Quando frequentavo lo Shelter di Colturano, oramai più di vent'anni fa, quando il DJ faceva partire Lola dei Krisma (anzi Chrisma, dalle iniziali di Christina e Maurizio, come si chiamavano ancora nel '77 quando uscì) tutti capivamo che era giunto il tempo di andare via. Non perché fosse oramai quasi l'alba, le luci della sala fossero accese da un po' e la possibilità di portare a casa una qualsiasi conquista con la bocca impastata di alcol e le maglie madide di sudore si fossero esaurite da diverse ore, quanto perché le voci alternate e sovrapposte di Maurizio Arcieri e Christina Moser, suadenti, erano il migliore accompagnamento per ciondolare ancora una volta disillusi e stanchi verso l'uscita.
Per alcuni non era la loro canzone migliore. E le canzoni dei Krisma sono state quasi tutte a loro modo importanti per la storia di un certo modo di intendere e di fare musica (new-wave, post-punk, synth-pop, whatever...) in Italia. Ma qui per me c'è un messaggio superiore, se si è capaci di coglierlo. La soluzione che tutti, prima o poi, temiamo di avere sul palmo della mano. La soluzione finale ad anni di delusioni. Quella verso la quale non si vorrebbe mai essere diretti. “Lola killed all those who did her wrong”. Non so se ci capiamo. Sotto il ritmo tanguero e sensuale si cela un thriller con un finale che al confronto la Mathilda di Leòn le spiccia casa a Lola.
Quando le cose continuano a spezzarsi per tanto, troppo tempo, arriva anche quell'idea e, come ogni cosa che sembra assurda, è spesso vera e spietata. La immagino nei rapporti sociali e in quelli affettivi che si distruggono, nelle stanze senza finestre, ricolme di veleni. La soundtrack adatta a questi momenti è un serpente che si contorce mentre ti afferra e ti stringe nella sua morsa letale, oppure dei ballerini di tango che si attraggono e respingono con vorticoso intrecciarsi di gambe.
Ossia è Lola dei Krisma. Non ce n'è per nessuno. Duo, musicale e nella vita, che una volta dichiarò a Ciao 2001 che non conosci veramente nessuno finché non ci hai litigato di brutto. Quando Amanda Lear gliela riportò in una delle sue interviste, Maurizio fece il gesto di contare le persone che allora aveva conosciuto veramente, mentre Christina le disse: “È così!”.
Ovviamente quello di Maurizio e Christina non era un invito a risolvere i propri problemi con il mondo commettendo un pluriomicidio (o forse si?), ma di sicuro uno a non farsi mettere piedi in testa. Poco prima che morisse, sette anni or sono, Maurizio scherzava: “Noi ne abbiamo viste così tante che ora potremmo giudicare come fossimo dall’Aldilà”, mentre il solito pubblico televisivo lo guardava divertito come si guarda un fenomeno da baraccone. O Morgan. Non si era però inventato nulla, perché Maurizio, con Christina, sono stati, forse senza neanche rendersene conto loro stessi, due tra i personaggi più estrosi della musica italiana.
Sono stati, perché ora che ci ha lasciato anche Christina, dall’Aldilà ci osserveranno davvero entrambi. Lui nella musica ci ha sempre allegramente sguazzato. Milanese doc, prese immediatamente, ragazzino, il treno del beat, fondando i New Dada. Tra le più importanti di quelle band di giovanissimi in frangetta e abiti stretti che giocavano a fare gli inglesi: e agli inglesi più celebri di tutti, i Beatles, alla sua band toccò di fare da spalla nel mitico concerto al Vigorelli, oltre mezzo secolo fa. “Con i Beatles, fummo gli unici a non essere fischiati”, ricordava con la sua aria da (apparente) eterno sbruffone - se non ci fossero video a dimostrarne la veridicità. Poi si stufò del beat e di tutto il resto, e soprattutto incontrò Christina. Leggenda vuole fu lei a dirgli di mollare la sexy-disco (una roba molto Mike Foster in Compagni di scuola di Verdone e perculata anche da Lucio Dalla) per precorrere altri tempi con i Krisma.
Dalla metà degli anni ’70, furono praticamente tra i primi, insieme forse a l'imberbe Franco Battiato, a percorrere quei sentieri dell’elettronica, dei synth, dell'estetica del totalmente nero, del nichilismo cosmico e, nel loro caso, dell'autodistruzione. Un po' Human League, un po' Suicide. “Io fui la prima a infilarmi una spilla in una guancia", raccontava Cristina su un numero dell'Intrepido del 1979, "ma da quando Maurizio ha iniziato a tagliarsi con le lamette nessuno lo nota più”. E Maurizio aggiungeva dopo: “Il punk non ha delle regole. Più che un tipo di musica, è un modo di sentire la musica. Nel nostro cerchiamo di dare vita a una musica elaborata, non rozza. Non sono più un ragazzino, la spilla era per i ragazzini che ne hanno bisogno. Era ironica, non iconica, era per quelli a cui serve un pedigree per qualcosa che non dovrebbe averlo, e anche perché sono un po' matto”.
Dei marziani quindi, provocatori anche, agitatori perché no, ma acuti insomma nell’Italia del tutto politico, anche in musica. Tant’è che si stufarono di nuovo e andarono a New York, per entrare a fare parte della ciurma di Andy Warhol, nella Factory di inizio anni ’80. Visionari e sempre attenti alle nuove forme di comunicazione, fu come trovarsi a casa, i Krisma furono tra i primi a esplorare le vie possibili dell'arte, tradizionali e atipiche, come quando nel 1998 inventarono la Krisma Tv. Ritornarono solo per via dell'Aids che imperversava in quegli anni: “I nostri amici morivano come le mosche”.
Dopo Chinese Restaurant (1977, Philips), debutto synth-punk d'avanguardia e di ottima fattura anche per gli standard esteri dell'epoca e che conteneva Lola come indiretta title-track, continuarono a guardare alla musica con assoluta libertà, sfruttandola totalmente in Hibernation (1979, Polydor), Cathode Mamma (1980, Plydor), Clandestine Anticipation (1982, CDG) e Fido (1983, Atlantic), tutti e quattro con Christina come volto/immagine e anche nei minori Iceberg (1986, Carosello) e in tutto il resto.
D'altronde era da sempre bellissima, Christina, biondissima, una Debbie Harry italiana o una Nico, come la definì in una recensione l'inglese NME che li paragonava agli stessi Velvet Underground, tanto bella che qualsiasi cosa indossasse, delle Converse sdrucite e un paio di jeans o stivali in pelle col il tacco e un tubino che lasciava poco spazio all'immaginazione, le stavano meravigliosamente addosso.
Ma più di tutto ci sono le canzoni: pochi altri come Christina e Maurizio hanno saputo cantare la guerra (fredda) personale di ognuno in quegli anni. Dibattuta tra l'art-rock psicotico di Black Silk Stocking e le ossessioni di What For, gli amori di merda di Lover e le disillusioni di So You Don't, la vita metropolitana di Vetra Platz e così via al di là dell'orecchiabile elettronica pop del singolo (più) di successo Many Kisses. Nel 2011 la scena italiana, tra cui i Volvo Tapes di Enrico Fontanelli degli Offlaga Disco Pax, Cosmic Boilers con Andy dei Bluvertigo, Johnny Grieco dei Dirty Action, coi Red Flag di San Diego e gli AntiQuark di Los Angeles fecero un tributo (CD + libro di un centinaio di pagine, su NDA) intitolato ChyberNation.
Grandi assenti i Subsonica, che senza i Krisma chi sa che farebbero (ma che nel 2002 li vollero per un feat. di Nuova Ossessione), ma anche gli Spirtitual Front ci sarebbero stati un gran bene – magari in una versione di Lola – oppure i Cani che quel anno debuttavano o gli Iori's Eyes. Questo giusto per capire quale caleidoscopio di artisti che dovrebbero qualcosa a Christina e Maurizio. E comunque sarebbe troppo poco. Una prece.
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L'articolo "Lola" dei Krisma era la canzone della fine, e dei nuovi inizi di giorgiomoltisanti è apparso su Rockit.it il 2022-10-19 13:19:00
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