Durante un comizio di Giorgia Meloni a Catania, alla leader di Fratelli d'Italia è stata fatta una domanda tanto retorica quanto interessante: "Possibile che un partito stimato al 27% non abbia nemmeno un sostenitore nel mondo dello spettacolo?". La risposta non si è fatta attendere, compresa nel prezzo di quello che una pagina social chiama affettuosamente il vittimismo dei camerati: "Dichiarare simpatie di destra impedirebbe agli artisti di lavorare nel mondo dello spettacolo? È questa la democrazia?".
Siamo in piena campagna elettorale quindi ogni dichiarazione di ogni politico italiano vivente è da prendere con lunghe pinze, eppure quello che dice Meloni la destra lo insinua da lungo tempo, che tutti i posti di potere della cultura siano presi dalla sinistra. Vero o falso che sia, di certo sembra passata un'era da quando cantanti, presentatori, showgirl, comici, attori e calciatori dichiaravano spassionatamente il proprio amore per Silvio Berlusconi dalle tv di proprietà di Silvio Berlusconi o dalle squadre sportive di Silvio Berlusconi durante la scesa in campo di Silvio Berlusconi in politica.
Allora perché oggi il partito che più rappresenta i patrioti, i nazionalisti, i conservatori e gli arrabbiati non ha esponenti che si dichiarino fieramente sostenitori di Giorgia Meloni o, al limite, di Matteo Salvini? Intanto sarà perché l'arte non è conservatrice né nazionalista, quella al massimo è la propaganda. Basti vedere nelle grandi parate americane per i nuovi presidenti degli USA, le migliaia di artisti schierati con Obama e le poche decine che si sono esibite per Trump. Perché magari certe idee un po' borderline un po' medievali funzionano solo al bar o nell'urna, ma non dichiarate apertamente.
Di solito gli artisti che non vogliono schierarsi tendono a essere equidistanti, democristiani per natura, per non perdere i fan che non si sa mai cosa votano, basti pensare al caso mediatico di Laura Pausini che in una trasmissione tv spagnola ha preferito non cantare Bella ciao in quanto per lei troppo politica e poi, dopo una shitsorm spaventosa, tiene a precisare che è antifascista ma che nella sua musica non ha mai messo la politica. Un caso bulimico e abbastanza fuori di testa di obbligo di rappresentanza: in democrazia un artista dovrebbe poter cantare ciò che vuole e non dovrebbe essere messo a processo se non se la sente di intonare una canzone in particolare.
Però. C'è un però grosso come una casa. Bella ciao è la canzone della Liberazione, il 25 aprile la festa più bella che ci sia e ridurre il tutto a un'appartenenza politica significa in qualche maniera non riconoscere la fine della tirannia e dell'occupazione. Che poi venga usata utilizzata con fin troppa leggerezza dagli spagnoli dopo aver fatto parte della colonna sonora de La casa di carta è un fatto e, in ogni caso, per un artista pop che non vuole esporsi politicamente, quella canzone è una trappola. Se l'avesse cantata, ci sarebbero stati dei meme tipo "La sinistra riparta da Laura Pausini" e la shitstorm sarebbe arrivata dai fan che votano a destra.
Caso emblematico di pensiero non schierato a sinistra è quello di Enrico Ruggeri che volta per volta si scaglia contro la modernità creando un decalogo di cosa è rock e cosa no e di recente contro la Treccani rea di aver creato un dizionario in cui il lemma femminile va prima di quello maschile (esempio: lettrice - lettore). "Avevamo la lingua più bella e completa del mondo, figlia di padri greci e latini", scrive in un tweet, ma non capiamo come l'iniziativa di Treccani possa distruggere la nostra lingua. D'altronde, basta leggere il testo di Quello che le donne non dicono per capire il Ruggeri pensiero in fatto di parità di genere: donne che non cambiano mai, che rimpiangono il catcalling, dolcemente complicate, "Portaci delle rose, nuove cose e ti diremo ancora un altro sì". Nell'87 quando è uscita c'era molta meno sensibilità verso l'argomento, la cantò addirittura una donna progressista come Fiorella Mannoia, ma il testo letto oggi fa un po' rabbrividire.
C'è un po' di pregiudizio per gli artisti che non si adattano al sentire comune e ai valori della sinistra del 2022? Diciamo la verità, certo che c'è. Sarà per questo che molti musicisti preferiscono stare alla larga dalla politica. C'è da dire però che se la Meloni e Salvini non hanno questo grande appeal nella canzone italiana, non è che il PD o il Movimento 5 Stelle siano pieni di rappresentanti pronti a fare dichiarazioni di appartenenza, per non parlare di Renzi o Calenda.
La verità, probabilmente, è che la politica italiana ha deluso talmente tanto gli elettori che anche gli artisti si prendono sempre meno la briga di sponsorizzare tale o tal altro partito. Restano i punti cardine: di fronte a programmi che parlano di chiusura delle frontiere, di ritorno a un aborto illegale, di negazione dello ius soli e di negazione di diritti per la comunità LGBTQ+, è un obbligo morale schierarsi non tanto con un partito, ma con un sentire comune che preveda dalla sua ecologia, lavoro, antifascismo, diritti sociali e civili, apertura, accoglienza, arte.
Chissà se gli arrabbiati d'Italia vinceranno dopo il 25 settembre e se il Paese sarà davvero governato dalla destra (non dal centrodestra, attenzione, proprio dalla destra) e chissà cosa potrebbe accadere in quel caso. Spunteranno come funghi nuovi Povia pronti a glorificare la storia di Luca che era gay ma ora è "guarito" e sta con lei? Salteranno le coperture di molti cantanti che sono sempre stati fuori dalla politica ma che di punto in bianco mostrano un attaccamento sospetto al tricolore? Sarà abolito il Concertone del Primo Maggio e torneremo a canzoni sanremesi piene di retorica patria, dio e famiglia come quelle di Toto Cutugno? Forse tutto resterà simile ad oggi, con un sacco di paura in più.
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L'articolo Mala tempora currunt: dal 25/9 scopriremo tanti nuovi artisti “di destra” di Simone Stefanini è apparso su Rockit.it il 2022-09-15 10:12:00
COMMENTI (1)
Premetto che non sono schierato e che se Giorgia Meloni sarà il Premier io rispetterò il volere della maggioranza che l'avrà votata. Ma mi chiedo: che vita perfettina quella di Laura Pausini, mai una virgola di troppo, mai un rischio musicale che non mi ricordo quali grandi melodie abbia scritto negli ultimi 10 anni. Una voce così bella a cantare ordinari spartiti tailor made per il pubblico, le collaborazioni per arrivare ai grammy, il cinema, la televisione e tanto ma tanto politically correct! Sarà un'artista equilibratissima ma che fottuta noia a vivere una vita del genere, il portafoglio per primo perché ci sta anche una casa a Cuba magari, una comparsata a Sanremo ma come super ospite, insomma una medioctritas inarrivabile e poco invidiabile. Posso asserire che è molto meglio vivere una "vita mediana" lontana dai riflettori e magari stando anche bene senza bisogno di avere una barca o un grammy o di presenziare accanto a Fabio Fazio oggi e con Will Smith domani e facendo attenzione che il trucco non si sbavi troppo. Proprio una vita senza sbavature è quella che dovrebbe cominciare a fare orrore a noi persone comuni che stiamo a parlare di quanto sia assurdo che l'amore fra Totti e Hilary sia finito o a chi andranno i gioelli della Regina Elisabetta. Che poi certo che non aspettiamo altro che queste starlette cadano in disgrazia per sfoderare l'unica arma che abbiamo ovvero la cancel culture. Perché in fondo credo che chi stia a guardare quanto sia bella Hilary o quanti soldi abbia Bezos, nel suo profondo li odia per l'impossibile esempio che danno mediaticamente, perché è impossibile che questo sia alla portata di tutti. Per fortuna che non lo è perché non è la realtà.
In verità vi confesso che io personalmente invidio soprattutto Bezos, perché mi sono convinto che un uomo così sapiente da creare un tale impero economico, da trovare l'algoritmo che controlla la produttività dei suoi dipendenti perchè poi per andare sulla luna ci vogliono molti soldi, ecco, io lo invidio davvero perchè con tutta evidenza, sospetto che quando arriva al dunque, il suo orgasmo sarà più forte e infinito del mio. Bigger than life, really!