Durante i mesi di lockdown, nell'ambiente si respirava un'aria mortifera: tutti i tour cancellati o rimandati, le nuove uscite che non escono più e la speranza fondante che il virus sparisca, o da solo o col vaccino, per tornare a tutto com'era prima. Col tempo, prima timidamente e poi sempre con più volontà, il sistema musica si è riorganizzato: nuove aree in cui fare concerti, persone sedute e distanziate, artisti che si esibiscono in una dimensione più intima. Certo, tra gli effetti collaterali della ripartenza ci sono i diecimila tormentoni latini tutti uguali o le cover drammatiche delle canzoni delle estati precedenti, ma queste sono operazioni che lasciano il tempo che trovano.
Parafrasando Charles Darwin, la selezione naturale è alla base dei processi di adattamento e speciazione, dunque dell'evoluzione delle specie. Se i musicisti e i promoter fossero una specie, sarebbero di sicuro quella che si è dovuta adattare di più alle nuove disposizioni sanitarie per non morire, e i concerti che si stanno tenendo un po' in tutta Italia ne sono l'esempio: quasi tutti gli artisti suonano in formazione più snella, riarrangiando i pezzi per una platea seduta, su palchi più piccoli senza giochi di luce o effetti scenici incredibili. Un dovuto ritorno alle origini, ai concertini nel pub, all'aperto in piazza o nei teatrini di provincia.
Da Dente agli Psicologi nell'inedita formazione acustica, passando per Francesca Michielin, Vasco Brondi, Giovanni Truppi, Lucio Corsi, Pop X o Cristiano Godano e tutti gli altri, molti sono gli artisti che stanno girando l'Italia per dare nuove emozioni al pubblico, per sentirsi vivi nonostante il momento storico per niente favorevole. Con set nuovi, magari acustici, cambiando formazioni, adattandosi a posti e esigenze diverse.
Se siete stati alla prima serata della rassegna Cuori Impavidi organizzata da MI AMI e Circolo Magnolia all'Idroscalo di Milano, in cui hanno suonato Generic Animal, Irbis37, Post Nebbia, Voodoo Kid e Brividee, sapete di cosa stiamo parlando. Si replica giovedì 23 luglio con Eugenio in Via di Gioia, Chiamamifaro e Logo, i biglietti li trovate qui.
Carlo Pastore, direttore artistico della rassegna, ha scritto su Instagram: "Ogni tentativo effuso nell’idea di guardare avanti e non indietro, nel voler fare ciò che è importante invece di lamentarsi per non poterlo fare, sia l’unica cosa effettivamente sensata per non cedere alla convinzione finale che tutto sia andato in pezzi", e non possiamo che pensarla così. Il passato è fantascienza (cit.), il futuro non esiste, conta solo ciò che si può fare nel qui e ora, conta la capacità di adattamento che ognuno mette nel proprio lavoro, per non perderlo.
Gli italiani spesso non amano i cambiamenti e non c'è neanche bisogno di andare a pescare corsi e ricorsi storici, basta soffermarsi sugli insulti alla viceministra dell'economia Laura Castelli per aver dichiarato, in modo naif ma comunque pertinente, che i ristoratori in crisi vanno aiutati a cambiare business. Chi lavora nella musica sa bene quanta elasticità serva per sopravvivere, quanta capacità di adattamento sia necessaria, dalla crisi della discografia in avanti, per tenere in piedi un settore accessorio a quelli essenziali, ma essenziale per lo spirito.
Cambiare approccio, metodo, punto di vista, fare il salto laterale per avere una diversa prospettiva, aiuta a crescere dal punto di vista economico, ma anche da quello artistico, e al momento solo i versatili sopravvivono. Chi vuole rimanere ancorato a un'idea pre covid di divertimento e aggregazione, finisce per fare la fine di quei gestori di discoteche che stanno organizzando serate piene di giovani, senza alcun controllo sanitario. Durano un giorno di follia, poi vengono puntualmente chiuse per tutta la stagione e incolpano il sistema, in un crescendo di bias cognitivi e arroccamenti su posizioni che nessuno può più permettersi di prendere.
Ogni concerto, oggi, è importante. Dal più piccolo, senza neanche microfoni in un prato con la gente seduta davanti, a quelli più elaborati, pensati per il momento e per ovviare alle limitazioni imposte. Ogni disco che esce e che viene promosso utilizzando nuovi canali, ogni forma d'arte che riesce a uscire dal distanziamento digitale per tornare a vivere nelle strade, nei teatri, nei luoghi riperinentizzati e creati per l'occasione, è un'opportunità per rimettere in moto tutto il settore, per crescere professionalmente e umanamente.
Gli artisti che non si mettono in gioco e che pretendono lo stesso trattamento economico, lo stesso dispendio di energie finanziarie per creare tour faraonici, al momento sono ai box e non colgono l'opportunità, rimandando tutto al 2021. Tornando al buon Darwin e alla selezione naturale, oggi più che mai la battaglia per la sopravvivenza si gioca sulla capacità di adattamento, sulla versatilità musicale, sulle idee dei musicisti e dei promoter che riescono a creare nuovi format per vivere la musica dal vivo.
Quelli che ci provano da una vita, con l'unico obiettivo del successo, forse si stanno ritirando a vita privata o lo faranno nel giro di poco tempo. Quelli che hanno fatto i soldi nell'epoca pre covid, se li stanno godendo in attesa che tutto torni come prima (spoiler: non tornerà tutto come prima). Restano gli altri, quelli che fanno musica animati dal fuoco, dalla voglia e dal desiderio, quelli che non si spaventano di fronte alla possilità di uscire dal seminato, quelli che trovano nuove parole per descrivere l'oggi, senza abbandonarsi alla nostalgia di quello che non esiste più.
Loro sono quelli che riusciranno a far ripartire la musica in Italia, dal basso, con umiltà, valorizzando ogni piccola occasione di condivisione reale, senza l'ossessione per il sold out o per il disco d'oro. Aiuteranno tutto il sistema, dal promoter milionario all'ultimo dei facchini, con fatti concreti. E anche noi, il pubblico che si perde nelle foto degli anni precedenti sui social e strugge di fronte alle migliaia di corpi sotto palco ai grandi festival e ai concertoni, dobbiamo fare la nostra parte, partecipando agli eventi, rispettando le misure sanitarie e il personale che lavora perché tutto vada per il meglio. Tanto l'hanno capito anche i muri: chi non si adatta è perduto.
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L'articolo La musica italiana sta dando la miglior risposta possibile alla crisi di Simone Stefanini è apparso su Rockit.it il 2020-07-22 10:49:00
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