Il più grande museo del punk al mondo è a Venezia, e noi lo abbiamo visitato

Non a Berlino, né a Londra o Los Angeles: il più grande museo del punk al mondo si trova a Venezia ed è una collezione straordinaria

- Parte della collezione del museo del punk di Venezia. Tutti gli scatti sono di Giulia Callino
19/04/2016 - 11:27 Scritto da Giulia Callino

"I Pistols sono tutti qui. Questa è la versione inglese di “Anarchy in the U.K.”, qui trovi quella francese, qui quella tedesca, qui quella italiana. Qui quella nigeriana, qui quella thailandese. Ci sono tutte. Tutte. Vediamo se ti trovo qualcosa di più esotico...”.

Dischi. A decine di migliaia, certamente oltre 75.000. E poi poster e manifesti per oltre 9000 pezzi, flyer e artwork, magliette, oltre 10.000 fanzine e giornali (incluse tutte le 1020 inglesi esistenti fra ’75 e ’79), centinaia di fotografie e volumi. Tutto catalogato con cura e precisione, collezionato in oltre quarant’anni che raccontano “tutti i germi del punk, il suo fil rouge dagli anni Sessanta fino a qui, le sue diramazioni successive”.

punkmuseo
punkmuseo

(L'ingresso del museo del punk di Venezia)

Questo è il più grande museo del punk del mondo, la più grande collezione esistente sulla faccia della terra. E non siamo a Berlino, né a Londra, né a Los Angeles. Sopra la porta del corridoio splende dorato il leone di San Marco, guardia silenziosa dello straordinario patrimonio conservato qui, in questo appartamento di Venezia che custodisce anche articoli rarissimi e pezzi unici. Mentre il suo direttore me ne parla gli vibra una luce vera negli occhi:“Questo che vedi qui è il poster realizzato a mano per il concerto al Bowdon Vale dei Joy Division. Lo dipinse una studentessa di Belle Arti, come vedi riciclando un largo foglio di carta su cui aveva disegnato lo schizzo di un paesaggio. Naturalmente è un pezzo unico”.

joydivpunk
joydivpunk

(Uno scatto al museo del punk di Venezia. Al centro, sul pavimento, è visibile la locandina originale del primo concerto in assoluto dei Joy Division)

E poi master tape e l’artwork originale della copertina di “Rocket to Russia” dei Ramones con il logo di Arturo Vega, l’intera collezione di magliette del ’76 di Vivienne Westwood e acetati, rarissime matrici di dischi che nei casi qui presenti non furono mai pubblicati in seguito e possono quindi essere ascoltati unicamente attraverso questi supporti sonori: "Un amico collezionista l’ha chiarito esplicitamente: se mettessimo insieme tutte le collezioni di cimeli punk del mondo, non arriveremmo a un materiale ampio quanto quello presente qui. Siamo stati fortunati perché nel corso degli anni abbiamo acquisito anche archivi interi. Molti musicisti che tenevano tutto o di cui teneva tutto la madre hanno venduto l’archivio completo e noi l’abbiamo preso, il che ci ha facilitato molto perché ha chiuso dei capitoli in modo immediato. Ma ti assicuro che è stata una follia”.

E che ci troviamo davanti a un'impresa di appassionata follia è chiaro, attraversando questo appartamento stipato di una quantità impressionante di memorabilia, mentre le sagome di cartone dei Sex Pistols ci osservano dalla vasca da bagno e alle pareti pendono artwork e poster di estrema avanguardia per l’epoca, “i primi su cui apparvero i colori fluo, dove per la prima volta i nomi di band maschili erano dipinti di rosa, creati con un lavoro certosino di cut and paste. Qui abbiamo X3, qui il grafico dei Twilight Zoners...”. Ma di certo una follia bellissima, che nasce da una conoscenza approfondita e dalla volontà di creare una collezione di altissimo livello: “C’è tutto ciò che riguarda tutti i passaggi epocali. Anche quelli che sembrano piccolissimi e quasi dimenticati, ma che in realtà sono epocali e provati. L’idea è che chi vuole scrivere una tesi e ha il desiderio di approfondire certi argomenti, sia dal punto di vista fotografico che da quello grafico o musicale o storico possa trovare tutto ciò che può immaginare su questo argomento e su tutto ciò che è ad esso correlato”.

(Il bagno dell'abitazione, adibito a sala del museo)

Perché questa è una collezione privata, normalmente non visitabile (aggiornamento al 21.10.16, ndr) e che richiama soprattutto musicisti e collezionisti. Oggi, l’ampliamento della raccolta continua attraverso le grandi aste (Sotheby’s e Christie’s fra le prime), ma la collezione è nata ormai qualche decennio fa, fra club londinesi raggiunti da Venezia dopo venticinque ore di treno e mercatini, frequentando chi le pagine del punk le ha scritte e chi ad esse ha contribuito. “Tutto nasce come un little step. Anche i Sex Pistols e i Ramones, che sembrano la rivoluzione, sono soltanto un gradino di questa storia. Soltanto che anche quelli che scrivono o che credono di saperne molto amplificano il merito di qualcuno per il fatto che gli mancano gli altri gradini, non hanno il collegamento. Che è interessantissimo. Devi pensare che a metà del '76 il punk è una cosa che non esiste e che a metà del '77 tutto il mondo ne parla. Migliaia di articoli su tutti i giornali del mondo, e noi li abbiamo tutti. Mi è arrivato l’altro giorno Eva Express con un articolo sugli Incesti, unico articolo che sia mai stato pubblicato su questo gruppo punk italiano”.

(Una minima parte dell'archivio del museo)

È lo stesso direttore ad invitare a un chiarimento su cosa si intenda con la parola punk: "Essenzialmente, la risposta a una domanda: chi sono io. È solamente questo. Chi sono io. Per capire chi sono io essenzialmente devo capire cosa mi piace e cosa non mi piace. Nel momento in cui ho capito cosa mi piace e cosa non mi piace ho già degli elementi per capire me stesso. Perché tutte le cose che non mi piacciono messe insieme hanno un minimo comune denominatore, nel momento in cui riesco a coglierlo capisco quello che detesto. La stessa cosa vale per quelle che mi piacciono: hanno tutte un comune denominatore e una volta che l'ho estratto capisco quello che adoro. E allora sono essenzialmente questo e sono essenzialmente il contrario di questo. E nel momento in cui ho capito questo, ho risolto il problema essenziale della vita e cioè: non devo copiare nessuno. Posso permettermi di dire e fare quello che mi pare. Il primo singolo dei Pistols, facciata B, è “I wanna be me". La ricerca di te stesso. E quindi il punk è questo e questo è essenzialmente il suo valore: come tutte le avanguardie storiche, cercava di esprimere qualcosa che nessuno aveva espresso prima".

(Il salotto del museo, fra locandine, master tape e abbigliamento originale dell'epoca)

Qui la storia del punk si respira in ogni angolo, diffusa sopra ogni cosa come una passione estrema, coltivata con dedizione e pazienza. "Ma non è solo questo" chiarisce il direttore. Perché "di sicuro servono impegno e dedizione per creare una cosa del genere. Ma anche tanta, tanta gentilezza, quando parli con le persone, quando ti rapporti con loro". E se lo dice il direttore del museo del punk più grande del pianeta, ci possiamo fidare.

(Aggiornamento al 21.10.16: Diversamente da quanto comunicato in precedenza all'interno dell'articolo, attualmente il sito della collezione non risulta più online. Alcune sue pagine sono disponibili attraverso archive.org) 

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L'articolo Il più grande museo del punk al mondo è a Venezia, e noi lo abbiamo visitato di Giulia Callino è apparso su Rockit.it il 2016-04-19 11:27:00

COMMENTI (16)

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  • utente149372 7 anni fa Rispondi

    P.S. Tra l'altro non ho parlato di mettersi in vista, ma di condividere cultura. Penso che sia un patrimonio culturale da rendere in qualche modo accessibile. Buona giornata e buona continuazione

  • utente149372 7 anni fa Rispondi

    Ho 22 anni e sto imparando un po' alla volta. Non mi pavoneggio a regina del punk se pensa questo. Non ho insultato nessuno, ho solo contestato il fatto che questo articolo è stato no capzioso, di più. Uno che è nato nel 1995 perciò deve autoflagellarsi perché a 12 anni non era già un appassionato ed esperto? Comunque arrivederci e buona giornata (e se faceva riferimento al "MiluPUNK, be mi sembra veramente una sottolineatura trascurabile).

  • nelloindie 7 anni fa Rispondi

    Prenditela con l'autore dell'articolo, non è mai stato un museo a pagamento.
    Lievitare cosa? ma chi ne ha bisogno ..... Vorrei farti sapere che ci sono anche delle persone che non hanno bisogno dell'interesse degli altri ... in puro stile punk!
    Copie limitate del libro? 3500, + o -, e credo che tu, come la stragrande maggioranza di quelli che si definiscono 'punk' , lo avete scoperto quando l'avete visto su ebay.
    E all'epoca deve essere costato circa 40.000 euro, li metti tu per una ristampa?
    Il sito internet è sparito? ci sarà un motivo, e credo molto valido, ma non certamente per elitarismo.

  • utente149372 7 anni fa Rispondi

    Sito internet del "museo" sparito dal giorno alla notte. Non è mai stato un museo, ma bensì una collezione privata. Punk è libertà e condivisione della cultura, questo è puro elitarismo; negare la condivisione di tale patrimonio artistico, filosofico e sociale alle nuove generazioni serve soltanto a far lievitare l'alone di mistero che gravita intorno al signor P., così come mettere sul mercato copie limitate della Bibbia del Punk e rendendola poi irreperibile. Complimenti.

  • nelloindie 8 anni fa Rispondi

    @mickaneworderfan non vorrei dire una cagata, ma credo sia il primo concerto dei joy division come headliner ...
    Su tutti i precedenti aprivano le serate x altri ...
    Comunque ti posso assicurare che puoi tranquillamente dirglielo, solo che .....ha sempre ragione lui!!!

  • mickaneworderfan 8 anni fa Rispondi

    Più precisamente: joydiv.org/c230579.htm

  • mickaneworderfan 8 anni fa Rispondi

    Dimenticavo: joydiv.org/concerts.htm

  • mickaneworderfan 8 anni fa Rispondi

    Il poster dei Joy Division è quello della data di Altrincham del 1979, ovviamente ben due anni dopo il primo concerto dei Warsaw e quasi un anno e mezzo dopo il primo concerto dei Joy Division. Io non ho il coraggio di dirglielo, però..

  • nelloindie 8 anni fa Rispondi

    @anothercross , ti rispondo io, quanto è dedicato al punk americano? Tutto. Hardcore? niente. E' una collezione sul punk, gia' nell'80 è una cosa diversa. Il fatto che si vedano poster inglesi è dettato dal fatto che in america si usavano i posterini in a4, perloppiu' fotocopiati, e credo che ci siano tutti ..... o almeno Tanti, anzi tantissimi ... anzi non lo so!
    se per down under intendi il sixties ... credo tutto lo stampato.
    ciao
    se e guando lo potrai vedere capirai!

  • andreazarpellon 8 anni fa Rispondi

    Meraviglioso articolo, straordinario progetto!
    Grazie per avermelo fatto conoscere! :)