MySpace è tornato trending topic su Twitter, e questa è una notizia. Molto americana, se vogliamo, perché sappiamo bene che da noi Twitter non ha mai fatto il botto e che serve essenzialmente per farsi notare dai famosi, ma oltreoceano è la piattaforma di riferimento riguardo le tendenze mediatiche e sociali, quindi questo dato ha fatto rumore. Ne hanno parlato un bel po' di magazine negli USA, rendendo di nuovo MySpace rilevante.
Come avviene spesso per i trend topic, nessuno sa con precisione come sia partita la nuova onda di post su MySpace, chi sia stato il primo influencer ad aver ricordato il social lanciato nel 2003 dal famoso Tom amico di tutti, con la foto profilo pixelata e iconica, che lo ritraeva in maglietta bianca sorriderci da un banco, con una serie di scritte sul muro sullo sfondo. Fatto sta che i commenti degli utenti sono di questo tenore: "Il fatto che la gente stia ricordando in massa MySpace mostra quanto sia profondamente infelice con Facebook", ma non solo.
Un utente scrive: "Ricordate Tom? Ha venduto per MySpace per 500 milioni di $ ed è andato in pensione per godersi la vita. Non ha mai venduto i nostri dati, né tentato di influenzare le elezioni, né tentato di cambiare le leggi sulla privacy... che uomo. MySpace era troppo pura per questo mondo". Ok, iniziamo a capire. Dal primo giugno, quando un manipolo di dipendenti di Facebook ha accusato Mark Zuckerberg di essere troppo morbido su Trump, la popolarità del proprietario di Facebook, Instagram e WhatsApp ha decisamente subito un crollo verticale, e da lì a ricordare con nostalgia il passato è un attimo. È una questione di padroni simpatici e padroni stronzi, o almeno così pare.
Tom Anderson, che con Chris De Wolfe aveva fatto nascere MySpace, è un personaggio del tutto diverso da Zuckerberg: ha dato l'anima per il suo progetto e quando è cresciuto abbastanza da farlo diventare super ricco, nel 2005 lo ha venduto a Rupert Murdoch, che ha fatto in tempo a decretare la fine della popolarità di MySpace. Tom ha abbandonato il social nel 2009 e da allora gira il mondo alla faccia nostra. Ha anche un account Instagram dal nome inequivocabile: @myspacetom. Come fa a non rimanere simpatico un tipo così? Ha scelto la parabola più filmica, senza rimanere invischiato in situazioni equivoche come il monomaglietta Zuckerberg.
MySpace è un ricordo comune anche a molti italiani, è stato la palestra di ogni social moderno. Se ricordate, MySpace poteva essere usato a due livelli: come pagina prettamente musicale per gli artisti che in quel modo potevano far ascoltare la loro musica col player, condividere video ed entrare in contatto con altre band ma anche direttamente coi fan. L'Italia aveva già sfondato la parete del digitale in musica con Vitaminic quasi 10 anni prima, ma per la prima volta con MS c'era il modo di prendere accordi per suonare in giro, per complimentarsi con le band che ci avevano ispirato e sperare di ricevere una risposta.
I profili privati servivano esattamente allo stesso scopo dei social contemporanei: conoscere gente, aumentare il proprio ego, tentare l'approccio. Erano talmente modificabili che, negli ultimi tempi di fama pre FB, MySpace sembrava un incrocio tra un Luna Park nei campi di provincia e la vetrina di una bigiotteria: quando cliccavi su una pagina, si aprivano animazioni, gif, video, audio, playlist, galleria di foto, tutte insieme, mandando in paranoia l'antica connessione a carbone.
Era sempre la stessa storia: potevi trovare persone vere che però stavano a un milione di chilometri da te, catfish in quantità (zero controlli) e tutta una serie di casi umani che preferivano fare le ore piccole a chattare con gente col fuso orario diverso dal loro, piuttosto che uscire e vivere la real life.
Pensate che da quando è partita la versione dedicata al nostro paese nel 2007, MySpace Italia registrava 4500 nuovi profili al giorno e l'utente italiano stava sulle sue pagine per una media di 64 minuti al giorno contro i 39 minuti di media americana. Questo per farvi capire la voglia di social che avevamo qui, nel tempo in cui l'Italia era tutta provincia. Le band italiane iscritte a MySpace erano più di 70.000, tra loro c'era la mia e i miei ricordi di quel momento sono piuttosto rosei: con qualche messaggio ben calibrato, entrammo in contatto con un'artista americana del giro dei Calexico e organizzammo un mini tour italiano insieme, più uno split in 45 giri con la copertina fatta dalla figlia del cantante dei Giant Sand. Per noi provinciali, un sogno.
Dal culo del mondo ai deserti americani con le rotoballe portate dal vento, con MySpace poteva essere un attimo, e questa facilità di networking ha dato il via alla liquidità della musica. Se vogliamo essere apocalittici, anche alla fine della discografia e dei negozi di dischi, ma probabilmente, con o senza MySpace, sarebbe stata solo questione di tempo. MySpace è stato davvero migliore di Facebook o il suo rimpianto è un'ondata di anzianità improvvisa dei trentenni e qualcosa? Beh, un po' e un po'.
Che i 30enni siano già boomer e quindi soggetti alla retromania è una realtà, ma per molti il problema del social odierno sta nell'impossibilità di creare una bolla resistente agli attacchi esterni. Facebook permette di parlare in modo più semplice con chiunque, ma allo stesso tempo consente di leggere opinioni raccapriccianti, fake news, catene di santantonio e stupidità assortite che, ai tempi di MySpace, venivano ben celate nell'intimità domestica o nella palestra di sfogo del bar.
Non è cambiato il social, perché le funzioni di MS e FB sono pressoché le stesse: blog, possibilità di mostrare foto, chat, messaggi privati. Ciò che è cambiato col tempo è il senso del pudore, che qualche anno fa impediva a molti di esprimere posizioni estremiste o di litigare a morte con perfetti sconosciuti.
La meme culture nel 2007 non aveva ancora il peso che ha oggi, né le implicazioni socio-etico-politiche del cinismo al ribasso, dell'ironizzare causticamente su tutto lo scibile. Nel 2007 i lettori andavano oltre il titolo e la foto di un articolo, per leggerne il contenuto. Dieci e passa anni fa, il populismo non aveva preso piede come oggi, la definizione "fake news" non era di dominio pubblico e le azioni social non erano basate principalmente sull'hating. Gli influencer non avevano ancora acquisito il potere commerciale che hanno oggi e, sì, eravamo anche più giovani.
MySpace e Facebook non sono davvero paragonabili, perché in questi dieci anni, la tecnologia è diventata user friendly per persone di ogni età e grado di civiltà, con tutto ciò che ne consegue. Non fosse accaduto col social di Zuckerberg, sarebbe potuto succedere con MySpace come con qualsiasi altra piattaforma, ma ci sarebbe voluto lo stesso del tempo, quello che intercorre tra il declino di uno e l'inizio dello strapotere dell'altro.
A proposito: MySpace esiste ancora e, nonostante non abbia più un traffico immenso, nonostante le pagine siano ben meno cariche di stronzate luccicanti e nonostante le connessioni moderne siano ben più performanti, è sempre lentissimo. Le buone vecchie tradizioni che non muoiono mai, giusto?
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L'articolo Myspace non era meglio di Facebook, al più lo eravamo noi di Simone Stefanini è apparso su Rockit.it il 2020-07-16 10:33:00
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