Manuel Agnelli sta per iniziare il suo primo tour solista. Beh in realtà è il secondo, due anni fa aveva girato i teatri con Rodrigo D'Erasmo ma stavolta porta live nei festival e nelle venue all'aperto musica inedita e una band mai vista prima, con Frankie e DD ovvero i Little Pieces of Marmelade, Beatrice Antolini e Giacomo Rossetti dei Negrita.
Un'occasione decisamente interessante e inedita per sentire la sua musica, dai classici degli Afterhours alle sue nuove canzoni soliste: La profondità degli abissi - che ha vinto un David di Donatello e un Nastro D'Argento come miglior canzone originale per la colonna sonora del film Diabolik del Manetti Bros. - e i singoli Proci e Signorina Mani Avanti, questi ultimi presi dall'album di debutto solista in uscita il prossimo 30 settembre dal titolo Ama il prossimo tuo come te stesso.
Lo abbiamo contattato mentre sta per andare a fare le prove, per parlare dell'imminente tour ma anche di X Factor, degli Afterhours e della prima volta da solo. Abbiamo trovato un artista 56enne con una fotta e una voglia di rivoluzionare il proprio percorso che non ha niente da invidiare ai suoi colleghi più giovani. Ogni tanto lasciare la via battuta e perdersi è il miglior modo per ritrovarsi.
Come stanno andando queste prove?
Molto bene da tanti punti di vista, i ragazzi sono fantastici quindi è molto divertente. Hanno un approccio molto diverso finalmente da quello a cui ero abituato e sono anche molto diversi tra loro, tra Beatrice Antolini e i due Little Pieces of Marmelade c'è un universo musicale e poi c'è Giacomo Rossetti che tiene un po' incollato il tutto, però devo dire che tutte queste personalità diverse funzionano magicamente bene. Son molto contento del suono che abbiamo, poi in realtà non abbiamo potuto provare tantissimo perché abbiamo preso il covid a scaglioni. Le prove sono importanti ma è più importante trovare un suono, e quello c'è.
Come hai scelto la tua band per il live?
Un po' per cercare questo suono, un po' appassionandomi di persone che ho incontrato. I due Little Pieces li avevo a X Factor ormai tre anni fa, sono forse il gruppo che mi è piaciuto di più in assoluto a livello di gusti, di suoni e di talento musicale puro, per cui con loro ci siamo visti tanto in questi ultimi mesi e quando dovevo cercare personale per la mia band per fare il tour ho detto: "Cazzo, ce li ho sotto il naso". Abbiamo iniziato a suonare da subito benissimo, c'è una conoscenza molto profonda. Con Beatrice ci conosciamo da anni, l'avevo coinvolta quando era agli esordi in un paio di miei festival ed era da tempo che dovevamo collaborare. L'avevo chiamata per fare un'apparizione a X Factor per presentare La profondità degli abissi e lì abbiamo rotto di nuovo il ghiaccio, tanto che lei era in tour con Vasco Rossi fino ad ora, non si è riposata mezza giornata.
Ho visto, ha suonato con Tommaso Paradiso, Vasco Rossi e ora con te...
È molto eclettica, è quello che mi piace di lei, è una musicista che in Italia è molto rara da trovare, più in stile statunitense, una persona che può suonare con David Bowie un giorno e con George Michael il giorno dopo perché, a parte la cultura musicale, ha proprio una personalità pazzesca, può fare cose molto dure, quasi sperimentali e cose molto pop, sempre con una qualità della madonna, ed è un po' quella forma che sto cercando anch'io con la band, non tanto per il genere musicale, quanto dal punto di vista mentale. Non voglio rimanere chiuso in un filone, in un genere.
Beh questo si capisce dai pezzi che hai pubblicato, a volte coniughi la canzone italiana degli anni '60 con le percussioni industriali degli Einsturzende Neubauten!
Ahah questa te la rubo! Nell'album ci saranno cose molto varie, io mi sento addosso tutte queste influenze, non stiamo parlando di generi alieni tipo reggaeton o musica contemporanea sperimentale, però tante delle cose che mi piacciono, che ho sentito negli ultimi anni, le ho rifrullate e ne è uscito un suono. Non voglio esser presuntuoso però penso di avere una personalità sviluppata da questo punto di vista, per potermi anche permettere di riuscire ad essere molto vario nelle cose che scrivo, perché comunque un marchio di fabbrica c'è. È tutto meno schizofrenico.
Qual è la sensazione di essere un solista dopo una vita passata in una band?
Si tratta di prendersi la responsabilità da adulto, perché lo dico sempre, le band non sono organismi per adulti. Sono organismi fantastici, anche se in una band non conviene stare: fai tanti compromessi con gli altri musicisti, è una cosa che sicuramente ti limita un po' ma ti fa crescere tantissimo, ti fa confrontare con altri metodi creativi, impari un sacco di cose, bruci un sacco di cose ed è un'esperienza molto formativa a livello personale, però quando sei un adulto e sai quello che vuoi, la band può risultare anche abbastanza stretta. Io sono stato molto fortunato ad avere i musicisti che ho avuto intorno, e in una band devono avere il loro spazio. Quella è già una direzione. La scelta di fare da solo è nata perché durante la pandemia ho scritto da solo e non potendo vedere e incontrare persone ho provato a suonare tutto, e mi è piaciuto quello che è uscito. Mi sono detto: "Perché devo farlo suonare a un altro?", e poi è molto eccitante che il mio primo disco solista esca alla mia onorata età. È una fortuna, mi ritengo una persona privilegiata per poter cambiare così radicalmente punto di vista a questo punto della mia vita.
Immaginavo che il Manuel Agnelli solista dopo X Factor cercasse un pubblico più vasto, più mainstream se vogliamo, invece le canzoni uscite finora sono addirittura più "appuntite" rispetto agli Afterhours...
Io lo dico spesso, poi non mi caga mai nessuno, ma il mio punto di vista è sempre stato molto laico: è importante difendere la propria musica ma non è tanto importante ciò che fai a livello di coerenza personale. È importante che ci sia la musica davanti a tutto. Non sono il tipo di persona che pensa che a tutti i costi dobbiamo stare all'interno di un tipo di coerenza musicale. È importante fare di tutto per diffondere la propria musica perché per me la musica è linguaggio, la uso per comunicare, per parlare con gli altri, per stare in mezzo alla gente. Non voglio rinchiudermi in un ghetto qualsiasi, anzi, ma non voglio scendere a compromessi con la musica, questo no. Le cose che faccio, anche le più leggere, le voglio fare: vado ad X Factor per avere un risultato, visibilità, mezzi che mi possano consentire di fare delle cose, ma non adatto i miei pezzi per avere dei risultati, è questa la differenza.
Cosa dobbiamo aspettarci dal tuo live solista?
I pezzi nuovi che sono usciti e parecchi pezzi degli Afterhours riarrangiati, perché non suonino con un suono che è completamente e solo quello degli Afterhours e da questo punto di vista ci stiamo riuscendo, abbiamo trovato una formula stimolante, interessante e anche fresca se vogliamo, per non andare a ripetere le cose che sono già sentite e per non fare i Kiss de noartri, per riuscire ad avere una posizione vitale, vera come band, come sonorità, che non sia la cover band degli Afterhours.
In Signorina Mani Avanti sembra che tu parli di progetti che ti ingabbiano. Ho visto una critica velata allo stare nella band o è una cosa mia?
No, secondo me è una cosa che ha più a che fare con me stesso, con noi stessi. Il fatto di darsi degli obiettivi che diventano gabbie perché uno si incaponisce nel doverli realizzare. È un po' quello che succede quando cerchi di acquisire una personalità e lavori tanto perché la tua personalità sia bella, presente, sottolineata, però poi è difficile liberarsene, cambiare, succede spessissimo nel mondo della musica, nel mondo dell'arte. Quando trovi una personalità forte poi liberartene è difficile, e non volevo rimanere ingabbiato dall'immagine che avevo prima di tutto di me stesso, ma anche che il pubblico, voi stessi addetti ai lavori avevate di me. Le cose scontate muoiono, diventano materia morta per chi fa musica. Abbiamo passato gli ultimi due anni a cercare il consenso, tutti, a fare le cose per fare i numeri, farsi accettare, farsi vedere il più possibile. Non è il mio scopo, non è il motivo per cui faccio le cose. Diciamo che non voglio morire musicalmente semplicemente per aver dei risultati.
Facciamo un sacco di speculazioni sul rock in Italia ma la realtà è che in questo momento è vivissimo. Cosa manca davvero perché possa fare il salto definitivo?
Non succederà da una settimana all'altra, saranno una serie di episodi che ci porteranno ad avere una libertà mentale per cui ci potremmo permettere di non doverci più confrontare con fratelli maggiori geograficamente parlando, Stati Uniti, Inghilterra e anche altri Paesi. Quando prenderemo il coraggio. Per questo difendo i Måneskin anche se è chiaro che musicalmente non sono la mia tazza di tè: potrebbero aiutare a sprovincializzare l'idea che abbiamo noi stessi della musica italiana nel mondo e soprattutto l'idea che il mondo ha della musica italiana. Ci serve avere qualcuno che sia influente nello specifico, al di là che ci siano belle recensioni. I gruppi italiani hanno avuto belle recensioni molto spesso, anche all'estero, grandi soddisfazioni ce le siamo tolti tutti ma con le soddisfazioni cambi te stesso, non cambi un sistema. Pensa a livello strutturale, discografico, l'Italia è un Paese che ha una discografia fatta per importare. Finalmente abbiamo qualcosa che legittimi l'esportazione, che faccia in modo che i ragazzini che si apprestano a suonare possano pensare di fare live a New York senza sentirsi Er Monnezza della situazione. C'è tutta un'industria che si può reimpostare se le cose continuano così, per cercare di esportare sempre di più e anche il povero panorama nostrano potrà avere alla lunga più libertà mentale per fare cose che siano meno autoreferenziali.
Peraltro quest'anno il "tuo" X Factor è stato smantellato, in giuria ci sono tre rapper. Come vedi questa scelta?
Mettiamola così: io all'inizio sono entrato nel programma con l'obiettivo di essere me stesso, poi l'obiettivo è cresciuto e ho cercato di fare un discorso che andasse anche al di là di me stesso, per rappresentare un modo di vedere la musica, perché quello era uno spazio da andare ad occupare per fare questo tipo di mestiere, prima per me e poi anche per cercare qualcosa. In seguito, visto che a detta di tutti mi riusciva la cosa, ho cercato di cambiare il programma. Diciamo che l'ultimo di questi progetti era un po' troppo ambizioso perché X Factor deve funzionare come programma televisivo, altrimenti anche i contenuti che ci porti non funzionano e questo è un compromesso molto difficile. Ho cercato di diventare televisivo per cercare di far funzionare la cosa, per me ha funzionato, sono riuscito a fare quello che volevo lì dentro, a portare i Fontaines DC, gli Interpol e i Gang of Four, ma per il programma in sé è una cosa troppo grossa per la tv. Penso che alla fine stiano tentando di far funzionare la parte televisiva del programma, perché se muore il programma quello che c'è dentro non ha più importanza. Penso anch'io che tre rapper non siano una grande formula, mi prendo anche le mie responsabilità perché mi hanno chiesto di rifarlo quest'anno, sono io che ho detto di no, però insomma, volevo tornare a fare musica.
Hai nuovi progetti televisivi in testa da sviluppare in futuro?
Assolutamente sì. Ho fatto Ossigeno su Rai Tre che è stata un'esperienza molto bella e molto ricca, ho avuto la possibilità di parlare di musica in un certo modo, una band con cui suonare ad alto livello anche con persone che ammiro molto. Farò altre cose del genere, non con lo stesso tipo di formula. Già in autunno comincerò a produrre delle cose, non necessariamente sulla tv via etere, potrebbe essere per le piattaforme. Ne sto parlando in maniera generica perché non ho ancora firmato niente. Farò parecchia roba, fare tv mi diverte, è un modo nuovo che ho trovato dopo i cinquant'anni di essere me stesso, che mi permette di rimanere me stesso in maniera leggera con la musica che faccio, anche se faccio roba come hai detto tu all'inizio, magari sempre difficile per questo Paese. È un modo per avere capra e cavoli: grande visibilità, la possibilità di parlare, di avere i mezzi e di fare quello che voglio.
Gli Afterhours ritorneranno o sono in congedo permanente?
Gli After torneranno perché come ensamble musicale sono ancora vivi, sono musicisti che suonando insieme possono dire ancora tante cose. Tutti i membri hanno avuto progetti paralleli, alcuni molto importanti, questo è il mio progetto parallelo e durerà un bel po', non è una sega del cantante degli Afterhours. È un percorso che voglio portare fino in fondo e quindi magari ci vorrà un po' per rivedere gli After, ma è un percorso molto sano, per noi e per il nostro pubblico. Sono onorato del tipo di affetto che c'è intorno a noi ma in un certo senso è un tipo di affetto pericoloso, non voglio che diventi una cosa tipo fan club.
Tipo quando i Pearl Jam fanno un disco brutto ma non si possono toccare perché sono i Pearl Jam?
Ma guarda, ce n'è di peggio eh, è una manna che siano ancora in giro però è un esempio che potrebbe anche funzionare, ma con noi funziona anche il contrario, e cioè che facciamo album vivi, che hanno un senso oggi ma che ci vengono criticati pesantemente perché non sono come quelli che facevamo una volta. Torno a dire che diventare i Kiss dell'alternative italiano non me ne fotte un cazzo, gli After devono rimanere un progetto vivo, in evoluzione e questo vuol dire anche scontentare qualcuno. Diciamo che la mia esperienza da solo serve anche a questo.
Come hanno reagito i fan degli After alle tue nuove canzoni? Quando è uscita Proci ricordo nitidamente di aver pensato che in quella settimana non era uscito niente di simile...
Questo è uno dei migliori complimenti che potevi farmi, ti ringrazio! L'accoglienza a questi pezzi è stata buona, non sono un maniaco dei commenti anche se ogni tanto vado a vederli, ci mancherebbe, e sembra che la situazione sia entusiasmante vista la varietà musicale. Soprattutto Proci e Pam Pum Pam sono spiazzanti come distanza. Penso che questo eclettismo sia stato preso abbastanza bene e mi fa piacere perché c'è una parte di chi ci segue che è ancora curiosa, vuole essere ancora sorpresa e lo sarà ancora di più quando uscirà l'album. Ora sono emozionato di partire in tour ma non ho paura di fare la cosa sbagliata, ne ho fatte mille di cose sbagliate in vita mia. Sono eccitato dalla nuova energia che si è venuta a creare con i musicisti giovani, dal suono che si è formato.
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L'articolo Manuel Agnelli: "Le band non sono organismi per adulti" di Simone Stefanini è apparso su Rockit.it il 2022-07-05 16:13:00
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