Lotta, innovazione e ironia: una nuova onda Queer in Italia

Brutal Casual e R.Y.F. hanno una cosa in comune: entrambi i progetti vengono fuori dall’underground queer italiano. Con loro abbiamo parlato della storia e del presente di questa scena mutaforma, che va dalla occult psychedelia allo shitgaze e il hypnagogic pop

Lady Maru e Jacopo Benassi, i Brutal Casual
Lady Maru e Jacopo Benassi, i Brutal Casual

L'uscita, quasi in contemporanea, dei nuovi lavori dei Brutal Casual e di R.Y.F. ci permette di fare una serie di riflessioni sulla new wave queer di casa nostra all'insegna della lotta, della innovazione e di un pizzico d'ironia. Ma andiamo per gradi. E' persino scontato constatare come in questi anni di grande commistione di generi e tendenze, la conoscenza all'estero, in giri ben precisi, della musica italiana più nascosta e indipendente sia stata ampiamente favorita dalla ramificante pervasività della rete.

E' incredibile però dover ancora una volta ammettere che in Italia vada tutto a rilento, in un Paese preso ostaggio da sessant'anni dalle canzoncine cuore-amore. Solo la rete ha consentito lo sviluppo di un processo simbiotico attraverso il quale molti dei nostri musicisti hanno avuto una possibilità almeno di seguire e, in alcuni casi, di sposare i trend più importanti del ventennio Zero, dalla occult psychedelia allo shitgaze al hypnagogic pop, pressoché in contemporanea con i Paesi in cui prendevano forma e, soprattutto, in maniera meno ossequiosa che in passato.

Lady Maru
Lady Maru

La corrente queer si è rivelata come uno dei sottogeneri più rivisitati degli anni Zero. Nella nicchia delle sottoculture underground, in special modo americane, la rinascita a nuova vita della scena degli anni '60, '70 e in seguito di certi anni '80 (Marc Almond, per dire), ha recato con se il risveglio di tutta una serie di umori che sembravano perduti. Si è trattato, tuttavia, di un recupero rivisitato: quell'iconografia si è scoperta spoglia dei messaggi soft e d'intrattenimento, alla vedo-non-vedo o, meglio, alla dico-non-dico, a cui era pionieristicamente legata. Messaggi che oggi risulterebbero anacronistici. Si pensi a David Bowie o una Ma Rainey.

Così, lasciando de parte la ricontestualizzazione colta di Baby Dee o Antony Hegarty, se quella più o meno consapevole, più o meno trendy, l'ha fatta da padrone su personalità come St. Vincent o Perfume Genius, e qui da noi su Måneskin e Achille Lauro (dandogli badilate di fiducia), il suono di molti altri artisti queer degli anni Zero è passato attraverso le lenti deformanti del punk e delle musiche che vi sono susseguite, sia chitarristiche che elettoniche.

Pensate ai Limp Wrist o a Peaches, o ancora ai Brutal Casual e a R.Y.F. appunto. Perché se una scena queer vera e propria non esiste o tutt'al più bisogna un po' inventarla, perché di fatto, tranne alcune rare eccezioni (La Rappresentante di Lista la più sbandierata, Stafania Pedretti la più militante, poi Vittoria Burattini dei Massimo Volume e Fabrizio Palumbo dei Larsen massicci nelle retrovie), nel nostro Paese esistono ancora pochi coming out. In questo senso, i progetti di Lady Maru con Jacopo Benassi e Francesca Morello non si tirano indietro.

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“Queer è un termine che soprattutto in Italia negli ultimi dieci anni genera troppe contraddizioni – annuisce amara Maru -  diciamo che in ogni caso ci tengo al background più sano con cui ho avuto la fortuna di avere a che fare, e parlo della scena indie americana dal 2000 al 2006, gruppi di Kill Rock Stars e K Records, e poi Numbers ed Errase Errata. E' stato super restare dieci giorni a Olympia Washington ospiti della community punk queer di allora. Per me forse una delle esperienze piu fighe mai avute in tour ”.

Più passionale e personale, Francesca aggiunge: “Quando ho cominciato a cantare, l'ho fatto perché non riuscivo a dire ciò che provavo. Ora continuo a dare voce ai miei pensieri e sentimenti che possono essere condivisi. Il mio essere queer è inevitabilmente legato alla mia produzione artistica. E' un far sentire le persone meno sole, creare rete, alzare la voce per le cose che non abbiamo o per le quali veniamo discriminat*, ma questo è un noi che abbraccia tutte le sottoculture non solo la comunità queer”.

In piena coerenza con il suo curriculum di band e collaborazioni che spazia dai Dada Swing a Le Truc und die Maschine ai Trouble Vs Glue, Lady Maru continua le inquiete esplorazioni del suo sperimentare da anni come dj oramai di respiro internazionale e polistrumentista decisamente sui generis assieme all'artista visivo, fotografo e oramai vero e proprio performer sonoro Jacopo Benassi.

Jacopo Benassi
Jacopo Benassi

Non di sole corde ora straziate ora pizzicate e pulsanti vibrazioni vive il debutto di Brutal Casuality (Industrial Complexx, 2021), nel quale oltre l'abituale ricerca di peculiari dinamiche compositive l'oramai esperta alchimista  romana in compagnia del maestro Jacopo Benassi associa strati di elettronica e marcati accenti ritmici. Una sequenza di dieci (undici nella versione digitale) tracce (9 originali e 2 remix di Fivequestionmarks e Acxx01 & Ybrido) che alternano con grande disinvoltura passaggi cosmici di minimale decadente romanticismo (Die Zukunft), propulsioni dai tenebrosi ornamenti pre-industriali (Everything Will Change) a omaggi postmoderni a una distopica Grace Jones (Chasseur Fashion), il lavoro instaura un intrigante dialogo tra armonia e dissonanza. C'era il serio rischio di un lavoro troppo austero e serioso.

Troviamo invece sprazzi sibillinamente parodistici in Hypemachine e Cultura che danno una luce giusta a un disco/progetto che tutto vuole fuorché supportare una qualsivoglia avanguardia snob. 

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Francesca Morello canta con sicurezza, franchezza e tanta passione. R.Y.F. è il suo progetto, nato in una cameretta di Ravenna come una Kimya Dawson romagnola. Al secondo giro di boa ha acquistato spessore elettronico di apparente matrice clash. Se il debutto di due anni fa (Shameful Tomboy, su Dio Drone), fatto per lo più di corposo songwriting sadcore, ne mostrava l'innata stoffa, Everything Burns (Bronson Recordings, 2021) è un salto avanti: con una produzione precisa e potente, le otto tracce suonano ancora più incisive, mature e compiute, pur mantenendo quella incresciosa intimità dell'esordio (My Sis come 1st Times) nonostante la formula espressiva nuova.

Cassandra, Normal Is Boring e Don't Panic sono il biglietto da visita del disco, colme di crescendo, suggestioni post-punk e dreamy, risultando al tempo stesso affascinanti e inquietanti, assertive e taglienti, cantate come se Francesca fosse il viatico per una catarsi collettiva che liberi dai propri demoni interiori. In Muzik, forse il vertice emotivo dell'album, Francesca dopo un incipit con un pathos degno di Sinead O'Connor declama “Hello mr. look at me / It is always on my mind / It's in my fingers, waiting to play / Is in my throat, desperate to sing”, palesando definitamente come e quanto Everything Burns sia un album di peso.

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In comune tra Brutal Casual e R.Y.F. quindi tre cose: la militanza queer, la passione post-punk e infine l'amore indiscusso per le performance. Se i Brutal infatti sono parte di un disegno ben più ampio che include (oltre a una fanzine collettiva chiamata Brutal Casual Magazine) performance di impro teatrale che prevedono travestimenti e nudità sul palco nonché visual che immortalano in tempo reale lo spettacolo stesso su uno schermo alle spalle, l'intero progetto di Francesca nasce da un’audizione con la compagnia teatrale Motus (che magari non ricorderete per L'Occhio della Belva o Ics ma forse sì per il contributo di Silvia Calderoni al festival multiculturale di Manuel Agnelli del 2013, e che rivediamo nel videoclip di Cassandra), componendo i brani per una nuova produzione basata sull’adattamento di Jean Paul Sartre della tragedia greca Le Troiane intitolata Tutto Brucia, ovvero Everything Burns.

Allora viene da chiedersi quanto è importante il legame performativo rispetto all'attitudine queer e al suo universo? “Io sono una cantante e una musicista – schietta mi dice Francesca - mi sono sempre nascosta dietro alla chitarra perché amo infinitamente cantare e suonare dal vivo, ma mi sento goffa il più delle volte. Quando sono sul palco cerco di dimenticarlo assecondando la mia passione per quello che faccio. Con questo nuovo disco e con Motus cerco di seguire il fuoco che mi brucia dentro e lasciare un po' la timidezza alle spalle. Vediamo che succede.Magari mi vedrete scatenata in danze pazzesche?”. 

La domanda evidentemente è interessante, così Maru soppesa le parole ma alla fine chiosa: “Tutto sommato ha avuto un importanza storica, anche se io sul performativo mi ispiro più a cose surrealiste che mi son sempre piaciute: gruppi assurdi tedeschi che poi prendevano spunto probabilmente dai Residents, o semplicemente in quegli anni  dal '77 al '83 ci fu uno sviluppo in quella direzione synth punk tra voci, testi ed estetica ispirata allo pseudodadaismo. E' talmente surreale e ironico che la trovo queer, ma potrebbe essere solo una mia visione”. 

Maru e Francesca sono sole? Ma manco per finta. Bisogna però saper scavare. Con loro potremmo citare gli Spiritual Front, le Alga Kombu, le Agatha, le Frown,  gli Almagest!, i Polaroid Militia, Her, Lilith Primavera, Populous, Maria Violenza (ex Corpus Christi e Capputtini I Lignu), Alessandra Zerbinati e altri. 

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Paul Beuchamp, Gabor degli Holiday Inn, Irma Trigger, Calembour, Playgirls From Caracas, So Beast...”, prosegue il mio elenco di misconosciute encomiabili realtà Francesca. Come dicevamo, a scavare vengono fuori vermi e gioielli. Forza e coraggio.

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L'articolo Lotta, innovazione e ironia: una nuova onda Queer in Italia di giorgiomoltisanti è apparso su Rockit.it il 2021-09-13 10:01:00

Tag: album lgbt

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