, dovrà recuperare tutti i frammenti della Sfera (non lui) dei Quattro Spiriti. Questo monile dota il possessore di una potenza folle. Ecco perché Inuyasha e soci debbono riuscire a recuperarlo prima che vi metta le mani sopra Naraku, il cattivone dell’opera, anch’egli mezzo demone.
Quindi, per ricapitolare: piani temporali che si incontrano, presenze soprannaturali che si combattono e una narrazione meccanica ma ricca di colpi di scena e momenti di tensione.
Questa è la trama in soldoni, Inuyasha è un classico shonen, un’opera cioè incentrata sui combattimenti e sui level-up che il protagonista deve fare per essere in grado di affrontare nemici più potenti e, naturalmente, batterli (per intenderci, alla Dragon Ball). Questi cliché vengono innervati da Takahashi da elementi provenienti dai seinen, ovvero opere manga o anime più mature, dove si affrontano temi quali la perdita di una persona cara, l’ansia nel un senso alla propria vita e, perché no, anche interrogazioni sulla propria sessualità, sui propri sentimenti e sul proprio sistema valoriale.
Questa serie, che ha avuto un sacco di trasposizioni differenti tra cui un dimenticabilissimo videogioco picchiaduro 2d per PlayStation uscito in Giappone e America, è una sorta di quintessenza dell’arte e dello stile della sua creatrice. Nonostante Inuyasha sia, soprattutto un fumetto, è con la serie animata che ha raggiunto un pubblico incredibile. In Italia è arrivato nel 2001, durante le celebri MTV Anime Night, quelle serate che l’emittente televisiva dedicava alle opere più importanti dell’animazione giapponese. Solo per dirne alcuni, sui nostri schermi di casa sono passati Cowboy Bepop, Neon Genesis Evangelion, GTO, B.E.C.K., Death Note, Le situazioni di Lui&Lei, Slam Dunk, Nana e Golden Boy. Grandi classici di formazione dei trentenni di oggi.
In mezzo a questi mostri sacri dell’animazione, Inuyasha non sfigurava, anzi. C’è stato un periodo, abbastanza lungo, grosso modo tra la fine di Dragon Ball Z (e GT) e prima dell’avvento di Naruto e One Piece, nel quale proprio questo anime era il più seguito e preferito tra tutti gli appassionati di shonen-battle. La meccanicità della costruzione degli episodi era palese, quasi tutti si risolvevano con incontro del nemico – combattimento – momento di difficoltà – superamento della crisi – sconfitta del villain – recupero del frammento della Sfera dei Quattro Spiriti (ah, peraltro, non è mai stato ben precisato il numero di questi frammenti, tanto che in quegli anni si credevano praticamente infiniti) ha finito per incidere sulla percezione dell’opera.
Nonostante a lungo andare la situazioni troppo ricorrenti abbiano iniziato a annoiare pubblico e critica, Inuyasha ha ancora oggi dei grandissimi pregi. La linea morbidissima e gloriosa dei disegni, i combattimenti tattici e spettacolari e, soprattutto, la perfetta combinazione tra elementi folkloristici giapponesi e citazioni, anche comiche, della vita di tutti i giorni, ha lasciato infatti un segno profondissimo nelle bimbette e bimbetti che, davanti alla tv, di quegli anni. Tra quelli ci dev’esser stato pure Mahmood, ormai non nuovo a simili contaminazioni (come dimostra il fierissimo Rayquaza che campeggia sulla copertina dell’album Gioventù Bruciata).
Insomma, ancora una volta, l’MTV Anime Night ha colpito nel segno. Un segno bruciante e ben visibile, un po’ come la cicatrice sulla mano destra di Inuyasha da cui si propaga la sua mitologica mossa Tessaiga o “cicatrice del vento”, attacco talmente forte da riuscire a spazzare, in un colpo solo, fino a cento demoni. Hai capito la fatality di Mahmood?
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L'articolo Mahmood, l'Inuyasha e il trionfo dell'Anime giapponese di Mattia Nesto è apparso su Rockit.it il 2021-02-05 09:34:00
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