Musicultura è il gran galà della musica emergente

Quello di Macerata non è un contest per giovani talenti come gli altri. Niente birre sgasate e fonici part time, ma abiti da sera e istituzioni in prima fila. Il nostro reportage dallo Sferisterio

I finalisti di Musicultura con Paola Turci - foto stampa
I finalisti di Musicultura con Paola Turci - foto stampa

L'immagine appena prima che venga pronunciato il nome della vincitrice è una cartolina niente male: 8 cantanti in fila, gli uni con le braccia sulle spalle degli altri, come una compagnia teatrale che si va a prendere gli applausi alla fine di uno spettacolo, e non artisti diversi che si giocano la vittoria finale di una rassegna importante come Musicultura, che dal 1990 si occupa di dare spazio ai nuovi talenti del cantautorato e della musica popolare e che nel corso degli anni ha avuto concorrenti che poi ne hanno fatta di strada, come Gianmaria Testa o Simone Cristicchi.

A rendere ancora più memorabile il tutto è lo spazio in cui ci troviamo: lo Sferisterio di Macerata, architettura neoclassica all'ingresso del centro storico della città, nato a inizio '800 come stadio del gioco del pallone col bracciale e oggi dedicato all'arte e alla cultura (è sempre qua che si tiene il Macerata Opera Festival). Chi ci viene per la prima volta – come me, in questo caso – non può che rimanerne colpito. È come trovarsi in una versione ridotta dell'Arena di Verona, in una cittadina medievale che raggiunge appena i 40mila abitanti, ma che la musica e la cultura la sentono parecchio: me ne accorgo girando un po' tra le librerie e i negozi di dischi del centro, parecchio forniti e più numerosi di quanto avrei previsto.

Il pubblico dello Sferisterio
Il pubblico dello Sferisterio

È facile quindi intuire quanto questo appuntamento abbia un peso enorme per la città quando arriva: all'ingresso dello Sferisterio si vedono abiti da sera – il mio outfit composto di maglietta di un centro sociale di Udine con molotov disegnata sulla schiena, jeans e scarpe da ginnastica è evidentemente fuori luogo – e illustri personalità della zona, tutte riunite ad ascoltare artisti ancora in rampa di lancio, con un seguito ridotto, che passano di qua proprio come tappa iniziale della propria carriera. I loro nomi sono Anna Castiglia (che, spoiler, si porterà il premio finale), Eugenio Sournia, The Snookers, Helle, Nico Arezzo, Bianca Frau, Nyco Ferrari e De.Stradis. Potreste aver sentito nominare qualcuno – Anna, per esempio, è passata sia a X Factor che per il palco dello scorso MI AMI –, ma non stiamo esattamente parlando di Vasco Rossi a livello di fama.

L'aspetto affascinante di Musicultura è proprio questo: dare una cornice di rilievo a della musica che sta ancora sbocciando, mentre il resto fa parte del contorno. Intuizione dal fondatore Piero Cesanelli, scomparso nel 2019, la cui lungimiranza ha lasciato un segno forte alla rassegna, tanto che è un nome che continua a echeggiare sia sul palco che fuori. "Mi diceva sempre che con i soldi con cui pagano le pulizie a Sanremo qui ci facciamo un festival intero", mi racconta Peppe, driver che collabora con Musicultura sin da quando il festival è nato. Per cui certo, ci sono ospiti di rilievo come Enzo Avitabile, Nada, Diodato a esibirsi, ci sono Carolina Di Domenico e Paola Turci a presentare, c'è il moloc che risponde al nome di Rai a metterci la potenza di fuoco nella comunicazione dell'evento – andrà in onda anche in tv a luglio –, ma l'aspetto focale del tutto rimane la gara.

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Ma quindi, com'è sta gara? Nel complesso il livello è discreto, con proposte abbastanza diverse tra di loro. Il brano che vincerà, Ghali, era già noto al pubblico visti i suoi trascorsi in televisione, ma è anche il più originale degli otto in gara: testo che fa almeno un paio di capriole nel raccontare il vittimismo esasperante di chi non riesce ad assumersi una responsabilità che sia una, arrangiamento trascinante con una parentesi simil-rap, nel complesso si muove ben in bilico tra il complesso e l'orecchiabile. Eugenio Stournia, già voce dei Siberia, vincerà invece il premio della critica con Il cielo, canzone più "vecchia scuola", molto ben scritta. Da segnalare poi la ballata in dialetto siciliano Nicareddu di Nico Arezzo, molto apprezzata dal pubblico della seconda delle due serate finali, e il pop elettronico di De.Stradis.

C'è poi il contraltare di tutto questo. L'aspetto competitivo di Musicultura funziona parecchio bene, quello che un po' trattiene il contest è la patina di sanremesità che si porta addosso. E per carità, è anche per questo che riesce ad avere presa su un pubblico più variegato e per certi versi nazionalpopolare, ma allo stesso tempo ne appesantisce lo scorrimento. I tempi morti tra i cambi palchi vengono riempiti con le domande dal pubblico, in una ritualità che finisce presto con l'ingolfarsi, la scaletta lunghissima porta lo spettacolo oltre le 3 ore, considerando anche i ritardi, così come le ospitate di comici o di personalità che parlano di temi delicati – dai detenuti del carcere di Ancona ad Alessandra Campedelli, allenatrice di pallavolo che è riuscita ad ottenere un argento ai giochi islamici con la nazionale femminile dell'Iran – danno sempre più la forma dell'Ariston allo Sferisterio. Non che sia un male di per sé, è solo un po' straniante trovarsi di fronte a un contesto del genere rispetto al fenotipo del generico contest-per-artisti-emergenti.

Carolina Di Domenico e Paola Turci
Carolina Di Domenico e Paola Turci

Così come è surreale l'effetto giorno della marmotta delle due serate finali, dove la competizione è perfettamente sovrapponibile: cantanti e conduttrici hanno gli stessi abiti della sera prima, l'ordine di uscita è lo stesso, pure molte delle battute tra le canzoni si ripetono. Esigenze televisive, certo, e comunque il pubblico cambia, ma chi è in sala stampa – e lungi da me lamentarmi del privilegio – viene momentaneamente posseduto dallo spirito di Bill Murray quando Carolina Di Domenico rifà l'imitazione dell'accento sardo a Bianca Frau.

Musicultura è un animale ibrido, e proprio in questo suo coniugare due linguaggi diversi che diventa qualcosa di particolarmente prezioso. C'è un voler dare un peso e una dignità ad artisti che sono lì per provare a farcela, trattandoli come non dico star mondiali, ma inserendoli in un contesto che offra un pubblico ampio e ben disposto ad ascoltare, a giudicare, a criticare, ad applaudire, a dare un senso a seguire 'sta follia del fare il musicista in questo Paese. Quando questo è l'approccio qualcosa di buono viene fuori sempre, è (quasi) matematico.

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L'articolo Musicultura è il gran galà della musica emergente di Vittorio Comand è apparso su Rockit.it il 2024-06-24 11:07:00

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