Cima Nicolas Zullo

Dal cantautorato nostrano ai Tame Impala, passando dal folk di Dylan e da noise psichedelici, nell’esordio del giovane di Viareggio, “Credendoti montagna”, c’è tutto: un disco bello e “cinematografico”, ricco di immagini e suoni per inerpicarsi dentro di noi e scoprire (finalmente) chi siamo

Ricordo un articolo qui su Rockit che diceva: "quando esce una bella canzone facciamoci caso". Quella volta si parlava di Vinicio Capossela e The Leading Guy, mentre questo giro c’è da farci caso quando esce un disco così: raro nella tipologia di scrittura, nel concetto di base. Non è un concept album, ma è un disco così fuori dalle logiche di mercato e fatto, semplicemente, di canzoni belle, e che suonano urgenti e oneste a ogni nota e parola. È Credendoti montagna di Nicolas Zullo, cantautore di Viareggio classe '92, con la produzione di Alessandro Fiori (anche lui in rampa di lancio con un nuovo disco in uscita quest'anno).

Nicolas Zullo - foto di Guido e Ilaria Palmerini
Nicolas Zullo - foto di Guido e Ilaria Palmerini

L'esordio di Nicolas Zullo nasce da una lunga e sofferta selezione da tantissime canzoni scritte tra il 2019 e il 2020, andando a ricercare a fondo nel valore dei sogni, la dimensione onirica, i segreti che ognuno si porta dentro, una ricerca probabilmente figlia anche degli studi in filosofia del cantautore toscano. Un'indagine, un mistero che viene ulteriormente codificato in testi lontani dall’immaginario comune, fatti di immagini spesso astratte e di periodi sospesi, frasi il cui completamento è affidato a chi ascolta attraverso la lente del proprio vissuto. Ma perché sospesi? Per troppa indecisione o dolore nell’affrontare la ricerca di quella parola che avrebbe completato la frase? Della motivazione che avrebbe completato il concetto? Gli artisti sono umani come noi, sono fragili. E in Aiutami, la prima traccia, la richiesta d’aiuto è lampante.

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Credendoti montagna è un disco che va seguito nelle tante strade che imbocca, ognuna verso una influenza diversa, dal cantautorato classico di Battisti, De André e Dalla – e loro discendenti come Andrea Laszlo De Simone –, quello di matrice folk di Dylan, fino alle variazioni strambe e eteree di Tame Impala e Connan Mockasin, alla ricerca di una consolatoria conversazione tra ragione, sentimento e la più profonda natura umana.

Con lo scorrere delle tracce ci si addentra sempre di più in questa ricerca di sé – anche se non è esattamente un concept album puro – e, proprio come una strada di montagna, più ci si addentra più la chiarezza quasi acustica dei brani si rannuvola e scurisce. Tessiture psichedeliche di synth e piccoli noise coprono lo spiraglio verso il cielo, prima apertissimo fino a Fondamentale, punto di svolta con deliziose citazioni beatlesiane. È questa la via di mezzo tra le anime del disco prima di incontrare i primi personaggi curiosi e misteriosi di questa selva oscura, come il gatto fascista di Eucalipto e pungitopo.

Le ispirazioni sono chiare e funzionali a esplicitare ancor di più il senso delle inquadrature: la ricerca dell’identità di Se fossi avviene in mezzo a una atmosfera circense da Sgt. Pepper, mentre nell’ipnotica Stupore c’è l’analisi di un individuo tra passato e futuro, con echi di Non al denaro, non all’amore, né al cielo ambientato su un altro pianeta che abbiamo raggiunto al vertice della collina di Spoon River. E ormai è chiaro, qui non è una collina, ma una montagna.

È scrittura cinematografica, ricca di immagini e uno storytelling applicato a sonorità vintage che abbiamo scoperto con Lucio Corsi, Dente o Alessandro Fiori che è anche artefice proprio di quelle trame di Synth e Violini che ci impediscono di guardare al cielo da metà del nostro percorso in poi. "La personalità di Alessandro Fiori ha influito in modo netto su di me", ha detto Zullo riguardo la collaborazione. "Ancora prima di conoscerlo realmente, la sua musica e i suoi testi sono stati una grande fonte di ispirazione. Durante le registrazioni, la sua esperienza e il suo incredibile estro sono stati determinanti. In pochi giorni è riuscito a entrare perfettamente in linea con i miei brani". 

Nicolas Zullo nel verde - foto di Guido e Ilaria Palmerini
Nicolas Zullo nel verde - foto di Guido e Ilaria Palmerini

Bisogna farci caso quando esce un disco come Credendoti montagna, se non altro per la ricchezza delle ambientazioni, delle parole, tante e usate sempre nel modo più icastico possibile, senza sbrodolarsi in espressioni vuote o di plastica, ma sempre per aggiungere un dettaglio in più, una domanda in più, senza dare risposte ma stimolare ancora altre domande, le stesse sparse in questi dieci brani, le stesse che ci faremmo addentrandoci in un misterioso percorso di montagna, per ritrovarci soltanto con noi stessi, figli della natura e di “una madre che una volta era una campagna”, facendo i conti con l’identità, i sogni, gli incubi. Non solo un pregevole disco d’esordio ma anche un viaggio introspettivo a misura di sognatore che, senza la paura di suonare anacronistico, finisce per essere senza tempo.

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L'articolo Cima Nicolas Zullo di Marco Mm Mennillo è apparso su Rockit.it il 2022-04-15 13:00:00

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