16 dicembre, ore 10.37, real cappella del Tesoro, duomo di Napoli. Il momento in cui la tensione si rompe, il fazzoletto bianco sventola, il prodigio è avvenuto di nuovo, la città è salva: il sangue di san Gennaro si è sciolto. Centro nevralgico di tradizione, costume e folklore da sempre, il capoluogo campano (oltre ad aver effettuato un interessante balzo in avanti nelle speciali classifiche di vivibilità, qualunque cosa voglia dire), negli ultimi anni è tornato a fare parlare di sè per una vitalità musicale che da quelle parti non si respirava da parecchio. Non è un caso se viviamo un’ epoca (la nostra) in cui la città d’origine segna spesso anche l’appartenenza ad un determinata scena (o movimento se si preferisce).
La tradizione napoletana e la sua evoluzione nel tempo, a sentire i nuovi interpreti, arrivano alle orecchie di tanti, colpiscono recettori sensibili. Viviamo, lo dicono in tanti, una specie di golden age della local music campana, che ha imparato a vestire abiti diversi da quelli indossati nei decenni precedenti. E a rimanere sempre credibile.
Cosa più interessante, oltre a proporre una sorta di supremazia estetica – non poco ha aiutato anche Gomorra e l'impatto culturale della triade libro-film-serie tv –, quella napoletana è una scena in costante fermento, e che pare in grado di adattarsi a meraviglia a tutti i suoni nuovi e dominanti che si susseguono a ritmi frenetici negli airplay radiofonici e in streaming. La trap, le sfumature elettroniche e dance, l’uso del dialetto napoletano come un punto di forza, plus che conferisce armonia e musicalità non solo alle strofe di una canzone, ma anche e soprattutto oggi alle barre di un pezzo rap. Quello napoletano si potrebbe paragonare per presa comunicativa al veterano rap francese, che ha fatto la storia nel suo genere. E certe sonorità (e attitudini) comuni non possono essere un caso.
Il nome cui tutti state pensando è quello giusto, naturalmente. Liberato è l’esempio più palese nell’ultimo biennio di come la canzone napoletana si sia proiettata verso il futuro: un progetto finemente studiato singolo dopo singolo, che ha raggiunto il suo culmine con l’uscita del primo disco quest’anno. Taglio underground, l’anonimato ancora gelosamente custodito, il magistrale lavoro di immagine curato da Francesco Lettieri che ha raccontato non solo la musica del cantante senza un volto, ma anche la sua città.
Sulla stessa scia di quello che ha significato Liberato per il capoluogo campano, c'è ora Napoli Milionaria (come il titolo della commedia di Eduardo De Filippo), un collettivo che si cela dietro gli pseudonimi di 41BI$, 17 & YOUNG CIRO, che, nello stesso giorno del miracolo di San Gennaro hanno pubblicato il primo volume di TRAPNEOMELODICA, sviluppando il mix definitivo che unisce in un titolo due mondi temporalmente opposti. La chiave è far incontrare la sottocultura popolare della canzoni di Mario Merola, Ciro Ricci, Franco Ricciardi e Tommy Riccio e gli stili hip hop ed urban: un mix micidiale tutto partenopeo.
Ancora una volta domina la scena l'estetica sognante della città, che la fortuna di tanti sceneggiatori ha fatto nei decenni del grande cinema italiano. In questo caso il videoclip è curato dai registi Gianfranco Antacido e Antimo Campanile (Alaska Film), che a loro volta indagano con le immagini il rapporto tra superstizione e sacrilegio, sacro e profano. San Gennaro, ancora una volta.
La lista potrebbe essere lunga. Citiamo un altro caso di questi anni: i Nu Guinea, una certezza reale nel panorama musicale italiano – oltre che essere nella nostra lista dei dieci dischi di musica elettronica più importanti del decennio – continuano a portare avanti un progetto e un discorso musicale che mischia e contamina generi tra loro in maniera personalissima. Proprio qualche giorno fa hanno annunciato l’uscita di Napoli Segreta vol. 2, sèguito del fortunato LP Napoli Segreta vol. 1, uscito nel 2018. Tutto il funky che c’è, quello popolare, quello con cui non puoi smettere di ballare neanche per un secondo, con uno spirito decisamente internazionale (l’avete vista la loro boiler room al Dekmantel Festival 2019?).
E chiudiamo con rap e dintorni, perché anche qua il movimento è grande. Enzo Dong, classe 1990 nasce e cresce nelle periferie di Napoli, tra Secondigliano, Piscinola e Scampia. Lo ricorderete per Gomorra (Secondigliano Regna) ma forse non sapete che quest'anno ha scritto un disco che si intitola Dio Perdona io no, dentro ci sono collaborazioni con Fabri Fibra, la Dark Polo Gang, Tedua e Gemitaiz. Basta ascoltare la prima traccia per capire che ti sta per arriva una mattonata in faccia: “Non voglio essere il re di nulla, voglio solo rappresentare le persone”. Stesso discorso vale per Geolier con il suo disco Emanuele ha debuttato nella grossa fossa del leoni con uno degli album più saldi e robusti degli ultimi tempi.
Impossibile non citare anche Yodaman che ha fatto una cosa diversa da tutti gli altri: dai suoi viaggi a Londra e le contaminazioni musicali assorbite in terra inglese, ha portato in Italia una corrente parecchio famosa all’estero ma poco conosciuta qui in Italia: il grime, ibridandola con il suo dialetto napoletano e le sue radici. E lo fa ha fatto parecchio bene con Gioco Sporco.
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L'articolo La musica di Napoli è sempre più milionaria di Chiara Lauretani è apparso su Rockit.it il 2019-12-18 18:09:00
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