Che farai a 50 anni? «Io? Io smetto a 35. Farò il compositore, tipo Burt Bacharach. Non puoi andare fuori e fingere di essere Johnny Rotten a 40 anni». Noel Gallagher, 1998.
Ecco, la storia non è proprio andata così, tant’è che il musicista inglese è ancora in piena attività. Il punto di partenza però è interessante: davvero la musica che conta, quella che sposta gli equilibri e detta la via, è appannaggio dei giovani? Quand’è che un cantante deve andare in pensione e lasciare il palco alle nuove generazioni?
Tra la fine del ‘94 e i primi mesi del ‘95 nel mondo del rock si parla con sempre maggiore insistenza di un folle progetto del ventottenne leader degli Smashing Pumpkins Billy Corgan (all’epoca con un look alla Geena Davis e una smisurata voglia di fare le scarpe a tutti i boss di Seattle, dai Nirvana ai Pearl Jam): un disco doppio di ventotto canzoni in vendita al prezzo di un cd singolo. La motivazione alla base della nascita di “Mellon Collie and the Infinite Sadness” Corgan la racconta così: “Per questo è stato così importante incidere questo album proprio adesso: perché posso ancora restare in contatto con il cuore adolescente. I limiti di età dei musicisti rock sono stati alzati ma non so quanti di quei gruppi di ultraquarantenni scuotano davvero la gente. Sicuramente sapranno commuoverla ma non c’è paragone tra quello che è stato capace di fare un gruppo come i Nirvana e ciò che possono suscitare i Rolling Stones a cinquant’anni suonati. È la dura realtà: bisogna saper distinguere e per riuscirci occorre entrare nel discorso della giovinezza, dell’ambizione e dell’energia. Cominci ad avere le automobili, poi le rate da pagare, la famiglia e infine al centro della tua vita non c’è più il rock da distribuire a tutti. Così, mentre tutte le priorità della tua esistenza si ridefiniscono, devi ammettere il mutamento e riconsiderare la tua direzione. A nessuno piace sentirselo dire - non è carino - ma è la cruda verità”. (Da “Smashing Pumpkins - Mellon Collie e le zucche infinite” di Davide Sapienza, Giunti, 1996). Insomma, secondo il leader degli Smashing Pumpkins il cuore adolescente - la teenage angst descritta da Kurt Cobain - ti porta a un altro livello, quello della musica del tutto o niente: incendiare il mondo con un Big Muff e un mucchio di valvole sature e stremate, che cos’altro serve per essere felici?
(Billy Corgan oggi. Foto via)
A giudicare dalle proposte musicali attuali, bisogna dire che l’effetto Rolling Stones è una tendenza ormai consolidata (anche i Pumpkins non ne sono immuni, vedi la reunion con James Iha). Non è certo un caso se da anni gli headliner dei festival sono spesso band con parecchi anni sulle spalle: al Primavera Sound 2016 i primi quattro nomi in cartellone sono Radiohead, Lcd Soundsystem, Sigur Rós, PJ Harvey, senza dimenticare artisti come Brian Wilson, Dinosaur Jr, Suede, Explosions In The Sky. Non proprio gente di primo pelo, insomma. In realtà però molti di quei gruppi sono ben lontani dall’effetto nostalgia e anzi sembrano ben inseriti nel flusso del tempo attuale. Sono ancora decisivi, insomma, e fanno davvero la differenza. D’altronde se la musica fosse una questione anagrafica e la credibilità fosse una roba riservata ai ventenni, avremmo corso il rischio di non avere dischi come “The Drift” di Scott Walker, “Blackstar” di David Bowie o “Antico” di Alfio Antico: si tratta di album unici, sfrontati e significativi, che beffano ogni aspettativa e sfidano le convenzioni. Sarebbe stato un mondo migliore se questi artisti avessero chiuso con la musica quando erano ancora giovani? Peraltro l’effetto nostalgia sembra interessare per certi versi più i venti-trentenni che i cosiddetti vecchi: prestate bene attenzione all’estetica e ai suoni di certe nuove realtà musicali e domandatevi se non richiamano alla perfezione le proposte di cantanti e gruppi di venti, trenta o quarant’anni fa. I figli suonano come i padri mentre i padri suonano come i nipoti: il mondo alla rovescia.
(James Murphy dei Lcd Soundsystem, riuniti quest'anno. Foto via)
Poi c’è un altro aspetto. Gli artisti - quelli veri, naturalmente - rispondono soltanto a se stessi e alle proprie necessità creative. Gli ascoltatori invece di solito tendono a rispondere al proprio vissuto: generalmente la musica reputata migliore e più emozionante è quella ascoltata durante l’adolescenza - il periodo dei compromessi zero e delle certezze assolute. Se una band allora prende strade diverse da quelle che hanno percorso negli anni belli è come se rimettesse in discussione i ricordi e le certezze dei fan: in qualche caso la reazione sarà veemente, stile controriforma. Allora forse dovremmo farci tutti un bell’esame di coscienza: è giusto chiederci quando un cantante deve andare in pensione? O è meglio domandarci quand’è che un ascoltatore dovrebbe smetterla di lamentarsi della musica di oggi e dedicarsi ad altro? In questo caso il limite dei 75 anni non conta: vale anche il prepensionamento.
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L'articolo Quand'è che un musicista deve andare in pensione? di Manfredi Lamartina è apparso su Rockit.it il 2016-04-28 11:26:00
COMMENTI (1)
Billy Corgan mi ricorda Darth Vader senza maschera