L'Italia è in top 10 tra i mercati musicali mondiali. A dirlo è l'IFPI – International Federation of the Phonographic Industry, l'ente che rappresenta l'industria discografica a livello internazionale – nel suo report annuale relativo al 2021, dove viene fatto un quadro globale dello stato dell'industria. L'Italia si trova in decima posizione, dietro a Stati Uniti, Giappone, Gran Bretagna, Germania, Francia, Cina, Corea del Sud, Canada e Australia.
Questo rientro tra i primi 10 mercati discografici arriva 5 anni dopo l'ultima volta, grazie a una crescita del 27,8%, con oltre 332 milioni di euro di ricavi, a fronte di una crescita globale del 18,5% (25,9 miliardi di dollari). Nella tabella qua sotto si può vedere nel dettaglio quali formati hanno spinto maggiormente la crescita.
Tutto il settore fisico è in crescita, con il vinile che continua ad aumentare notevolmente, arrivando a segnare un più del circa 79%, questo nonostante i problemi nelle forniture che si erano manifestati durante lo scorso anno. Notevole lo scatto degli altri formati, quindi essenzialmente le musicassette, che toccano un aumento del 245%, anche se si tratta di una nicchia che ha un'incidenza molto bassa nel quadro complessivo. Per quanto riguarda il mercato digitale la situazione è leggermente diversa: ad aumentare sono solo le entrate derivate dagli abbonamenti streaming a pagamento – vero traino del mercato e con una crescita del +35,56% – e dai video musicali (+46,26%), si confermano in discesa download e mobile, così come calano gli utenti freemium dei servizi streaming (-16,05%).
"Come già evidenziato in occasione della pubblicazione delle classifiche annuali, grazie alla forte innovazione spinta nel settore discografico, tra i segmenti leader dell’economia digitale del Paese, sono cresciute enormemente le opportunità di successo per gli artisti", ha spiegato la FIMI con un comunicato. "Nel 2021 479 album hanno infatti superato la soglia di 10 milioni di streaming: si tratta di 302 artisti in totale, per una crescita di grande rilevanza rispetto a dieci anni fa. Nel 2011 solo 134 album per 105 artisti avevano infatti superato l’equivalente soglia delle 10.000 copie vendute (fisico + download): un segnale fondamentale anche per la sostenibilità economica del mercato".
Ora, questo è sicuramente un buon segnale, dovuto a una serie di fattori diversi, che vanno dagli investimenti delle case discografiche sul repertorio italiano e su artisti giovani all'impatto globale Maneskin (per fare un esempio, le royalty generate dall'estero per la musica italiana sono aumentate del 66%), ma si tratta di uno specchio fedele fino a un certo punto dello stato effettivo dell'industria. È ottimo constatare che lo streaming stia convertendo i suoi utenti freemium in abbonati paganti – ora il 45% dei consumatori di musica attraverso lo streaming ha un abbonamento premium, percentuale che sulla fascia d'età 16-24 arriva al 57% –, così come vedere questo aumento nel fisico del 37,87% complessivo. Purtroppo, però, ciò non basta perché il settore sia davvero virtuoso.
Del problema di Spotify – che è la piattaforma streaming più forte sul mercato –, per esempio, abbiamo spesso parlato: dai profitti generati dalle royalty troppo bassi al sistema pro-rata (che avevamo spiegato nel dettaglio qua), per riuscire ad avere delle entrate decenti attraverso l'azienda svedese serve un numero molto alto di ascoltatori mensili. Se poi teniamo conto del disastro dei live fermi negli ultimi due anni, non si può certo dire che sia stato un periodo roseo per i lavoratori dello spettacolo, come anche avevamo detto durante Sanremo. La musica dal vivo si è trovata quasi immobile e troppo isolata durante gli anni della pandemia, mettendo in ginocchio un intero settore, e non bastano questi segnali positivi per sistemare le cose.
La speranza è che questa evidente crescita sia un'opportunità per innescare un meccanismo sano, sostenibile, sempre più capace di mettere la musica al centro e di permettere a chi la fa, dagli artisti alle maestranze, di vedersi riconosciuta la giusta retribuzione. Per cui sì, festeggiamo – perché c'è da festeggiare –, ma non dimentichiamo che attorno a noi c'è ancora tanto da rimettere in moto.
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L'articolo Il mercato musicale italiano è da 10, ma senza lode di Vittorio Comand è apparso su Rockit.it il 2022-03-23 11:12:00
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