Non c’era modo migliore di tornare ai live fatti di sudore e adrenalina, musica a tutto volume e pogate pazzesche se non con i Ministri, una band dall’energia travolgente e che, con il tour di Cronaca nera e Musica leggera, arrivato all'Hiroshima Mon Amour di Torino, ritorna per certi versi alla sua natura più cruda e diretta. A dirigere il rito collettivo di fine stato di emergenza e di ritorno ai concerti a capienza piena ci pensa Davide "Divi" Autelitano, che coglie ogni occasione per scaldare la folla. “Quando siamo ripartiti non c’è stato modo di venirvi a trovare, questa cosa ci ha letteralmente straziato”, racconta dal palco ancora affannato dopo aver concluso Comunque, brano di apertura del live.
“Questo lunedì non ci dona una libertà assoluta", continua Divi dal palco, "ma comunque avremo i nostri weekend che ci distruggeranno”. Parte proprio I tuoi weekend mi distruggono ed il live va in crescendo con una serie di canzoni (Noi fuori, Tempi bui, Una palude) che hanno fatto la storia della band milanese.
Un clima di vera festa, che è esattamente quello che i Ministri volevano ricreare con questo ritorno a suonare dal vivo, come mi aveva confessato Federico Dragogna prima del concerto: "La prima data (quella di Treviso, ndr) è stata una bolgia, una festa, una cosa davvero particolare. Spero che per tutte le date di aprile continui ad esserci in ogni città dove andiamo questo sentimento assurdo, questo sentimento da prima volta".
La differenza rispetto alla scorsa estate è proprio la fine del distanziamento e di alcune restrizioni obiettivamente frustranti per un concerto rock. "Siamo comunque felici di aver fatto il tour estivo perché tanta gente era impaurita, fragile, aveva bisogno di ritrovare coraggio e anche la voglia di andare ai concerti", continua Federico. "Per quanto ci riguarda le persone che sono venute a sentirci la scorsa estate sono degli eroi, perché con il loro amore hanno aiutato la scena e sostenuto gli artisti".
Tornare però alla catarsi dei vecchi live non ha paragoni e il concerto di Torino lo dimostra, con diversi momenti davvero carichi di pathos. Uno su tutti è senza dubbi l’intermezzo acustico dove Fede e Divi, immersi in una luce soffusa e calda, hanno interpretato Il bel canto (cantata per metà dal pubblico). Si vede gente piangere, un’emozione palpante capace di stringere la platea. Tutti vengono rapiti dai colori, dagli sguardi che s’incrociano, dal suono dolce della chitarra e dalla certezza che tutto quello che sta succedendo ci era mancato da morire.
Sono testimone di un momento di unione collettiva oramai non più così comune, soprattutto se pensiamo a quanto il lockdown abbia provocato delle spaccature sociali. Un ragionamento che mi sono trovato a fare durante la mia chiacchierata con Fede. Ci sono tanti temi polarizzanti nel dibattito pubblico e spesso alcuni artisti si espongono a mezzo social per prendere posizione, ma la scelta fatta dai Ministri però in un’altra direzione: "Noi abbiamo fatto un passo indietro rispetto al pronunciarci su tutte le questioni di attualità. Preferiamo dire quello che pensiamo con le canzoni. Non ci va di usare i social per dire dal balcone anche noi la nostra", mi spiega il chitarrista.
Gli chiedo, allora, cosa secondo lui abbia portato alla divisione sociale a cui assistiamo oggi. "Si sono disuniti i fronti popolari di un tempo", mi risponde. "Quelli moderni, che si muovono sulle pagine web, convinti di funzionare o valere qualcosa in realtà non hanno minimamente la forza di un tempo. La gente fisicamente unita in un posto, in un luogo, in un quando insieme ha una potenza diversa, una capacità di empatia diversa, una capacità di comunicare diversa".
E l’importanza della musica dal vivo e dei locali come l’Hiroshima Mon Amour, secondo Dragogna, sta proprio in questo: "I club, che sono stati in gran parte ignorati dalla narrazione di questi anni, sono posti importantissimi per tenere in vita la cultura. I nostri rappresentanti politici hanno quest’idea che esistono solo le biblioteche e le discoteche e nel mezzo non ci sia niente, non riescono a capire quale sia il valore di quello che sta in mezzo. In zone di provincia conoscere musica, conoscere il locale dove ascoltarla può salvarti la vita. Può portarti lontano dal bar dove vai solo a bere e ad aspettare la rissa. Ci sono tante zone d’Italia dove i locali per i live non ci sono più, e questo non esclusivamente per la pandemia. Certo, la vita va avanti lo stesso, quelle zone vanno avanti lo stesso ma non vanno avanti bene. I ragazzi scappano a gambe levate da quei luoghi e poi magari finiscono a Milano a pagare una stanza 800 euro al mese".
Per questo un concerto dei Ministri è la colonna sonora perfetta per un ritorno alla vita collettiva fuori dal mondo digitale. Sul finale non può mancare il lancio sul pubblico col canotto per Divi, una tradizione oramai imprescindibile dei Ministri all’Hiroshima. Un fragore di applausi travolge la band quando Divi ritorna in posizione al basso per l’ultimo brano, definitivo e devastante: Abituarsi alla fine. Il finale prolungato ci fa spellare le mani mentre Michele Esposito alla batteria sfonda la cassa e il rullante. Una dozzina di rintocchi di chitarra distorta portano alla mezzanotte e alla fine del concerto. Un live dall’energia pazzesca e che difficilmente verrà dimenticato dai presenti.
Mentre sto uscendo dal locale incontro un ragazzo molto giovane, sui 15 anni, con cui mi metto a scambiare due parole. Mi confessa che non era mai stato ad un concerto del genere e l’emozione nei suoi occhi dice tutto quello che c’è da dire. Spesso noi “più grandi” dimentichiamo l’importanza dei primi concerti, di quanto sentire musica dal vivo possa cambiare un ragazzino. E di quanto abbia cambiato noi in prima persona. Lo guardo e gli dico: "Tranquillo, questo è solo l’inizio, un nuovo inizio".
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L'articolo I Ministri dal vivo sono sempre una prima volta di Pantaleo Romano è apparso su Rockit.it il 2022-04-06 15:00:00
COMMENTI (1)
@pantared sempre il top, una delle poche "penne" ancora lucide e indipendenti in Italia.