Questo pezzo potrebbe intitolarsi "quanto rompono il cazzo, a volte, i droni" e non prevedere una singola battuta in più rispetto al titolo. Potrebbe farsi promotore di un dibattito circa la necessità di riprese aeree durante il live ferragostano di Orietta Berti? Ma, facendo auguri di pronta guarigione alla vittima, intende sposare una tesi meno immediata: che in questi giorni un drone possa precipitare dal cielo colpendo una spettatrice seduta su una panchina di piazzale Giglia ad Agrigento, è qualcosa che può succedere.
È sfiga, certo, ma è anche un po' statistica. Perché in estate, e attorno a ferragosto ancora di più, in Italia si suona ovunque. Si suona ogni cosa, ogni genere, a ogni livello di tecnica e di dignità. È una cosa bellissima. Personalmente trascorro da qualche anno le vacanze lungo la brevissima costa del Molise, in una frazione di mare che conta una quindicina di lidi uno attaccato all'altro. Ognuno di essi ogni sera – tranne quelle in cui il sedicente mago Peppe sequestra con le sue gags centinaia di bambini, e relativi genitori, fino alle 00.30 –propone musica dal vivo, bissata nei giorni speciali a pranzo, in special modo da un duo che canta ogni canzone con il trasporto di Iva Zanicchi.
L'edificio che mi ospita è separato dal lungomare da una pineta, che toglie la vista su quel che succede tra i lidi. E così, sui balconi durante i burrachi, si fondono nelle orecchie le note della canzone tradizionale napoletana a quelle di un house un po' agèe con l'apprezzaibile aggiunta di un bonghista live (o per lo meno così, leopardianamente, me la immagino), e poi la band, per altro tecnicamente notevole, che fa solo capolavori rock '70-'80 (sempre gli stessi una sera a settimana per tre mesi, ogni estate), lisci, pianibar e tarantelle, più qualche super ospite tipo Ron.
Calcola Legambiente che tra il 60 e il 70% delle nostre spiagge siano gestite da privati con i loro ombrelloni e i loro stabilimenti. E così mi ritrovo a pensare a quanta musica dal vivo possa esserci, lungo l'arco di un'estate, in queste centinaia, migliaia di località turistiche, a cui si aggiungono le piazze dei paesi in cui a un certo punto di luglio tornano studenti e parenti, i paesi di montagna o nei pressi di un lago. Mi ritrovo a pensare a quest'esercito di mariachi di tammuriate, aspiranti Vecchioni o Nannini, rocker di provincia che hanno trovato nella reiterazione la chiave. Avranno un manager, qualcuno che per loro dice di sì alla festa della pampanella e deve con la morte nel cuore declinare il Jolly Pub? Avranno un altro lavoro, e quale? Un budget, un range chilometrico da rispettare?
Non c'è alcuna ironia, se questo non fosse chiaro. Lo penso davvero, vorrei avere le risposte a queste domande. E alla fine sono contento che d'estate – ma alcuni di loro immagino abbiano ottime chanche anche durante le altre stagioni – questi artisti abbiano così tanto lavoro, e che portino la loro musica (a volte terrificante, chiaramente) dal vivo.
Ma come proprio Rockit, che da 25 anni si fa carico di sostenere le proposte nuove e inedite, e che ora celebra ciò che c'è di più "vecchio" e "facile" nella musica dal vivo? Il punto è che in nessun modo le due cose confliggono. Chi cerca questo tipo di intrattenimento, è giusto lo trovi. Nostro "compito" sarà sempre quello di fare sì che per tutti gli altri – quelli meno nazionalpopolari – esistano delle possibilità di esprimersi (con Rockit PRO cerchiamo di dare sempre più spazi e possibilità dal vivo agli artisti emergenti). E saremo sempre qua a ringraziare chi permette di suonare anche a queste proposte "altre".
Ai festival che ogni anno di più, in ogni provincia e verrebbe da dire ormai quasi ogni comune, sbucano e cercano una propria strada, spesso fuori dalle traiettorie principali (che rimangono congestionatissime). Ai locali che non rinunciano alle loro programmazioni pure nei mesi più "complicati".
Perché ci sono i bagnini, quelli dell'Anas che sistemano le strade (a loro vanno tutta la mia stima e i miei pensieri), i baristi più o meno improvvisati, ma anche gli organizzatori di eventi, i lavoratori della musica e infine i musicisti, e pure quelli indipendenti, tra i lavoratori estivi, quelli che faticano mentre tutti si divertano. Anzi, affinché tutti si divertano (artisti compresi, anzi per primi).
Parlavo l'altro giorno con un amico che suona in un paio di band, fighissime entrambe, ma non esattamente di quelle che potrebbero accompagnare un aperitivo al tramonto o fare felice la canuta comunità di uno qualunque dei nostri borghi. Mi raccontava come abbia passato l'estate tra l'organizzazione di concerti a Milano – prima del maxispopolamento e della colonizzazione di terre altrui da metà luglio in poi – e le date con i suoi due gruppi, incastrando spostamenti, casini e ferie di almeno otto persone, ognuno con le proprie esigenze. Gli hanno anche aperto la macchina, quindi è molto probabile che il tour invece che in pari sia andato in passivo. Eppure sono abbastanza certo che l'estate prossima, come migliaia di suoi colleghi, lo rifarà.
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L'articolo Il musicista è un mestiere estivo fondamentale di Dario Falcini è apparso su Rockit.it il 2022-08-16 15:20:00
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