La telecamera del regista Massimo Scarabaggio ci ha fatto vedere cinque storie, con protagonisti altrettanti artisti che hanno deciso di trasferirsi a Milano per provare a investire ogni risorsa possibile sulla loro carriera. Al centro, una domanda: è possibile stringere relazioni profonde, reali, in questa città? Ora tocca ad altri cinque soggetti. Vi abbiamo già mostrato Olly, in un'intervista realizzata appena prima di scoprire di essere in gara a Sanremo. Ora tocca a Claudym e Caffelatte.
Claudym
Lo sguardo di Claudia è diverso, perché vive la realtà milanese già da bambina. Per arrivare a Claudym bisogna prima passare per altre sue versioni precedenti, che contribuiscono tutte a formare quello che è oggi. Come il suo periodo scolastico, vissuto in maniera sofferente, o un percorso universitario avviato sì per gusto personale, ma in parte per sostenere una pressione sociale autogenerata.
Mi spiego meglio: Claudia ha difficoltà a prendere ciò che accade per quello che è, si fascia sempre la testa prima di rompersela. L'università è una sorta di cuscinetto, un percorso iniziato dal mettersi nei panni di un genitore che si preoccupa per la propria figlia, dal fatto che la carriera artistica potrebbe non garantire la stabilità economica necessaria. È tutto un pensare a quello che potrebbe andare male e che potrebbe intaccare le persone vicine. Nella sua musica sfoga quelle che sono preoccupazioni che non vengono altro che assorbite, senza che nessuno glielo abbia chiesto. Un contenitore di ansie, riassunto in una forma di super altruismo.
Passiamo poi per il percorso nelle arti grafiche di Claudia, precedente e accavallato a quello musicale. Mi mostra un album di miniature fatte da lei, e penso potrebbe essere la perfetta espressione per il modo in cui affronta la vita, con altissima precisione e riflessione, perché sbagliare è facilissimo. Nella sua musica è facile comprendere la voglia di sfogare, confessare tutto, tirare fuori queste emozioni. Vuoi un po' perché ha qualche anno in più rispetto a coloro che affrontano un percorso artistico, vuoi che la voglia di essere leggeri è poca, Claudia preferisce l'atmosfera casalinga, che dà tempo di interagire meglio con le persone e le situazioni, rispetto a quella degli eventi, della vita sociale obbligatoria, i ritmi frenetici, l'utilitarismo degli incontri lavorativi di Milano. Rispondere a un “Ciao, come stai?”, con un “Tutto bene, e tu?”, riduce il tutto a un teatro di finzione che non serve a nessuno. Eppure, nonostante ciò, mi dice che è riuscita, grazie alla musica, a incontrare anime affini con cui è riuscita a instaurare un rapporto umano.
Da queste parole potrebbe sembrare una persona fragile, ma solo perché permeata da una grandissima insicurezza, che come in molti casi, è dettata da una forte sensibilità. In realtà tutto ciò è sinonimo di grandissima forza, perché se vivere è già complesso di per sé, farlo caricandosi anche i problemi degli altri lo è anche di più. La difficoltà sta principalmente nel riuscire a sfuggire a questo labirinto continuo di riflessioni, e riuscire a godersi anche un po' di quello che è il presente, senza pensare sempre e soltanto al futuro.
Caffelatte
Giorgia è una ragazza cresciuta col rap/hip hop anni '90, un po' un maschiaccio, divenuta poi successivamente Caffellatte, grazie a un semplice nickname derivato dai social. Lei porta con sé tutto il peso di aver cambiato in pochi anni 3 regioni e più o meno una decina di case. La prima è in Puglia, in provincia di Bari, luogo di nascita e infanzia. Poi c'è Roma, dove concretizza conoscenze e prende parte a quella che è la scena indie musicale italiana, nel pieno del suo sviluppo.
La vita la porta successivamente per lavoro a Milano. A Roma, dove ormai aveva consolidato una vita vera e propria, molte persone prendono un po' le distanze dalla sua decisione di spostarsi altrove. Fortunatamente e tristemente, Giorgia ha ormai imparato a gestire le rotture nei rapporti interpersonali, spostarsi tanto le ha insegnato a gestire con filosofia quei legami che possono, per molti, essere delle vere e proprie cause di blocco nella vita, motivi per cui ci si ferma.
Si riesce a comprendere la tenacia di Giorgia guardando meglio a ciò che è l'ambito familiare. Suo padre, artista anche lui, ha una precisa concezione del “fare Arte”, riassumibile nella frase: “O sei il migliore nel farlo, o non lo fare”. Si suppone che una frase del genere possa essere demotivante, ma sta tutto a come la persona ci si approccia. Giorgia ha anche studiato all'università psicologia: un percorso precedente a quello musicale, utile a comprendere che non è tanto essere i migliori, quanto il fatto di fare ciò che ci si sente, senza curarsi del fatto che possa piacere a dieci persone o a mille. Autenticità, qualità, in cui la quantità diventa una conseguenza e non l'obbiettivo del fare musica.
In parallelo a ciò c'è la voglia da parte di Giorgia di stare dietro a tutto ciò che accade nel suo progetto, quasi una mania del controllo. Molte volte è difficile delegare qualcosa, nel momento in cui ci tieni davvero tanto. Fortunatamente mi dice di aver trovato persone intorno a sé persone con cui è riuscita a instaurare un discorso umano, di fiducia, che le permette di allentare un po' la presa sulle cose. A differenza di molti, ha trovato Milano accogliente, vuoi un po' per la corazza ormai sviluppata in tanti anni lontano da casa, rispetto alle novità di un luogo nuovo, vuoi un po' per il fatto di averci già avuto a che fare dal punto di vista lavorativo, in maniera saltuaria.
---
L'articolo Milano, chi la sceglie e chi la soffre: "Cinque soggetti", parte 3 di Massimo Scarabaggio è apparso su Rockit.it il 2023-02-01 12:40:00
COMMENTI