Marco Giudici, la solitudine del polistrumentista

Il bassista di Any Other debutta con il singolo "Nei giorni così", quelli in cui l'unica compagnia è rappresentata da un ficus domestico. Anticipa il primo disco in italiano, l'occasione giusta per raccontare davvero se stesso

Il video di questa canzone sembra quello di un brano di Coez. Ma senza la ragazza bellissima che gira per casa in intimo e felpa larga, sostituita, forse per motivi di budget o più probabilmente di mood, da una splendida pianta da interno, un ficus benjamin che appare in ogni angolo dell’abitazione. Quelle quattro mura che in questo momento rappresentano l’unico nostro orizzonte. Un ficus, ottimo per assorbire la formaldeide rilasciata dal fumo delle sigarette, un po’ meno per tenerci compagnia.

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Nei giorni così è il brano che anticipa il primo disco solista sotto 42 Records di Marco Giudici, già bassista degli Any Other. Un brano che acquisisce tutto’altro significato in concomitanza col periodo storico, ma che rappresenta una riflessione più universale sulla solitudine, sull’eremitismo dei nativi digitali, dei giovani che si sono formati con gli anime di Italia 1, gli stessi cartoni che una vecchia tv proietta in apertura del video e che ci ritroveremo a guardare passivamente trasmessi sulle onde di qualche rete improbabile in queste nottate insonni di noia e affanni. Se Nei giorni così fosse un quadro sarebbe l’Autoritratto dell’artista nel suo studio di Tommaso Mingardi, studio che altro non è che la mansarda in cui vive. Microcosmo in cui, per definizione, ogni creativo cerca riparo, tra tavolozze o pianole.

Eppure Marco non è una persona associale, quantomeno non si direbbe dall’onnipresenza della sua firma come produttore sui più interessanti nuovi gioielli della scena (basti citare Generic Animal e Rares). Musicalmente, debutta con i The Assyrians, nel 2013, pubblica Tundra: le avventure dei Goonies in salsa psichedelica, un album che si attesta sull’andamento molto in voga a quei tempi del dream pop, preludendo in qualche modo quel che saranno gli Any Other, con il quale Marco suona in pianta stabile dal 2015.

Silently. Quietly. Going Away l'esordio discografico della formazione di Adele Nigro, riscuote unanimi consensi dalla critica, la prima manifestazione di un indie-folk dalla vera matrice internazionale cui l’aspetto lo-fi non storpia il risultato, ma anzi ne esalta le sfumature emozionali, spianando la strada a un nuovo movimento cantautoriale che stava iniziando a fermentare, da Ginevra a Birthh. Nonostante il successo, Marco trova il tempo per un primo debutto solista con il nome di Halfalib. Se gli Any Other erano fondamentalmente l’espressione musicale della propria cantante, in questo caso, è Adele ad affiancare, se così si può dire, il polistrumentista, suonando il sassofono nello splendido Malamocco, un album che ne esprime la vena più sperimentale e jazz.

Giungiamo quindi al punto di partenza, Nei giorni così e quel primo album in italiano di Marco che verrà. Ed è curioso verificare come spesso, il passaggio alla lingua natia, coincida con l’abbandono di un moniker, l’adozione del proprio nome di battesimo che lascia preludere a un lavoro estremamente personale, in cui forse la voglia di raccontarsi prenderà sopravvento sulla musica. Si chiamerà Stupide cose di enorme importanza, un titolo che Guido Gozzano potrebbe prendere in prestito per una propria poesia, un titolo dai toni crepuscolari per un album che non vediamo l’ora di ascoltare.

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L'articolo Marco Giudici, la solitudine del polistrumentista di Marco Beltramelli è apparso su Rockit.it il 2020-03-24 19:01:00

Tag: singolo

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