La notizia arriva con un tweet che gela il sangue: "Mark Lanegan è morto a 57 anni, a casa sua a Killarney, in Irlanda... Vi chiediamo di rispettare la privacy della famiglia". Poi il vuoto e l'assenza che si riempie di ricordi, suoni e di quell'assurdità social per cui l'account delle persone sopravvive al corpo materiale e ne annuncia addirittura la scomparsa.
Sempre sui social la bolla è esplosa e tutti quelli che l'hanno conosciuto, visto dal vivo, intervistato o solo ascoltato nei dischi, hanno voluto esternare la propria esperienza per non farlo andare via. Mark Lanegan era un eroe per la generazione del grunge, quella che oggi ha più di 40 anni e che l'ha conosciuto grazie ai video di Dollar Bill o Nearly Lost You degli Screaming Trees, la band con cui ha ispirato la musica che da lì a poco sarebbe diventata famosa a livello mondiale grazie ai Nirvana e ai Pearl Jam.
Kurt Cobain lo venerava e lo riteneva uno dei migliori cantanti al mondo, formarono anche una band insieme che durò poco ma che lasciò qualche canzone in giro: Grey Goose, Ain't it a Shame, They Hung Him on a Cross e un duetto destinato a diventare storia, quello di Where Did You Sleep Last Night?, la cover di Leadbelly che in seguito i Nirvana resero famosa nel loro Unplugged.
Le collaborazioni nella carriera di Mark Lanegan sono state indispensabili, da quella che l'ha reso celebre tra il pubblico alternativo della generazione successiva a quella del grunge con i Queens of the Stone Age del super venduto Songs for the Deaf con Dave Grohl alla batteria a quelle dei tanti album solisti da PJ Harvey a Greg Dulli. Con quest'ultimo, leader dell'altrettanto seminale band Afghan Whigs, formerà nel 2005 il progetto Gutter Twins con cui suonerà a Roma insieme agli Afterhours. È proprio Mark Lanegan che gli Afterhours vorranno per cantare in italiano insieme a Manuel Agnelli una toccante versione di Pelle nel loro Hai paura del buio RELOADED del 2014.
In quegli anni Mark Lanegan in Italia era già conosciuto a livello trasversale da tutti gli ascoltatori del rock alternativo ma non solo: grazie ai suoi dischi come Bubblegum, Blues Funeral o Phantom Radio che spaziano tra sonorità elettroniche, distorte e paludose, è amato anche da una nuova generazione di ascoltatori dell'indie in tutte le sue declinazioni.
Non è un caso se all'annuncio della sua scomparsa, molti hanno voluto ricordarlo con le parole degli Offlaga Disco Pax di Tono Metallico Standard del 2005, in cui Max Collini descrive un alterco diventato ormai mitologia, avvenuto con Luca Giovanardi dei Julie's Haircut in un negozio di musica e libri gestito da quest'ultimo:
"Sento una bella canzone
E gli chiedo chi è che canta
Con la solita faccia mi risponde
Col suo tono metallico standard
E dice rassegnato
"È Mark Lanegan"
Poi un lampo di vita
Si ridesta dai suoi pensieri troppo alti e scollegati
E mi comunica deciso
"Non credo tu lo conosca
Era il cantante degli Screaming Trees"
Ora capisco
Il mio aspetto ordinario
Gli trasmette ascolti deplorevoli
Ma io lo so chi è Mark Lanegan
Arrogante bottegaio
Indegno della roba che vendi qui dentro
Alternativo dei miei coglioni
Che quando io ascoltavo i Dead Kennedys
Tu nemmeno ti facevi le pippe"
Mark Lanegan è amato anche da chi le chitarre distorte non le ha mai sopportate grazie al progetto in duo con Isobel Campbell, in cui la voce cavernosa, rauca e gutturale di lui si fondeva alla perfezione con quella eterea della ex voce dei Belle and Sebastian, per creare canzoni alt-folk, blues e soul di rara bellezza, nella tradizione da crooner oscuro alla Nick Cave.
Quando pensiamo a Mark Lanegan e all'Italia ci vengono in mente i tanti concerti che ha tenuto nei nostri club o nei festival, ma anche di fatti piuttosto inconsueti: cantante preferito dell'attore Marco Giallini, è stato fortemente voluto da quest'ultimo nella colonna sonora della sua serie tv Rocco Schiavone, ed è stato sorprendente ascoltare la sua voce all'interno di una produzione Rai.
Una delle ultime collaborazioni in ordine di tempo è stata proprio con una band italiana, The Devils, nel brano Devil Whistle Don't Sing, una canzone elettrica e garage doom, psichedelica, bellissima. Così dice la band napoletana in proposito: "Lanegan è ancora più lupo solitario di noi e di chiunque altro. Anche quello è stato un regalo di Alain Johannes. Ma già quando abbiamo scritto il pezzo e abbiamo capito che la nostra voce non ci andava bene, scherzando abbiamo detto: “Su questo pezzo ci vorrebbe la voce di Mark Lanegan”, ma non avremmo mai pensato potesse accadere. Invece mentre registravamo, Alain passava le registrazioni a Mark e gli siamo piaciuti. Quando è tornato a Los Angeles per mixare il disco, era in studio con Mark per lavorare al suo audiolibro, e ci ha chiesto: “Facciamo fare un pezzo a Mark?”. Potevamo mai rifiutare? Ciò che Mark ha di unico è la voce, il timbro, eravamo certi fosse perfetto, come fa a deluderti?".
Abbiamo chiesto alla fotografa Francesca Sara Cauli di parlarci della volta in cui ha avuto modo di fargli dei ritratti, alcuni dei quali rimasti inediti che ha voluto regalarci per questo tributo: "Per me é stato uno shock. Avevamo appuntamento per intervista e foto, ma evidentemente non aveva piú voglia. È sceso in ritardo e mi ha detto: "Girl I give you five minutes, so do what the fuck you want then live me alone". Era immenso. Mi intimoriva. Si è prestato. Non abbiamo parlato affatto a parte "per favore siediti" o "mettiti in piedi". O meglio, lui non ha proferito parola. Io stavo morendo dentro dal disagio (è stato quasi 10 anni fa e non ero ancora così a mio agio coi ritratti) ma dentro di me sapevo che avevo davanti Mark Lanegan e dovevo ritrarlo come tale. Una posa accomodante o ammiccante non sarebbe stata sincera. Quindi dopo poco l’ho ringraziato. Lui ha annuito, mi ha stretto la mano e se ne è andato".
Artista maledetto nella vera essenza del termine, ombroso, pieno di demoni interiori eppure capace di mettere tutto lo sporco e tutta la sua vita in ogni singola parola cantata. Un timbro vocale che non c'è mai stato prima e non ci sarà mai più, capace di far venire la pelle d'oca in ogni disco. Un cantante eccezionale che non ha mai posti limiti alla musica che gli faceva da contorno, ma capace di trasformare ogni canzone dalla più estrema agli esperimenti con gli archi o con le chitarre acustiche, in una canzone di Mark Lanegan, riconoscibile tra mille.
Un altro della generazione del grunge che si è spento troppo presto, qualunque sia la causa. Una generazione, la sua, nata col marchio della morte di Andrew Wood dei Mother Love Bone nel 1990, che ha visto andar via Kurt Cobain, Layne Staley e Chris Cornell, una serie di cantanti dalla voce unica proprio come quella di Mark Lanegan. Ecco perché oggi in tutta Italia, molti si sentono privati di un tassello importante della loro formazione culturale e sociale, degli anni della protesta, dei concerti nei club sudati e di chi sapeva interpretare il disagio esistenziale meglio di chiunque altro.
Che la terra ti sia lieve, Mark Lanegan.
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L'articolo Perché tutti noi ci siamo rimasti sotto con Mark Lanegan di Simone Stefanini è apparso su Rockit.it il 2022-02-23 10:07:00
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