Stardog
Li abbiamo chiamati per iniziare con gente che inseguisse l’eleganza. E non ci hanno deluso. Come un anello di congiunzione fra Nick Cave e i Marlene Kuntz, gli Stardog declinano il verbo rock con un amore profondo per l’umoralità umbratile. Fra neri vestiti e brillantini dal sapore goth-glamour, la musica della band milanese si snoda per vie chitarristiche attente ai testi, che dal vivo Manuel Lieta interpreta con passione. Non sono eccelsi, non sono la Nuova Frontiera del Cantautorato Rock, ma sono bravi. E credo che Paolo Benvegnù, seduto di fronte al palco in attenta posa, sia d’accordo con me. C-Pa
Valentina Dorme
ROCKIT li ama da tempo ed al MI AMI avevano un posto di diritto, anche se il nuovo disco dei Valentina Dorme è un capolavoro stanco di sè: la grandezza dell'ispirazione di Mario Pigozzo Favero sepolta dal torpore di una strisciante ripetizione. Ma se è vero che in prospettiva ci si abitua anche alla normalità, ora è lecito aspettarsi degli imprevisti dai Valentina Dorme. E forse proprio dal vivo è possibile riscoprire quei danni emotivi incalcolabili che la loro musica sa fare da anni. Così, nonostante il caldo, i veneti comunicano l'essenza della musica d'autore, immergendola nell'ardore espressivo di una rappresentazione rock che vive sul modo scontroso di trattare le chitarre e sulla perfezione delle parole. I Valentina Dorme ridanno così tanta fiducia in chi scrive le canzoni, che forse si può ancora soddisfare quella curiosità mai soddisfatta di vederla a delfino. SAR
Mariposa
Musicisti modulari per musica componibile. Cervelli smontabili per canzoni regolabili. Suoni costruibili per melodie improbabili. Insomma, come i Mariposa non c'è nessuno, ma proprio nessuno. Il palco del MI AMI è per loro un parco giochi zeppo di gingilli anomali, da animare con la loro mostruosa abilità strumentale. Sotto la torre attonita del Paolo Pini, la folle comitiva crea lo scompiglio, mettendo in mostra un concetto laterale di follia applicato alla modernizzazione del folklore pop. Irresistibili, ironici, teatrali, pazzeschi, perfino fastidiosi. Dopo aver visto questo concerto non mi resta che ribadire quanto affermato nel mio autorevole intervento nel loro disco: "Fatevi meno pippe e fate dischi più belli". Insomma fate come i Mariposa, se ci riuscite. SAR
Marta sui Tubi
Conquistano il record del mondo per birre bevute e amici imbucati nel backstage, ma una volta sul palco dimostrano che il talento è una cosa seria e che la loro musica rappresenta una delle cose migliori accadute in Italia negli ultimi anni. Ironici e presuntuosi, danzano sulla canzone d'autore modernizzandola con aria provocante e giocosa. Il loro set fatto di una chitarra ed un campionatore, si arricchisce della portante ritmica di una batteria, dando corpo ad un linguaggio creativo originale ed impetuoso, ma sempre accessibile. Estremamente attenti alla parola, tracciano i confini di uno stile tutto loro. Un grande concerto per due siciliani che un giorno diventeranno famosi. SAR
Non Voglio Che Clara
Tornare a scrivere dei Clara dopo essersi accovacciati e svuotati all’Hotel Tivoli è per me abbastanza difficile. Significa tentare di scovare parole nuove ad una band sulla quale un po’ tutto si è detto. Eppure è impossibile non sentirsi stimolati all’espressione dopo aver ascoltato dal vivo le note di indolente e gravida magia claresca, che si poggiano sul cuore con la stessa intensità con la quale le esili dita di Fabio De Min pigiano i tasti del pianoforte. Al MI AMI, in una posizione d’onore, fra pezzi nuovi e scorci del passato, i NVCC dimostrano che dal vivo sono la trasposizione lucida e coerente di ciò che i NVCC sono su disco. Emozionali, romantici, lenti. Fuori tempo massimo eppure magnificamente moderni. C-Pa
Paolo Benvegnù
Venerdì notte. Afa, bottiglie sparse, uomini ubriachi e biciclette immobili. L'ultima diapositiva post concerto di Benvegnù è quella di un uomo spettinato e sudato che sogna un panino con la salsiccia per completare una serata felice. Purtroppo nessuno riuscirà a procurarglielo, ma resta l'immagine di un artista consapevole di aver appena regalato un intimo riverbero di emozioni a quasi tutti i presenti. Perchè per raccontare la sua esibizione si dovrebbero raccontare ad uno ad uno gli sguardi di un pubblico che non perde un dettaglio di quei piccoli racconti ipersensibili, stavolta narrati in una formazione a tre che palpita intensità. Uno dopo l'altro, Paolo Benvegnù lascia scorrere i suoi piccoli fotogrammi fragilissimi, spesso talmente poetici che dietro il palco del MI AMI sembrava ci fosse il mare. SAR
Sedia
Giovanissimi. Praticamente la versione riveduta e aggiornata degli Zu, in chiave meno jazzistica e più core. Dinamiche alla Ruins, esplosioni noise mai fini a se stesse. Tecnici, capaci, mangiatori di dischi. Ancora immaturi e probabilmente ancora in fase di sviluppo. Ma bravi. Con un seguito, anche se piccolo. Con personalità, quella che ci voleva per aprire più che dignitosamente, alle tre e mezza, il sabato del MI AMI inondato dal sole. La Wallace prenderà pure qualche cantonata, ma questa volta hanno convinto pure noi giovani indie pop. C-Pa
Altro
Alessandro meritava di esserci, anche da solo, per quel il bellissimo disegno dei due innamorati che ci ha regalato senza nulla chiedere in cambio. Se poi ci mettiamo che gli Altro sono la formazione punk hardcore più poetica e in un certo senso originale della nostra terra malata di troppe chiacchiere, ben vengano allora le schegge di un minuto e mezzo di sano ardore a fare da cura. Pur penalizzati da un black out della voce (unico della giornata, sfiga maledetta) di circa cinque minuti (quindi quattro canzoni), la furia dei tre si scatena ed ammalia. Ed ora aspettiamo il prossimo disco. Davvero. C-Pa
Pecksniff
Forse l’orario o forse la mancanza di un sound check corpulento hanno un po’ penalizzato l’esibizione dei Pecksniff, in versione Uomo, senza la Patti. Fatto sta che sotto il lume invasivo di Milano, i parmensi hanno al solito sfornato i loro pezzi che sono gioielli pop nascosti dietro giocattoli e giocattolai, ma senza eccessivamente brillare. Io li adoro e lo sapete. Secondo me sono una delle nostre cose indie più originali e frizzanti. Questa volta la ciambella non è uscita con il buco, ma ad una band lo-fi come loro, non si chiede di essere dei Giotto. Si chiede di rimanere così per sempre, incapaci e bravissimi. C-Pa
StudioDavoli
Ad ammorbidire l'afa di metà pomeriggio, oltre alla birra, contribuiscono egregiamente gli Studiodavoli. Più energici e compatti che su disco, mantengono intatta l'eleganza sixties che li caratterizza, complice e protagonista l'imprescindibile organo Farfisa. I loro arrangiamenti più compositi vengono sfrondati lasciando spazio ad un sound un poco più essenziale a cui la bella voce di Matilde De Rubertis fa da ottimo complemento. Un po' meno elettronici, quindi, ma senza mai lasciare le morbide atmosfere psichedelico-lounge del disco. BDP
Super Elastic Bubble Plastic
Super Elastic Bubble Plastic al Mi Ami? Li vedo dal vivo per la prima volta, ma sono le 6 di sera di un caldissimo 18 giugno e il sole ancora picchia. Gli astanti che si spingono fin sotto il palco vanno in cerca dell’unica zona d’ombra per gustarsi lo show dei 3. Gionata e compagni sembrano provati ancor prima di salire sul palco, ma snocciolano - quasi come se nulla fosse - i brani da “My emotional friend”. Un live breve ma abbastanza intenso, a pregustare quanto di buono il terzetto ci mostrerà nel futuro prossimo. F’M
Disco Drive
Uno di quei gruppi che quando scendono dal palco rimani un po’ così. Forse la sorpresa più sorpresa per molti, che ne avevano sentito chiacchierare senza poi in realtà avere la possibilità di aver prestato loro ascolto. Siccome sono un modaiolo, prima di salire sul palco mi premurai di caricare il loro punk funk che spettina con parole di incoraggiamento. Ovviamente fottendosene di quello che dissi loro, i tre salirono sul palco e fecero saltare i bulloni delle assi. Il pubblico del MI AMI, forse impaurito da cotanta bravura, non ballò. Ma esisterà un futuro in cui anche i nostri indie rockers muoveranno il loro culone. Me l’hanno promesso a braccia conserte.C-Pa
The Zen Circus
Continuo a non capire come sia possibile che questi tre cazzoni, con più groupies al seguito che neuroni sani, riescano a fare concerti tanto coinvolgenti. Meno folk di quando erano giovani, suonano il punk come ad una fiera paesana ed il rock'n'roll come in un campo nomadi. Arroganti, ubriachi, divertenti, molesti, spassosi. Europei nell'attitudine ed italiani nel sorriso, bofonchiano melodie con una paraculaggine quasi indie pop. Copiano i Violent Femmes solo quando serve e si aprono alla modernità. Così, mentre nell'aria bollente del MI AMI un pazzo ubriaco pratica danze voodoo sotto al palco, loro si divertono a provocare il pubblico, oltre a prendere a calci ogni centimetro del palco senza risparmiare una goccia di sudore. Insopportabili e antipatici per alcuni. Spettacolari e trascinanti per altri, me compreso. SAR
Good Morning Boy
Un cantautore sopra le righe. Capace di raffinatezze e sussurri. Con musicisti al seguito bravi, bravissimi, in grado di dare valore aggiunto a canzoni che non ne avrebbero bisogno. Con delle canzoni da morirci, da amare. Sul palco del MI AMI arriva un po’ trafelato, forse perché non ci siamo capiti bene. Ma l’importante è chiarire. Sale e suona come sa lui, anche se dice che non si sentiva bene. E nonostante non piaccia a tutti, si prende gli applausi, concludendo con quella cosa stupenda che è “All Is Fallin”, brano semplice e magnifico, che ogni volta mi appende al muro. C-Pa
Offlaga Disco Pax
Non ho mai mangiato bambini, ma mi piace ascoltare le loro storie. Non li capisco fino in fondo, ma mi incuriosiscono. Non sono sicuro che siano originali, ma quando li ascolto mi sembrano una delle poche novità in circolazione. Insomma, credo che gli Offlaga Disco Pax si meritino tutti gli applausi che stanno raccogliendo. Partecipano al MI AMI con una gioia contagiosa e animano il palco con le loro cantilene tascabili, lanciando volantini e slogan come fossero gadget. Raffinati, epici e scherzosi nel tracciare traiettorie elettroniche, dimostrano abilità strumentale nel risuonare (forse troppo) il disco passo dopo passo, abbinando alla musica una capacità teatrale contagiosa. Il pubblico del manicomio è diviso tra adoranti, attoniti, curiosi e indignati. Segno che gli Offlaga Discopax sono davvero bravi. SAR
Red Worms’ Farm
Praticamente erano la nostra scommessa. Perchè non ci si poteva spiegare come una band che dal vivo fa terra bruciata potesse starsene ancora lì, dentro il nulla sferico che avvolge l’underground. Così li abbiamo messi terz’ultimi in scaletta, per dimostrare a tutti quanto crediamo in questo terzetto potente, che sa unire hardcore a tonalità emo e indie. E credo che abbiamo vinto, perchè le 1500 persone che li hanno scoperti ne sono rimaste turbate in senso positivo, affascinate. Mi pare che finalmente stiano raccogliendo un poco di quanto seminato; in questo senso sono fiero di poter affermare che ROCKIT, oltre ad esserci sempre stato, c’era anche stavolta. C-Pa
One Dimensional Man
La cosa più fastidiosa degli One Dimensional Man è doverli raccontare a distanza di anni ed esser costretti ogni volta ad inventarsi nuove apocalissi per descrivere quello che accade ad ogni loro concerto. E' sempre la solita storia. Il pubblico che si agita, salta, scalcia. Pierpaolo Capovilla che vomita alcool e slogan politici. Dario che puntualmente si alza dalla batteria, insulta tutti e mostra i genitali. Il palco del MI AMI raso al suolo e lo striscione di Rockit a sventolare orgoglioso. Il Rock'n'Roll finalmente fiero di essere suonato da una band italiana che può insegnare all'estero come si fa un concerto. Insomma, sono gli One Dimensional Man. Punto. SAR
Tre Allegri Ragazzi Morti
Padrini dell’Italia Musicale Indipendente. Alfieri di un Do It Yourself che coinvolge spirito e produzioni e atteggiamento. Persone splendide. Questo sono i TARM, la band che meglio poteva concludere la prima edizione del MI AMI. Iniziano con un omaggio all’eterno Pierpaolo Pasolini: le casse diffondono estratti della sua opera fra discorsi ed interviste, mentre Toffolo monta una colonna di cartone sulla quale è dipinta la sagoma del poeta romano. E’ un concerto che non poteva essere altro che un concerto dei Tre Allegri: uno spaccato di gioventù quasi adatta, raccontato da chi da queste parti ci piace definire “troppo intelligente”. C-Pa
PALCO ACUSTICO
"Grande" e "piccolo" sono concetti relativi. Molto spesso le cose grandi e quelle piccole viaggiano necessariamente insieme, talvolta fino a confondersi. Al MI AMI c'era un palco grande, ma ce n'era anche uno piccolo piccolo. E forse c'è stata anche un po' di confusione, ma l'idea era semplice e banale: quando la gente prende fiato dai volumi del palco principale, se ne va a bere un aperitivo o mangiare una salsiccia in serenità, seduta in un ambiente più delicato. Ecco quindi giustificato uno spazio acustico. Purtroppo gli aperitivi non c'erano, le salamelle nemmeno. Resta però la musica di un piccolo palco a quaranta centimetri da terra, che avrebbe meritato maggiore attenzione.
Venerdì la scena è stata affidata ad una famigliola allargata. Fabrizio Coppola in apertura, poi Kama ed Alberto Motta, qui nella veste di coordinatore tranquillizzante oltre che di burbero belloccio stiloso. Nessuno ha portato il seggiolino della batteria, ma si rimedia in qualche modo. Nessuno dice cosa fare, ma il palco si anima da solo e prende vita senza qualcuno ad ordinarlo. La giornata è all'insegna dei cantautori. Diversi ma non troppo, Fabrizio Coppola e Kama riaffermano la necessità del bel canto e della melodia asciutta, dolce e radiosa. Tendenzialmente più elettrico e vagamente americano, il cantautorato pop di Fabrizio Coppola arriva con grazia. La sua scrittura ha uno spessore evidente e quando la sua energia springsteeniana si ricopre di tradizione nostrana, le cose funzionano a meraviglia. Kama è invece una delle espressioni più alte del recupero di certa melodia italiana ormai dimenticata. Il suo amore per lo squarciagola e la ricerca di originalità nelle cose semplici lo distingue tra tutti i cantautori indipendenti odierni. Intelligente e senza mal di schiena, ha grande voce e personalità, conosce l'arte della melodia e riesce a ricostruire con credibilità contemporanea quella capacità espressiva che fu di Ivan Graziani e Francesco De Gregari. Peccato non abbia continuità nei testi, ma va bene anche così, anzi benissimo. Il suo disco in uscita su Eclectic-Circus è da acquistare a scatola chiusa. Ed un disco ora ce l'ha anche Alberto Motta, ma con lui i discorsi sulle melodie cristalline ed il bel canto collassano. La sua voce è ruvida come carta vetrata e profonda come il centro di un lago. Piacerebbe a Lou Reed. A Tom Waits. A Nick Cave. Motta sa tenere la chitarra aggrappata alla sua voce un po' stonata e mette in fila quelle canzoni che vanno sueggiù. Bruttissime alcune, bellissime altre. Appare sdegnato dalla sua esecuzione, ma è il solito lagnoso copione dei musicisti, specialmente se bravi. Quando Alberto riuscirà a prendersi solo la parte più bella del suo talento, farà un disco da applaudire senza sosta.
Sabato il programma è artisticamente più scollato. Il ruolo di direttore di palco spetta all'impareggiabile sommelier Simone Stopponi, artefice della rubrica Rock.Eat nonchè esponente dei Pedro Ximenex, secondi a suonare dopo il sorprendente Marco Bellotti, un barese ormai romano d'adozione che sembra aver assimilato a dovere l'insegnamento della scuola romana per poi stracciarlo, inventandosi un'autonoma rivisitazione dei falsetti stralunati di Ivan Graziani. Bellotti, accompagnato da due grandi musicisti, sviluppa un'esibizione curiosa e intensa, tra assoli di bicchieri, bassi usati come percussioni, simulazioni di campionamenti, tanta melodia e testi zeppi di mille parole. La voce di Marco tiene la scena con un timbro distinguibile, peccato per l'uso eccessivo dei falsetti che se da un lato stupiscono, sulla lunga distanza tendono a stancare. Peccato anche che il suo disco non abbia la stessa tensione elettroacustica, perdendosi talvolta in un eccesso di produzione. Resta però il grande talento di un ragazzo che potrebbe imbroccare presto un successo da grandi platee. A seguire il poprock ruspante e gioioso dei Pedrox Ximenex in formazione ridotta a tre elementi. Li seguo da lontano perchè il telefonino squilla feroce, ma il loro concerto ribadisce pregi e difetti della loro musica. Sanno costruire melodie immediate e coinvolgenti, ma si perdono quando cercano di andare in profondità. Insomma, alti e bassi, ma un discografico direbbe che hanno "grandi potenzialità". Ed è assolutamente vero. Se qualcuno li raddrizza si ritrova in mano un pop vincente e convincente. A spegnere il piccolo palco arriva infine Sebastiano Pupillo, in arte (?) Babalot. Il suo anacronistico atteggiamento grunge farebbe venire voglia pure a Kurt Cobain di infilarsi una cravatta. La chitarra dipinta a mano con vernice gialla per cucine è un'aberrazione dell'estetica. Il sound check non sa cosa sia perchè "tanto devo solo attaccare il jack". E poi sempre quell'aria sofferente di un bambino costretto a recitare la poesia di Natale davanti un plotone d'esecuzione. Così Babalot canta, stona, grida come un gallinaccio e ogni tanto riesce pure a imbroccare qualche nota aggraziata. Le sue canzoni sono sontuose suite strumentali di un minuto e mezzo, quando va bene. Si dimentica puntualmente gli accordi e quando se li ricorda prende male i tasti. La gente ascolta. Qualcuno fa smorfie di disgusto e indignazione, qualcun altro addirittura canta commosso parola per parola. Il protettore dei cantautori è indeciso se abbracciarlo o fulminarlo. "Mi fa cacare". "Che genio". "Che merda". "Stupendo". Un rimpallo di commenti in cui ognuno è libero di trovare il proprio schieramento. E mentre tutti se ne vanno, l'oscurità si allunga per consentire a qualcuno di incularci i charleston gentilmente concessi dal nostro santo protettore Junglesound.
Un palco che riesce a metà. Necessariamente migliorabile in tutto, dalla disposizione fisica, alla tempistica, fino alla qualità dei suoni, eppure questo microambiente familiare ha rappresentato un momento di leggerezza e semplicità che è un peccato non sia stato sufficientemente valorizzato, anche solo per il modo con cui i gruppi si sono autogestiti lo spazio con un rispetto reciproco da applausi. Meritava certamente più pubblico, ma si può fare. Si deve fare. SAR
MI AMI FESTIVAL
17 e 18 giugno 2005
ex Ospedale Psichiatrico Paolo Pini
Milano
500 battute a band. Una maratona di Musica Indipendente raccontata da Carlo Pastore (C-Pa), Stefano Acty Rocco (SAR), Benedetto Dalle Piane (BDP) e Faustiko Murizzi (F'M).
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L'articolo MI AMI Festival 2005, Paolo Pini - Milano di Redazione è apparso su Rockit.it il 2005-06-17 00:00:00
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