La Fase 1 non c'è più. Inizia qualcos'altro per il nostro Paese, e non possiamo che continuare a essere responsabili e sperare che vada bene (senza andare in giro con tre paia di pantaloncini, magari, se no il governatore si adombra). Di questi due mesi – oltre alla paura, alle incognite e, si spera, al ritrovato senso di comunità – rimarranno, nella tempesta che si è abbattuta sul mondo della musica e sulla cultura in generale, le soluzioni fantasiose che artisti e operatori del settore si sono inventati per non rimanere in silenzio. A colpirci particolarmente è stata l'attività, e l'attivismo, della scena napoletana. Che, come da parecchio tempo a questa parte, anche in digitale si è data da fare non poco.
In terra la campana, come altrove, la modalità del live in streaming è stata quella più gettonata da musicisti, spesso su piattaforme messe a disposizione da locali o festival: c’è chi, come il Lanificio 25 e il festival La Musica può fare, ha partecipato all’iniziativa lanciata da KeepOnLive, #StayON, che sta promuovendo live in diretta dalle pagine di club e festival italiani, chi si è mosso in autonomia come il Club 33 Giri.
Anche l’Assessorato alla Cultura del Comune di Napoli ha lanciato una serie in streaming dalla sua pagina Facebook, con nomi come Zulù, Jovine, Tony Tammaro e Petra Magoni. Alcune realtà attive nella vita musicale della città, come organizzatori o selecter, soprattutto nel vivace circuito dei centri sociali, hanno invece attivato progetti di web radio o simili. Si muovono in questa direzione i set mixati di NaDir.Fm, lo streaming di Funkool Radio e Radio Quarantella, inclusa nel network Radiovirus lanciato dal laboratorio culturale milanese Macao, che ho ospitato anche una comparsata di Franco Ricciardi.
Sono stati tanti, inoltre, i live in diretta diffusi dagli artisti napoletani direttamente sui profili personali, e fra le varie esibizioni ce ne sono alcune che si sono fatte notare e ci ricordano, con tutti suoi limiti, le potenzialità di questo mezzo. C’è Clementino che per Pasquetta ha provato a intrattenere follower e vicini di casa salendo sul tetto del suo palazzo e improvvisando un'esibizione, mentre i Nu Guinea hanno messo su una versione casalinga per 11 musicisti di Pareva ajere, un brano che con la sua nostalgia di vicoli e spiagge sembra perfetto per l’ appucundria di questi giorni ‘nserrati. La possibilità del concerto da casa è servita anche a tenere fede, simbolicamente, ai programmi saltati: nel giorno in cui avrebbero toccato Napoli con il loro tour di reunion, rimandato a dicembre, i 24 Grana hanno regalato ai loro fan una versione casalinga di Accireme che sa di amarezza, ma anche del piacere di rivederli, in qualche modo, insieme.
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Avere tanto, troppo, tempo a disposizione può anche essere l’occasione di inseguire nuove forme di creatività, come Roberto Colella, frontman de La Maschera, che sta spingendo al limite le possibilità di azzeccare da soli in casa con la musica. Per esempio tirando fuori un flauto da una carota, ma anche montando delle one-man cover di The Sound of Silence, per voce e bottiglie di Heineken, e Don’t Worry Be Happy, per voce e un accrocco da cucina con pentole e 3 chitarre. C’è anche una grossa fetta della scena locale che si è mostrata sensibile alle tematiche che riguardano direttamente la pandemia, in primis il sostegno ad un sistema sanitario già messo in crisi da tempo (soprattutto in regioni come la Campania), e adesso protagonista di uno sforzo titanico. Per esempio il trio darkwave Ash Code, che durante un live in diretta seguito da 1200 utenti sparsi per il mondo ha raccolto 1700 euro di donazioni per l’ospedale Cotugno, in prima linea nel contrasto al Covid-19 e nella ricerca di possibili cure.
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Oltre che sanitaria, l’emergenza ha una pesantissima ricaduta sociale: da settimane ormai associazioni, parrocchie e centri sociali di Napoli si sono organizzati per sostenere le persone più in difficoltà con distribuzioni di beni di prima necessità e pasti caldi. Molti musicisti si sono spesi pubblicamente per invitare il loro pubblico a sostenere economicamente le varie iniziative di solidarietà, soprattutto quelle legate ai collettivi, ma non solo. In molti hanno partecipato all’iniziativa C’è Musica in casa: 100 Palchi Aperti per Emergency, e qualcuno si è anche messo in proprio.
Come i Foja, che hanno messo in vendita un brano inedito devolvendo il ricavato, oltre 2000 euro solo nelle prime 24 ore, all’iniziativa di solidarietà messa in piedi dall’Ex Opg - Je So’ Pazzo. Lo trovate ancora sul sito dedicato, Nunn’è ancora fernuta. A proposito di brani inediti, anche a Napoli c’è stato qualche esempio di instant song sul Covid-19: sul versante ironico c’è Coronavirus del duo rap Addolorata con il fumettista Labadessa, a onor del vero uscita a inizio quarantena, quando forse era più facile scherzarci su; dal lato opposto Curona (Sars-Cov-2), una ballata sofferta di Alfredo De Ecclesiis (Bluesaddiruse, La Terza Classe) ispirata dalla lontananza coatta dai propri cari.
Insomma, concerti in diretta e altre trovate da isolamento non saranno la soluzione che salverà la musica live, anche se c’è chi sta pensando a come farne un mercato realistico; sicuramente però in queste settimane hanno dimostrato di essere un piccolo antidoto alla tristezza endemica che tanti di noi stanno vivendo, oltre che un modo di mantenere in piccola parte vivi progetti e piani legati alla musica. E anche di sostenere chi sta contrastando la pandemia e le sue conseguenze.
In tal senso proprio a Napoli, un contesto da sempre molto difficile per i lavoratori dell’arte, si muove qualcosa: fra le varie iniziative segnaliamo quella partita da alcuni musicisti della scena locale, fra cui Marco Messina (99 Posse, Elem) e Marcello Giannini (Nu Guinea, Slivovitz, Flo), che stanno provando a mettere su una piattaforma di discussione e rivendicazioni. In occasione del Primo Maggio hanno rilasciato un video con decine di artisti drammaticamente immobili in camera; ma anche da altri è arrivato un appello al silenzio della musica per questo Primo Maggio in tempi di non-lavoro, comunicato con un post o con un gesto, come la diretta muta del cantautore Gnut.
La musica in quarantena può essere un modo per stare meglio, per mantenere in vita passione e creatività, per provare a sostenere chi ne ha bisogno. Ma deve anche essere un monito a ricordarci che, se la amiamo, è il momento di ragionare e pretendere garanzie affinché ci sia un futuro.
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L'articolo Nessuna città ha suonato come Napoli durante questa quarantena di Sergio Sciambra è apparso su Rockit.it il 2020-05-04 13:44:00
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