Måneskin: la "più grande rock band del pianeta" ha ancora troppa fretta

In mezzo a un tour infinito Damiano David e soci hanno trovato il tempo per registrare quattro nuovi pezzi e portare a 22 tracce il loro disco "Rush!". Il nostro commento alla loro nuova musica, sempre più internazionale ma a cui continua forse a mancare una vera direzione

I Måneskin fotografati dal bravissimo Tommaso Ottomano
I Måneskin fotografati dal bravissimo Tommaso Ottomano

A questo ascolto ci devo andare a tutti i costi per almeno quattro motivi. Perché loro sono "la più grande rock band del pianeta" (quote di uno che non avete margini per smentire). Due, perché il posto dove si terrà l'ascolto è a pochi metri da casa mia e in una città come Milano, soprattutto quando piove, questo è un privilegio di cui sarebbe sciocco non beneficiare. Tre, quel posto è bello, ma bello bello. Infine perché il posto in cui andremo ad ascoltare il "nuovo disco" dei Måneskin è lo stesso in cui quel "disco" è nato: un ascolto contestualizzato, finalmente.

E così ecco che facciamo il nostro ingresso negli spazi di Moysa, avveniristica e super cool nuova struttura per la musica nel Sud di Milano, aperta da Shablo e Fabrizio Ferraguzzo, entrambi produttori e manager di artisti di primissimo piano, tra cui, Fabrizio, proprio i Måneskin. Dopo un tour tra le sale, l'esclusivo club e la sala di posa, ci accomodiamo nella control room di Moysa, di fronte all'enorme banco mixer cui sono collegati tutti gli studi dell'hub.

I quattro Måneskin si sono rinchiusi per due settimane nella sala che sta alla nostra sinistra, dall'altra parte del vetro, per registrare in presa diretta le quattro tracce che assieme a Honey (Are U Coming?) vanno a comporre la new edition del loro ultimo album RUSH!, il primo dopo che hanno "smesso di essere una band italiana". Le voci dei nuovi pezzi   – Valentine, Off My Face, The Driver, Trastevere – sono registrare nel vocale booth alla nostra destra. 

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Ma ancora più che come sono avvenute le registrazioni, è interessante quando. Damiano e soci sono in giro praticamente ininterrottamente da due anni, con un tour che ha toccato realmente tutto il mondo, con venue sempre crescenti e sold out sempre più frequenti. Dal 20 novembre saranno nuovamente a zonzo con il RuRUSH! World Tour che li porterà in Australia e poi in Giappone, Irlanda e Regno Unito. 

Quando diavolo li hanno registrati questi pezzi, quindi? "Prima di iniziare il tour estivo negli stadi i ragazzi si sono chiusi qua un paio di settimane e hanno realizzato i quattro brani", spiegano dal team. Testi e musiche sono dei quattro più vari collaboratori internazionali, le produzioni però – anche per questo la scelta di realizzarli solo a Milano – sono tutte di Ferraguzzo, a differenza di altre tracce di Rush! in cui si sentiva tutta la mano di Max Martin, uno degli "architetti" del pop contemporaneo, che ha lavorato con Katy Perry, Coldplay e mille altri. 

"I pezzi erano nella loro testa da tempo, in alcuni casi erano già stati portati live. Nonostante dovessero riprendere un tour lunghissimo dopo poco tempo, hanno deciso di non concedersi una vacanza, ma tornare in studio. Avevano una gran voglia di suonare, mettere dentro a queste canzoni tutto quello che hanno imparato sui palchi in questi mesi di tour".   

 

Live a San Siro a luglio - foto Starfooker per Rockit
Live a San Siro a luglio - foto Starfooker per Rockit

Questa fretta (google translate, cerca "Rush"), questa voglia di non scendere mai dall'onda mi pare la chiave di lettura, nel bene e nel male, di tutto quello che sta capitando ai Måneskin da Sanremo in poi. Sono già a tre dischi, di cui l'ultimo era già di 17 tracce che diventano 22 col repack. Ok che sono giovani e giustamente "se la sentono calla", ma sono davvero iperproduttivi, soprattutto considerando che sono in tour da due anni, sopravesposti mediaticamente, in giro per il mondo a incassare riconoscimenti. Perché, ricordiamolo, la "più grande rock band del pianeta", come dice LUI (no, non quel lui) è una live band: quella è la loro dimensione. Quest'estate ne abbiamo avuto la prova definitiva, allegato alla deluxe version del disco c'è un diario – sul modello di quello delle medie, a iniziare dalla copertina – che racconta il loro incredibile tour, immagini che in effetti fanno un po' girare la testa.

Ma dal punto di vista discografico, cosa aggiungono le nuove tracce, oltre a confermare la loro voglia impetuosa di fare musica e poi portarla sul palco (non a caso più di un pezzo tra questi ha già avuto la sua vita live)? Che la strada dell'internazionalità è imboccata per sempre, e non si torna indietro (per fortuna) ai vari Torna a casa o Coraline. Tutti i pezzi sono in inglese, tutti sono "pop" nel loro essere "rock". No "filler", solo "killer". O per lo meno, quella è l'ambizione della "rock band più forte del pianeta".

L'amore è il fil rouge di queste tracce. La focus track è Valentine, di cui c'è anche un videoclip girato in bianco e nero. Sono le stesse tonalità del brano, che è una ballatona rock dalle tinte parecchio emo (come dimostra il braccialetto borchiato attaccato al microfono nel video...). La voce di Damiano è super sofferta, è una The loneliest più goth. Tutto è abbastanza convenzionale, dal sapore '90. Il finale con gli assoli, per quanto poco originale, è la parte più interessante. C'è poi Trastevere, pezzo già suonato al Circo Massimo a Roma più di un anno fa. Anche qua siamo nel campo delle ballad, è la canzone più debole del lotto. Racconta una storia ambientata a Roma, è abbastanza piatta e rimanda alla scrittura dei "vecchi" Måneskin. Ai fan piacerà, a me meno. 

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Ma veniamo alle note liete, che sono quelle più uptempo. Perché è in questo "campionato" che Damiano e soci, a parere mio, eccellono, o per lo meno è qui che trovo meno materiale per rompere loro i coglioni. Perché Off my face suona potente, è un buon pezzo tirato e che fa muovere tutto quanto. Il testo lascia a desiderare: "I’m in love with the drugs / but they don’t love me back / I’m in love with the pain / but you make it hurt so bad". Si parla del "solito" amore tossico. Ma il brano suona super groovy, quel funky rock che è la loro cifra, con il basso che tiene su tutto e i riff che dipingono le scene. La strumentale finale c'è anche qua.

Infine The Driver, a dividere perfettamente in due tra le cose più movimentate e quelle più "stracciamutande" le nuove release. Anche The Driver incalza, suona abbastanza "british" come direbbe la Dark Polo e si concede un cambio di ritmo inaspettato nel bridge (o come lo si chiama ora). C'è chi ci legge i Muse – che per me non è mai per forza di cose un complimento – e ci può stare. Anche qua i dubbi più grandi sono sul testo, con le rime alternate "night-fly-sky" e "lighter-higher-driver". Ma se adesso qualcuno si prendesse la briga di fare un'analisi dei testi dei pezzi dei nostri gruppi rock che venti o trent'anni fa scrivevano in inglese e che non hanno avuto un millesimo delle critiche che stiamo riservando a questi ragazzi, be' credo ci sarebbe da ridere. 

Live a San Siro a luglio - foto Starfooker per Rockit
Live a San Siro a luglio - foto Starfooker per Rockit

E dunque cosa ci dicono queste canzoni del percorso della (qua-ma-proprio-qua-inserisci-quote-Mick-Jagger-rock-pianeta-band!!1)? Che tutti i componenti della band si stanno prendendo il proprio spazio, anche e soprattutto gli "strumentisti", che ormai anche a livello internazionale sono diventati a loro volta dei personaggi. E tutti suonano bene, questo poco ma sicuro.

Piuttosto che continua a latitare è una vera discografia dei Måneskin, che in questo sono turbocontemporanei. Un'infilata di singoli o miniep come questo, poi "repaccati", cambi di stile e tono, avventure nelle varie lande tutt'altro che desolate del mainstream. Personalmente però, considerato lo scettro che gli hanno appoggiato sulla testa, sentirei l'esigenza giunti a questo punto della carriera di capire davvero come suonano, chi sono e in quale direzione andranno, oltre che di poter catalogare, storicizzare i loro dischi. Ma probabilmente è solo il retaggio di un tempo andato, di cui fano bene a fregarsene. 

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L'articolo Måneskin: la "più grande rock band del pianeta" ha ancora troppa fretta di Dario Falcini è apparso su Rockit.it il 2023-11-09 16:42:00

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