Marracash, Jovanotti e gli altri: pro e contro dei festival “ad personam”

Dopo il Jova Beach Party, quest’anno sarà la volta di Marrageddon. La nuova frontiera dei live è sfruttare al massimo il “brand” e i numeri dei grandi artisti, oltre che la loro rete di contatti prestigiosi. Un bene oppure un male?

Marracash, Jovanotti e i festival estivi
Marracash, Jovanotti e i festival estivi

Se le due edizioni del Jova Beach Party avevano destato un mare di polemiche da parte di ambientalisti e non a causa del gigantesco impatto su flora, fauna ed ecosistema tutto, la pratica dei festival ad personam, ovvero fatti dal nome famoso che si porta dietro tutta una serie di opening act, feat, e amici per un happening sold out, è ormai consolidata anche in Italia. Uno dei tanti format importati dall'America, quello di sostituire la direzione artistica con il nome - brand e a cascata altri nomi a lui simili, per consolidare il marchio. Si pensi all'Ozzfest organizzato da (l management di) Ozzy Osbourne o al Family Values che portava tutto il nu metal che contava in un solo concerto organizzato dai Korn.

 

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Niente di rivoluzionario quindi nel Marrageddon, il festival che il re del rap italiano Marracash porterà il 23 settembre al'ippodromo Snai La Maura di Milano - casa sua praticamente - e il 30 settembre all'ippodromo di Agnano a Napoli non è una novità assoluta. Per ora il suo è l'unico nome annunciato, un po' come per il Jova Beach Party in cui gli ospiti (molti di livello assoluto) sono annunciati pochi giorni prima, ma immaginiamo già il gotha del rap italiano alla corte del King, per una formula che, sulla carta, non conosce rivali. 

Di pro per questo tipo di formula ce ne sono molti, a partire dal fatto che quando l'artista è figo o quantomeno conosce musica figa, farà scelte fighe a livello di line up, basti pensare a quella operata da Jovanotti. L'artista poi, a livello di rapporti diretti con altri artisti, è il massimo. Una chiamata, un colpo di telefono e l'affare è già fatto, poi ai dettagli ci pensano quelli deputati ai numeri. Quello che per il tradizionale organizzatore o direttore artistico è un percorso ad ostacoli che porta a parlare coi manager e a contrattare ancor prima del sì o no dell'artista, per uno come Marra o Jova diventa una passeggiata. 

 

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Il vero motivo per cui il festival ad personam funziona è che usa i canali e la credibilità dell'artista, e ormai certi artisti sono aziende, sia per fatturato che per dipendenti, ma soprattutto per influenza. Marracash parla a due milioni di persone su Instagram, a un milione su Facebook, se fa una chiamata ogni giornale o tv lo ospita.  per parlare dei propri progetti. In pratica, i biglietti sono già venduti, un po' come il Beach Party, un po' come il concertone a Milano di Fedez con tantissimi ospiti. Ancora una volta contano i numeri, chi ce li ha può fare tutto.

Il contro è tutto nella frase precedente. Nel caso di Marra, lui è un grande artista e di sicuro organizzerà un grande festival, ma andando avanti, questo trend potrebbe portare ogni influencer a poter creare il proprio festival, anche a chi non ne sa niente di musica, al limite con uno staff che seleziona e organizza al posto suo usando il suo brand. Oggi contano i numeri, l'algoritmo che seleziona al posto degli umani e quello che nel mondo di prima aveva un motivo di esistere, oggi pare obsoleto, superfluo.

Una su tutti, la figura del direttore artistico, persona che conosce bene il proprio mestiere e crea una line up seguendo criteri non dettati dalla semplice vicinanza musicale, dall'amicizia o dalla facilità di reperibilità, tentando di creare un progetto che possa dare qualcosa di nuovo al pubblico. Meglio ancora sarebbe il team al posto del direttore unico, perché una line up possa essere un percorso condiviso, frutto di una dialettica e di una visione condivisa da parte di un gruppo di lavoro.

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Come abbiamo visto negli ultimi anni, da quando anche il Festival di Sanremo ha la direzione artistica legata al solo conduttore, ormai siamo soliti pensare al Festival di Fazio, Morandi, Baglioni, Amadeus e se la cosa funziona a livello numerico, spesso in questi eventi sempre più simili a un Festivalbar - di Vittorio Salvetti - vengono meno i nomi e le performance che paradossalmente si ricordano di più nel tempo, quelle disordinate, gli errori, i fuori programma veri, i nomi che non metteresti mai insieme a quelli più gettonati (per usare il linguaggio di questi programmi). 

Tirando le somme, ben venga il festival ad personam a patto che sia bello, come gli All Tomorrows Parties inglesi curati volta per volta da Mogwaii, Tortoise, Sonic Youth, Mars Volta o The National,  mentre siamo un po' dubbiosi quando i festival vengono creati appositamente per spingere un nome - brand e tutti i suoi amici creando una squadra impossibile da replicare altrove, per aumentare il proprio bacino di influenza usando il format dell'happening live. 

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L'articolo Marracash, Jovanotti e gli altri: pro e contro dei festival “ad personam” di Simone Stefanini è apparso su Rockit.it il 2023-01-20 15:44:00

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