"I Cramps italiani" è un paragone pesantuccio con cui confrontarsi, una di quelle sparate che non si può non guardare con sospetto, anche se si ha tutta la buona fede del mondo. E visto che fidarsi è bene e non fidarsi è meglio, facciamo che queste parole per il momento le prendiamo con le pinze, anche perché chi vuole davvero essere il "qualsiasi cosa" italiano, rispetto a essere sé stesso e basta? Ad averle pronunciate è Drew McConnell, bassista tra gli altri di Babyshambles e Liam Gallagher – e quindi uno abituato a confrontarsi con cavalli pazzi come Pete Doherty o uno dei fratelli più problematici della storia del rock –, a proposito di un progetto italiano che rimbalza tra Ivrea e Berlino: Viziosa, che ha debuttato nell'aprile del 2022 con l'ep Avvoltoi.
Per quanto Viziosa dica di sé che "non è una band, non è un cantante, è la parte più intima e sudicia di ognuno di noi", un nome e cognome dietro ci sono. Si tratta di Riccardo Nicolello, musicista classe '93 della provincia di Biella con un passato anche a Londra, dove lavorava come manager e booking agent. Poi si accende il fuoco di lanciarsi in un progetto artistico suo. Vengono presto reclutati i compaesani Lorenzo Corti alle tastiere e Paolo Grimaldi al basso, mentre in un bar di Kreutzberg avviene il fatale incontro con il polistrumentista e produttore napoletano Maurizio Vitale, fondamentale tassello della band nel plasmarne l'identità sonora, un post punk portato all'estremo nei suoi deliri di distorsione. Non sarà il leggendario incontro tra Lux Interior e Poison Ivy a Sacramento nel '72, sempre rimanendo in tema Cramps, ma una leggera nebbia mistica se la porta comunque dietro.
Quindi, le coordinate le abbiamo tracciate, un identikit indicativo ce l'abbiamo, arriviamo ora alla carne viva di questo disco. In realtà sarebbe meglio definirla carne marcia, putrescente, carcassa di un suono lasciato in mezzo all'asfalto per giorni. Gli Avvoltoi a quel punto diventiamo noi, che ci giriamo intorno attratti irresistibilmente dal fetore e da un disgusto che diventa magnetico. Basta sentire pochi secondi di Dimmi, primo singolo del progetto: un giro di basso spettrale su cui entra la sbiascicata voce di Riccardo, come se si fosse scolato un'intera tanica di alcol puro e stesse cercando di spiegare all'agente di polizia di turno che è perfettamente in grado di guidare. Solo che lo fa urlando versi incomprensibili e mentre la sua auto è in fiamme.
L'incendio è vivo, lo si sente alitarci addosso nelle distorsioni indemoniate di chitarre e nell'incedere violentissimo della batteria, un connubio letale che scarnifica Riccardo, rabbioso e ululante, vittima e carnefice allo stesso tempo di questo roboante vagito infernale che ha messo in piedi. La prospettiva è quella degli ultimi, gli emarginati che si nascondono nel buio e lì danno libero sfogo a una frustrazione sociale che grida "grandissima vendetta e furiosissimo sdegno", per usare una citazione fin troppo inflazionata di Pulp Fiction.
Bacia il re è la seconda traccia, che esplode ancora più aggressiva, con una bava acida alla bocca che corrode le orecchie. Qua i rapporti di forza tra un noi e loro che sa di lotta di classe si fanno fuori controllo, insopportabili nella loro violenza pulsante, schiavi e padroni visti dalla prospettiva di chi è sottomesso e ha il fegato pronto a esplodere. Lo stesso intermezzo interpretato con voce pitchata, come se a parlare fosse un bulletto delle elementari, è la forma più pura di ingiustizia con cui ci troviamo a confrontarci fin da quando siamo bambini.
La formula è ben collaudata per tutti i 5 brani di questo lacerante ep: che sia la disastrata storia di Mimì, donna transessuale rifiutata dalla sua famiglia e dal mondo attorno a sé che rivendica con forza uno spazio nel mondo, o la "polizia sociale di una società animale" di Fammi male, la più "stoogesiana" di tutta la tracklist e con tanto di sax di Enrico Gabrielli, il caos che rimbomba attorno è un attacco disordinato che si poggia su di un punk indomabile, condito da un linguaggio senza il benché minimo filtro. Riccardo Nicolello è il sacerdote sbronzo di una laica messa dell'orrore, il creatore di una liturgia perversa che specchia purtroppo benissimo quello che siamo e la pozzanghera di merda in cui viviamo.
Solo il brano conclusivo tira per un attimo il freno. Una scassata chitarra acustica è il tappeto sudicio su cui si avvolge la prostituta Ponny, la cui vita si consuma veloce sul "nanananana" da drinking song da pub per hooligan inglesi negli anni '80. La furia si trasforma in una quasi canzone d'amore che potrebbe tranquillamente essere ambientata nel cesso in cui finisce Ewan McGregor in Trainspotting. Così si conclude il peccaminoso quarto d'ora dei Viziosa, ritrovando un sorriso coi denti spaccati dopo aver vomitato anche il sangue. Ma sì, dai, forse il buon Drew non l'aveva poi sparata così tanto grossa.
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L'articolo Il mondo fa schifo, Viziosa di più di Vittorio Comand è apparso su Rockit.it il 2022-08-30 12:19:00
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