Erano due anni che aspettavo un concerto dei Massimo Volume, praticamente da quando li ho scoperti: ne avessi beccato uno. Anche la data di giovedì 5 dicembre al Circolo Magnolia l'ho trovata per caso. Ero lì che scrollavo distrattamente l'app Date Concerti alla ricerca di qualcosa che desse un senso alla mia serata, e incredibilmente il senso è arrivato. Niente birrette sui Navigli stasera: si va a sentire Clementi. Alè.
All'Idroscalo fa ancora più freddo che a Milano, così ci affrettiamo a entrare e andiamo a cercarci un angolo lontano dalla ressa, ma con una buona visuale. Nel tendone l'aria è densa e umida. Le luci viola che arrivano dal palco ancora vuoto si fondono nel buio fumoso. L'artwork di “Aspettando i Barbari” è proiettato sullo sfondo: un ragazzo e una ragazza che si abbracciano, giovanissimi e stanchi. Mi viene in mente uno degli ultimi racconti di Clementi: Due tazze di porcellana sull'orlo di un tavolo, una di quelle storie d'amore rese sapide solo dall'annientamento reciproco. Una storia vera, tra l'altro.
Entrano in scena tutti e quattro vestiti di scuro, eleganti e geometrici. Mimì è magro e senza barba e la sua età è più indecifrabile che mai. Aprono con “Dymaxion Song” e impiegano circa 12 secondi a ribaltare completamente le mie aspettative sulla serata. Io, che avevo già declassato l'ultimo album a "bello ma non quanto “Cattive Abitudini”", mi rendo conto di non aver capito assolutamente nulla del capolavoro a cui hanno appena dato vita. Suonano con un'intensità e un entusiasmo che non riuscirei a immaginare migliori di così e ci tengono tutti completamente nella rete, a dondolare nelle ondate di energia e nel ritmo incalzante delle loro note. Clementi va avanti con il nuovo disco per altri cinque pezzi, lasciandoci completamente in balia delle sue azioni, tanto coinvolti quando stremati dall'emotività che trasuda da ogni vibrazione. C'è un muro di timore reverenziale tra lui e il pubblico, che non ha nulla di casuale o improvvisato, ma vive della consapevolezza di un guru che ha capito nel corso degli anni fino a che punto concedersi.
Quando arriva "Litio", Mimì sembra perdere la lucidità. Va fuori sincrono, sbaglia gli attacchi, e l'atmosfera intima di pochi secondi prima va in frantumi. Con "Le nostre ore contate" succede più o meno lo stesso. Falsa partenza, parole sbagliate, lui che non ricorda le strofe e che sembra non aver voglia di rivivere quei brani. I pezzi di “Cattive Abitudini” donano a questo tour come un vecchio maglione impolverato indossato la sera di Capodanno, che ti fa sentire terribilmente trasandato e fuori luogo nonostante tutte le volte che ti ha tenuto caldo in passato.
Vanno avanti così, tra stilettate incredibilmente forti e cali di tensione, fino ad arrivare ai mostri sacri. Ascoltando "Fausto" ci chiediamo che effetto deve fare cantare una canzone per qualcuno con cui ora non hai più nulla da condividere. Poi "Il Primo Dio", "Altri Nomi". Per la terza volta tornano sul palco, solo per il pezzo finale: “Fuoco Fatuo”, bella come il ricordo di un vecchio entusiasmo.
Mi riporti a casa e rimaniamo a parlare per un po'. Discutiamo dei loro versi bellissimi, confrontiamo le interpretazioni diverse che gli abbiamo dato. Potremmo andare avanti per ore.
Io non ti cerco. Io non ti aspetto. Ma non ti dimentico.
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L'articolo Il concerto dei Massimo Volume al Circolo Magnolia di Milano di Alessandra De Ascentiis è apparso su Rockit.it il 2013-12-05 00:00:00
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