"Se dovessi morire / che porti allora una speranza / che la mia fine sia un racconto". Sono state queste le parole più forti che sono riecheggiate dal palco del Magnolia ieri sera, durante Nessun Dorma: Un concerto per la Palestina. Parole durissime, frutto della penna di Refaat Alaleer, poeta palestinese ucciso da un raid israeliano lo scorso dicembre. A leggerle, Roberta Lippi, scrittrice e giornalista, presentatrice della serata insieme a Carlo Pastore.
Nato da una cordata formata da Circolo Magnolia, Nur Al Habash, DNA Concerti, Panico Concerti, Petricore Sounds, Epic Milano e heART PROJECT, l'evento è stato il risveglio di una parte del settore musicale italiano, colpevolmente silenzioso di fronte al genocidio in corso in Palestina. Un contributo, il tentativo di alzare la voce per chiedere il cessate il fuoco, e per contribuire in modo pratico. Tutti i soldi raccolti dalla vendita dei biglietti, del cibo palestinese preparato da Cuochi ma buoni e delle stampe preparate ad hoc per la serata da una manciata di grandi artisti sarà devoluta a Medici Senza Frontiere, MAP (Medical Aid for Palestinians) e Red Crescent Palestine.
Guardandosi intorno qualche minuto prima che cominci la musica la sensazione era parecchio strana. Era come se il Circolo Magnolia, casa di gran parte della musica milanese, si fosse ibridato con le piazze che ogni sabato da undici mesi si riempiono in ogni zona della città meneghina, in sostegno dei palestinesi. Kefiah e magliette di band, una visione tanto contraddittoria quanto confortante, la fusione - almeno visiva - del music business con l'attivismo politico. Non sarà certo una rivoluzione, ma in questi tempi di indifferenza dilagante fa un certo effetto.
L'inizio delle danze è affidato al cantautorato di due artisti che amiamo in particolar modo, prima Dente, voce e chitarra, con le sue ballate soffuse, e poi Laila Al Habash - accompagnata da Il Cairo -, particolarmente emozionata, viste le origini palestinesi, e visto che lei la bandiera di questo popolo martoriato la porta sul palco con sé da sempre. E con lei iniziano le prime importanti parole, quelle che ricordano l'importanza di creare eventi dal basso, per cercare di non delegare più ad enti più o meno istituzionali il nostro dissenso.
Dopo l'intervento di Medici senza frontiere, attualmente impegnati nel tentativo di vaccinare più persone possibili a Gaza contro la poliomelite, è il momento dei Ministri. "Non stiamo parlando di una guerra, ma di una vendetta, una tortura, una rappresaglia contro una popolazione", così esordisce Federico Dragogna - uno che con le parole è sempre stato abile -, prima di attaccare con La faccia di Briatore, brano perfetto del repertorio della band, una satira caustica sugli interessi miserabili della stampa, che evita notizie di primo grado (vedi un genocidio) per riempire pagine e pagine di pettegolezzi.
Continuano le parole, le testimonianze dei palestinesi, e questa volta la voce di Roberta Lippi scandisce una frase semplice ma efficace, tratta dallo scritto di una studentessa: "siete tutti testimoni". Suona come un monito, richiama quell'essere sempre coinvolti di deandreiana memoria, e ci ricorda che quello che stiamo facendo, pur essendo importante, si discosta di poco dal niente. La presa di coscienza è importantissima, sapere di far parte di un mondo che "non ha mosso un dito" e comunque ribellarsi a ciò è quello che porta i Queen Of Saba sul palco, infiammato come sempre dal loro dance-pop, sempre più politicizzato.
Scavallata la metà è il momento dei grandi nomi, quelli che insieme alla giusta causa hanno probabilmente portato al rapidissimo sold-out della serata. Chadia Rodriguez, lucidissima sia nella performance che nel parlare, annuncia un nuovo brano, il cui ricavato andrà totalmente donato a MsF; Venerus, che presenzia al concerto pur avendo una mano rotta, ricorda l'importanza della creazione di uno spazio di cura; infine Mannarino, ospite inaspettato, apre il suo set danzereccio chiedendo ad alta voce dove sia lo stato italiano di fronte a questo massacro.
Il penultimo atto è dedicato ai quattro set di maggior prestigio: Coez - che si porta con sé l'ormai inseparabile Frah Quintale -, Francesca Michielin, che si accompagna col piano e fonde Nessun grado di separazione con People have the power della regina Patti Smith, Willie Peyote e Ditonellapiaga. Il pubblico ha cantato, ha rumoreggiato forse troppo nei momenti di parola, ma è stato presente, e questo oggi dovrebbe bastare.
Manca un'ora e mezza alla fine, tocca a Cosmo e Populous accompagnarci all'uscita, col loro dj set combinato. Basta una sola frase, pronunciata da Marco, sul senso di far tremare la terra coi nostri corpi, sul senso di non mollare niente, non fare compromessi quando si parla di Palestina, il resto lo fa la musica, una selecta come sempre di grande qualità.
Per citare Vasco Brondi, Nessun Dorma è stato un segno di vita, tardivo ma importante, del mondo della musica, e soprattutto siamo certi sia stato solo il primo. Pastore e Lippi annunciano un secondo appuntamento a Bologna, il prossimo 25 ottobre. E in quel caso sarà ancora più importante esserci. Perché quando si tratta di Palestina non vale la retorica dell'evento speciale. Così come la cittadinanza scende in piazza ogni sabato, il mondo della musica deve riempire i club, le arene, le sale concerto almeno una volta al mese, in lungo e in largo per la penisola. Che Nessun Dorma sia l'inizio per una nuova stagione della musica italiana, più consapevole, più attenta, più realmente politica. Restiamo umani.
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L'articolo Nessun Dorma: il risveglio del mondo della musica in sostegno del popolo palestinese di Gabriele Vollaro è apparso su Rockit.it il 2024-09-10 10:18:00
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