“La tempesta è in arrivo”, cantavano gli Afterhours in un brano del 2012. E in effetti al Carroponte, nonostante la siccità imperante di questo luglio, vento e fulmini fanno presagire burrasca, appena prima del live di Manuel Agnelli, al suo primo vero tour solista (ce ne aveva parlato qui). C’è incertezza sull’inizio del concerto, un gazebo dei controlli vola via, la polvere sbatte addosso alle persone che stanno mangiando. Ma alle 21.20, addirittura in anticipo sulle previsioni, per provare a battere sul tempo il meteo, le note di Pam Pum Pam iniziano a echeggiare dal palco, la band sale, e tutto può cominciare.
I Little Pieces of Marmelade ai loro rispettivi strumenti, Beatrice Antolini stranamente al basso, Giacomo Rossetti dei Negrita alle percussioni per Signorina mani avanti, il cui volto live convince molto di più, e fa entrare lo show nel segno degli Afterhours di 15 anni fa. Dopo questo breve antipasto Rossetti e Antolini tornano al loro canonico posto, basso e tastiere, Manuel inizia a giocare col microfono e parte il revival con Veleno, Non si esce vivi dagli anni ’80 – tornata ad essere suonata dopo non so quanto tempo – e Male di miele. Un attacco del genere, contratto e rabbioso, non se lo aspettava nessuno, e in effetti il pubblico sembra ancora un po’ stordito, complice la pioggia che ora cade con prepotenza.
Per prendere il fiato inizia il racconto che porta ad un’altra sorpresa in scaletta, Varanasi Baby, legata ad un viaggio in India con Emidio Clementi, a cui segue Bungee Jumping. Sembra di assistere a un concerto antologico che procede per zone tematiche, e tutto ciò è un bene. Ma questo è anche il momento in cui sorgono i maggiori dubbi sulla formazione che suona sul palco. Questa accoppiata di brani che vengono da Quello che non c’è fa rimpiangere le atmosfere lattiginose che sfociano in noise che gli Afterhours di quel tempo sperimentavano. Le nuove versioni live di questi due brani provano ad inseguire il passato e, complice qualche intoppo tecnico, risultano leggermente raffreddate, anche se l’esplosione di “Qui nell’aria puoi capire/Quando è tardi per cambiare idea” fa un certo prurito al cuore, e agli occhi, chiaramente lucidi.
Per far infrangere tutti questi dubbi da noiosone arriva il primo momento dei classici, Quello che non c’è e Ballata per la mia piccola iena, e anche se parte del pubblico sembra più interessata ai fulmini che si stagliano alle spalle di Manuel, il concerto entra nella parte più viva. La band è pronta a prendersi quello che le spetta quando viene annunciato il “brano su commissione” composto per il Diabolik dei Manetti Bros., La profondità degli abissi, seguito da Proci, suonato al piano in coppia con Beatrice Antolini. I suoni sono finalmente all’apice della crudeltà, i siparietti si sprecano, e inizia a intravedersi la dimensione futura della musica, anche live, di Agnelli&co.
In questo momento si capisce il senso di questo tour. Se gli After latitano, legittimamente, avendo parecchi progetti più o meno collaterali, è giusto che Manuel si diverta suonando la sua musica, creando ensemble e possibilità senza fossilizzazioni. E se nella serata del Carroponte è mancata la grazia geniale di Rodrigo D’Erasmo, quando risuonano nell’aria ormai zuppa di pioggia 1.9.9.6., Dea e Lasciami leccare l’adrenalina – e qualcuno accenna un lievissimo pogo – è chiaro che le intenzioni nel tempo cambiano, e le voglie pure. Manuel Agnelli voleva tornare a far il suo stramaledetto rock sporco e disperato, e il fatto di aver portato con sé il suo duo di X-Factor lo inquadra come vero ricercatore di talenti, aldilà della volubile kermesse televisiva. I Little Pieces of Marmelade stanno cimentandosi nelle parti scritte da Giorgio Prette, Xabier Iriondo e Giorgio Ceccarelli. Questo è far crescere musicisti, dandogli responsabilità, e facendoli anche fallire. Alla ricerca della perfettibilità.
Ormai è tempo di far la gara a chi canta più forte, siamo proprio dei pulcini, avrebbe cantato Manuel tanti anni fa. Voglio una pelle splendida anticipa il primo bis, conRapace, Non è per sempre e Bye Bye Bombay, dove è rimasta intatta l’intro rumoristica che i fan degli Afterhours hanno avuto sempre modo di godere, e in cui il piano di Antolini fa le sue incursioni più severe. Il secondo bis si apre con l’ultima sorpresa. Sale sul palco Massimo Pupillo degli Zu, che accompagna al basso una sgangherata e travolgente cover di Damaged Goods dei Gang of Four. Questo significa togliersi uno sfizio, e farlo nel modo migliore.
La pioggia sta finendo, c’è tempo per le ultime due. La sottile linea bianca e Ci sono molti modi. Al momento dei saluti quello stesso Manuel che nel 2014 aveva bacchettato il Carroponte perché le scalette lunghe non sono mai dovute, ma bisogna sudarsele con l’entusiasmo e il casino, ringrazia sentitamente il pubblico per aver resistito sotto il diluvio. Sono passati otto anni da quel concerto devastante degli After, Manuel Agnelli è accompagnato da nuovi compagni di viaggio, e soprattutto è cresciuto, vocalmente in modo incredibile, e di certo umanamente. Dà appuntamento a questo inverno, dove ci aspettiamo uno sverniciamento sonoro dei club, finalmente il disco nuovo suonato per intero. E chissà che allora la tempesta non arrivi ancora più forte, ancora più bella.
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L'articolo Manuel Agnelli sta inseguendo il suo nuovo presente di Gabriele Vollaro è apparso su Rockit.it il 2022-07-26 14:52:00
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