Motta: la musica è iniziata

A pochi giorni dall'uscita de "La musica è finita", abbiamo chiesto a Francesco Motta di raccontarci come invece tutto è iniziato. Questa è la lettera che ha scritto per noi dal passato, quando aveva 20 anni, il pensiero fisso della band in testa, mille incertezze e la voglia che sia per sempre

Motta, foto di Pepsy Romanoff
Motta, foto di Pepsy Romanoff

La musica è finita è il quarto album in studio da solista di Motta, prodotto insieme a Tommaso Colliva. "Questo album mette un punto per ripartire dall’inizio, da quello che è sempre stato importante: la musica. La musica finisce e riparte, si trasforma, evolve", dice Francesco, che nelle 10 tracce dell'album collabora con Willie Peyote, Giovanni Truppi, Jeremiah Fraites e Ginevra.

Il disco è già in tour – con una formazione inedita che vede, tra gli altri, Whitemary al fianco di Motta –, il 27 ottobre si è tenuto il live nel "club di casa", il The Cage di Livorno. Le prossime date saranno il 9 novembre ai Magazzini Generali di Milano e il giorno dopo all'Hiroshima Mon Amour a Torino, poi numerose altre. 

Per celebrare questo disco – che parla di fine, una tematica ricorrente nella sua poetica, e nuovi inizi – abbiamo voluto fare un esperimento con Francesco: gli abbiamo chiesto di tornare con la mente ai vent'anni, e scriverci una pagina del suo diario. Il diario di un ragazzo con una passione enorme, che non sa se potrà vivere di essa, ma che farà di tutto perché questo avvenga.

Oggi abbiamo fatto le prove. In realtà quasi tutti i giorni ormai da qualche anno suoniamo. Suoniamo le stesse cose, fino a che non ci sentiamo in pace con il mondo. Fuori da questa sala ci sentiamo forse troppo incompresi, sbagliati e condividere un silenzio assordante mettendo gli amplificatori quasi al massimo è una sorta di meditazione collettiva in cui ci dimentichiamo di quello che c’è là fuori. 

In realtà qualcosa è cambiato negli ultimi mesi. Tommi sta prendendo seriamente questa storia dell’Università e sinceramente sono un po’ preoccupato che non dia ai Criminal Jokers l’importanza che gli diamo io e Simone. Nessuno di noi due ha intenzione di fare altro, non ci riesce nient’altro che suonare e suonare è l’unica cosa che ci fa sentire bene. Quando sono andato a Milano a studiare come tecnico del suono mi sono appassionato a una nuova città, anche se quel periodo è coinciso con una nuova amministrazione di destra che ha cercato di chiudere qualsiasi centro sociale, locali, piazze, ma un modo per cercare di star bene lo trovavo sempre.

A 20 anni si trova sempre un modo per star bene. Durante quell’esperienza però l’idea di stare lontano dagli altri due della band ha messo a dura prova i miei sogni e quindi ho deciso di tornare a Pisa, perché non potevo in nessun modo tradire quello che è a tutti gli effetti un matrimonio a 3. Ho iniziato a lavorare come fonico degli Zen Circus, un po’ perché dopo la scuola mi sono accorto che mi mancava l’esperienza concreta della dimensione live e con loro sto imparando un sacco di cose, un po’ perché anche gli Zen ancora non avevano ben chiaro quello che doveva fare un fonico dal vivo per cui ero la persona adatta. Ma ho solo una cosa nella testa: la band.

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Tutto il resto è un modo per cercare di lavorare con la musica cercando di guadagnare 50 euro ogni tanto e quando va bene, ma sono soldi che comunque spendo subito perché non sono mai stato abituato ad avere soldi in tasca. Sto provando per la prima volta in questo periodo a scrivere delle canzoni in italiano. È difficile e soprattutto mi sento un po’ stupido a usare quelle parole. Non ascolto musica italiana, non ho la più pallida idea di quello che succede nel mercato discografico italiano, non so cos'è un ufficio stampa, una distribuzione, niente. E sinceramente non mi son mai posto il problema di capirlo

Il mio sogno è di andare fuori da questo Paese. Magari dove stanno i Pixies, i Violent Femmes, dove sta Lou Reed, dove hanno suonato per la prima volta i Ramones, ma non qua. Quello che succede qua non lo conosco e sinceramente non me ne frega niente di saperne di più. Nemmeno i miei genitori guardano Sanremo e non è un pensiero per me interessante. Non ho nessuna intenzione di andare a Sanremo

Quello che voglio fare è suonare con Tommi e Simo cercando di migliorarci sempre di più, anche se saremo gli unici ad accorgerci di quello che cambia e del modo in cui cerchiamo di suonare meglio. 

Motta, foto di Pepsy Romanoff
Motta, foto di Pepsy Romanoff

Ovvio che queste canzoni vorrei farle sentire a più persone possibili, ma non coincide con il voler diventare famoso o conosciuto, semplicemente voglio far sentire la nostra musica perché sono fiero di quello che facciamo e del modo in cui lo facciamo. Per questo spesso prendiamo un generatore di corrente e suoniamo per strada. Per far ascoltare la nostra musica e vedere le facce che fanno le persone. A Pisa ci sono un sacco di musicisti, per cui ci sentiamo anche più responsabilizzati quando ne incontriamo qualcuno. 

Non so che succederà fra qualche anno, ma credo fortemente che questa sarà la mia vita. Suonare con gli altri mi dà una libertà che mi ha fatto trovare il mio posto nel mondo, mi rende felice e io questa felicità me la tengo stretta

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Le canzoni in italiano nel frattempo iniziano a prendere una via che mi piace, soprattutto quell’imbarazzo e quella fragilità iniziale cominciano ad essere la mia più grande forza per esorcizzare quello che non va. Ho 20 anni in tutti i sensi e di cose che non vanno ce ne sono eccome. 

Grazie a MySpace stiamo continuando a fare i concerti in giro, non so perché andiamo spessissimo a suonare in Emilia Romagna, abbiamo un seguito che forse è maggiore che qui a Pisa, si sono affezionati a noi. Poco tempo fa siamo andati a suonare a Torino, è stato meraviglioso anche se poi ci hanno lasciato la notte alla stazione a dormire perché non era previsto che dormissimo da altre parti. Ma chi se ne frega, siamo una band, siamo uniti e vogliamo fare questo per tutta la vita.

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L'articolo Motta: la musica è iniziata di Francesco Motta è apparso su Rockit.it il 2023-11-02 11:29:00

COMMENTI (1)

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  • MarioMiano 11 mesi fa Rispondi

    Quando ho ascoltato "scusa" ho pensato che poche volte una canzone riesce a fotografare i tempi che viviamo, anzi, mi sono ritrovato a ricantarla con un testo che era sbagliato tipo "poi ti porto a ballare per vedere come va a finire", pensando a dei ragazzi che vanno a un rave per venire massacrati. La musica è finita e il mondo fa paura. Al di sopra di tutto una canzone destinata a entrare nel migliore canzoniere italiano, il picco assoluto di Motta.