A Bologna di roba da fare ce n’è. Chi ci vive o vive qui intorno lo sa, poi la città ha una sua nomea più o meno veritiera di polo universitario dello sfascio. Sotto cassa in piazza a ballare la techno, a sentire musica classica fricchettona, non importa dove tu voglia stare. Rap, funk, punk, non fa differenza. Qui a Bologna ci sarà un posticino pronto ad accoglierti a braccia aperte.
Ecco, più o meno è andata così anche per il MI AMI CLUB TOUR. Il festival dei baci è arrivato direttamente da Napoli, dopo la data di Roma, e Bologna gli ha dato il suo benvenuto padano a base di scrosci e umidità. Ma in questa coltre fitta l’obiettivo era il Covo Club, storico locale della città, dove ieri sera abbiamo assistito alla terza serata del tour che anticipa il festival del 24, 25 e 26 maggio.
Ecco di solito se vieni al Covo è perché della techno te ne frega il giusto, i pezzi chitarra e voce ti piacciono, ma non è che ascolti Guccini tutti i giorni. Ma quando salta fuori una chitarra elettrica, magari un po' distorta e frizzante, lì vai in fibrillazione. Insomma, il posto ideale per il MI AMI CLUB TOUR per com’è stato finora (ma nelle prossime date saprà sorprendere ancora, fidatevi: qua la data di Torino domenica con Marta Del Grandi e altre bravissime artiste, qua la gran chiusura del 14 marzo a Milano, con una super serata griffata Thru Collected).
MI AMI e Covo Club si sono rincontrati dopo un anno, e per assistere è arrivata gente da tutta Italia. No, non è un'esagerazione. Chi è arrivato da Roma, chi da Milano e chi da Palermo. Qualcuna di queste storie conferma l'immagine di Bologna come il polo della musica live, quella vera, che gli under 25 vedono come una sorta di Mecca verso cui andare in pellegrinaggio, almeno per poter dire di esserci stati una volta. E tra i punti di interesse obbligati se ti piace la musica live il Covo è un must.
Aprono le danze iTA GA DA. La band di Padova è acconciata con un mix di anni Novanta da far paura.Capellino a becco, maglia a righe sotto la maglietta, altro cappello peloso arancio flash. Se stessero zitti e fermi sarebbe comunque già figo. Poi attaccano la distorsione e parte il concerto post punk più purista della serata. Voce roca, muri di chitarre distorte, non vorrei essere nei panni di quella batteria. La gente inizia a scaldarsi, si entra piano in sala con qualche birra in mano mentre inizia a farsi calca fuori per le ultime sfumacchiate rapide prima di entrare.
I TA GA DA scaldano bene il pubblico, me essere i primi è sempre un compito ingrato. Sottopalco una coppia inizia a pogare. Il love language più violento che abbia mai visto. Il resto del pubblico si sta ancora preparando. Alla fine il pogo parte, con tanto di sguardo di approvazione del cantante dei Milanosport, che nel frattempo hanno iniziato a suonare. Sono in 6 a un paio di passi dal palco, ma hanno fatto un cerchio impressionante e tutti rugby-vestiti ci danno dentro.
Il post punk della band milanese è un basso asciutto, un paio di chitarre aspre e una voce secca, a dare la pacca a tutto ci pensa la batteria. Più va avanti il loro concerto e più il post punk diventa surf punk. "Cerchiamo sempre di fare una roba divertente, un po' melodiosa anche se punk", mi avrebbe detto il batterista in pausa sigaretta più tardi. Proprio quando il punk grezzo inizia a farsi da parte per lasciare spazio a quello più divertente, sale sul palco Pietro Selvini dei Tropea. Sax alla mano, non si sposta fino alla fine del set.
Prima dei Planet Opal si esce a respirare. Ci sono due ragazze, una di Milano e una di Palermo. Per incontrarsi hanno scelto di seguire le rotte del Flixbus, le più economiche, e che permettessero di essere in aula all'università (una) e al lavoro (l'altra) il lunedì mattina. "Quindi siamo venute a Bologna, poi dai non ci è nemmeno dispiaciuto, è un posto dove andare almeno una volta, ci sarà un sacco di roba". E continuano: "Dentro com'è? Siamo arrivate 5 minuti fa, non hanno già finito vero?". MI AMERS in trasferta.
Da Palermo a Bologna è un bel giretto, ma non sono le uniche a fare un viaggio del genere. In fila per il bagno rincontro un ragazzo che poco prima mi aveva chiesto un'informazione sulla serata: "Scusa hanno già suonato i Planet Opal?". Ora facciamo due chiacchiere nell'attesa. I Milanosport gli sono piaciuti, ma lui vuole i Planet Opal. "Eh loro li avevo sentiti arroma, so'fforti". Rispondo con una domanda tanto scontata da non avere senso, ma in qualche modo doveva uscire il discorso: "Sei di Roma?". "Si, piacere Alfa" (non quell'Alfa).
Può essere che li abbia beccati tutti io, ma così tanta gente da lontano per una serata al Covo io non l'avevo mai vista. È uno spettacolo che fa effetto, ma chi gliel'ha detto a tutta sta gente che c'era il MI AMI? Sono fan delle band, fan del MI AMI, e in mezzo vedo anche qualche frequentatore abituale del Covo. C'è di tutto.
Dentro per l'ultima volta. I Planet Opal spaccano, non giriamoci intorno. Batteria e capelli super anni Ottanta, e un sound da Novanta con sintetizzatori analogici e crudi. La batteria impreziosisce i synth, anche se a pensarci sembra più sensato il contrario. Ma tant'è, ed è anche molto figo. Gente che balla, che urla, un tipo di fianco a me entra nella sala mangiando una banana (forse le voci su Bologna sono vere). Quando i synth si infittiscono e i bassi diventano martellanti sembra di stare a un rave.
L'ultimo pezzo lo suonano insieme ai synth, e qui il Covo diventa un basement inglese degli anni Novanta. La gente ubriaca prova a chiedere il bis, ma è un compito complesso: "Beeeeessss", "N'altaaaaaa". Intanto i Planet Opal si abbracciano, il pre del festival dei baci non poteva finire diversamente. Se volete arrivare al sodo ci vediamo al Magnolia.
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L'articolo MI AMI CLUB TOUR a Bologna: un centro di gravità impertinente di Martino Fiumi è apparso su Rockit.it il 2024-03-02 12:31:00
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