Io e il mio direttore stamattina parlavamo amabilmente di Nomadland e di come sarebbe bello provare a vivere cagando nei secchi di plastica e muovendosi in macchina lungo la penisola, un po' come fa Frances McDormand (la più brava di tutte) nel film di Chloé Zhao, vincitore agli Oscar, che ha pure un po' d'Italia dentro: la colonna sonora di Ludovico Einaudi. Sono le chiacchiere da riscaldamento, quelle fatte la mattina presto sull'onda emotiva, perché se una vita nomade ha di certo il suo fascino, specie dopo un anno e (quasi) mezzo chiusi in casa a fare le bolle, transumare nelle grandi pianure americane è un po' diverso dal parcheggiare davanti al Parco Nazionale d'Abruzzo per essere multati dai vigili urbani o dalla forestale.
Lo diceva anche Francesco Guccini nel presentare una versione particolarmente blues di Statale 17 nel suo Album concerto coi Nomadi del 1979, facendo un'ironica analogia tra Sulla strada di Kerouac e il suo potenziale corrispettivo italiano: "Quella sera partimmo John, Dean e io sulla vecchia Pontiac del ’55 del babbo di Dean e facemmo tutta una tirata da Omaha a Tucson… e poi lo traduci in italiano e dici: quella sera partimmo sulla vecchia 1100 del babbo di Giuseppe e facemmo tutta una tirata da Piumazzo a Sant’Anna Pelago. Non è la stessa cosa".
La cassettina di questo disco si era praticamente sciolta nel mangianastri dell'auto di mio padre, che la rigurgitava a ogni gitarella fuori porta e mi faceva sognare di funghi atomici, primavere di Praga, dèi morti nei campi di sterminio e, ovviamente di un bell'incidente stradale nell'autostrada in cui "cercavi la vita ma hai incontrato la morte". Per me piccolissimo, musica top ma parole non esattamente da mandare a memoria per dormir bene la notte. Ora arriva un gancio inaspettato e incredibile, un plot twist degno di Black Mirror: i Nomadi, nella loro centomilesima formazione, sono ancora vivi e lottano non solo in ogni festa di paese italiana, non solo sugli adesivi SEMPRENOMADI da appiccicare sulle auto con la marmitta fuorilegge, ma anche dalle parti alte della classifica FIMI proprio in questo momento.
Potete figurarvi lo stupore quando, consultando gli album più venduti per farmi un'idea, ho notato l'anomalia per eccellenza: al quarto posto tra i Top Album, Solo esseri umani dei Nomadi. Prima dei Maneskin, di Achille Lauro, di Mace, Capo Plaza, Sfera Ebbasta e Ernia. Fa il culo a Justin Bieber e Dua Lipa, i Greta Van Fleet li piglia di tacco, Harry Styles è una barzelletta al confronto. Gli unici che possono guardare dall'alto in basso i Nomadi sono Madame terza, Gue Pequeno & Dj Harsh secondi e Franco126 primo, ma chissà quanto tremano quei 126 scalini di Via Dandolo a Roma, sotto i pesanti passi dell'elefante più longevo della storia italiana.
Nella sezione Vinili, i Nomadi sono addirittura terzi, e lì prendono a pedate The Wall dei Pink Floyd, Nevermind dei Nirvana e Legend di Bob Marley. Ora, magari sui vinili ci può stare, perché in quella classifica stazionano tanti classici, ma quel posto così alto tra i top album ci lascia di sasso. Non ricevendo alcunché dall'ufficio stampa dei Nomadi, ci mettiamo alla ricerca di info e scopriamo che l'album Solo esseri umani è il primo per l'etichetta BMG e tipo l'ottantesimo (considerando studio, live e raccolte) della band più longeva del pianeta o quasi: mai sciolta dal 1963. Va bene, ma come ha fatto questo disco a stare là sopra, prima ancora di quei progetti a target teenageriale che vengono messi in loop dal telefono nelle casse bluetooth dei ragazzi al parco, monopolizzando la classifica?
Il primo singolo dallo stesso titolo vede la partecipazione di Enzo Iacchetti, ma comunque mica si parla di Fedez: improbabile che la sua presenza sia così influente da far volare un disco. Allora che è successo? Intontito da questo hackeraggio profondissimo del business, faccio indagare i ragazzi più giovani se sanno nulla di balletti su TikTok a tema Nuovo album dei Nomadi, ma mi sembra tutto talmente assurdo che ne rimarrei scioccato a morte. Mi confermano che sulla piattaforma cinese delle coreografie, I Nomadi non funzionano granché. Abbattuto ma non ancora vinto, come il Rocky proletario di fine Settanta all'ultima ripresa, tento il tutto per tutto e contatto direttamente la FIMI per comprendere l'attualità.
Mi si risponde che non risultano assurde campagne virali a carico dei Nomadi, che il disco è uscito il 23 aprile e che, semplicemente, è andato molto bene. Non sono gli unici della vecchia guardia a fare grossi numeri: Ornella Vanoni ha debuttato in terza posizione e Renato Zero in seconda, nella loro settimana di uscita, ma loro sono artisti ben più mainstream, molto spesso ospiti in tv, coperti da tutti i media. I Nomadi no. Va bene, Beppe Carletti, che è il tastierista e l'unico membro originale a portare avanti la band, è andato a Verissimo per parlare della storia del gruppo, ma insomma, questo non basta a far schizzare un disco in Top 5.
Intanto, il nuovo album per ora non si trova su Spotify, nella piattaforma di streaming è presente il singolo Solo esseri umani con Iacchetti, mentre su YouTube c'è il solo clip della canzone Frasi nel fuoco, dunque se volete ascoltarlo lo dovete comprare. Poi parliamoci chiaro: la fanbase dei Nomadi è una delle più fedeli di tutti i tempi: gente che ha visto la propria band del cuore cambiare un quintale di cantanti dopo la scomparsa di Augusto Daolio nel 1992, e che ha continuato a supportare la band in ogni uscita pubblica, dalle tante sagre e feste di paese ai concerti più voluminosi. Una tribù di persone con fascette, spillette, magliette, che si commuove ora come quarant'anni fa a cantare Io vagabondo.
Ho ascoltato quelle due canzoni che si trovano online, non mi piacciono e quindi non si concretizza il finale telefonato in cui si parla di quanto sia importante questo disco per il futuro della musica, dell'album che segna la rivincita dei boomer sui trapper. Sono i Nomadi, fanno quel rock italiano coi valori dentro che, a chi piace, piacerà sempre e tramanderà ai figli e ai nipoti, affollerà i concerti e ci piangerà un po'. Non faccio parte di quella gang ma nutro un profondo rispetto per chi c'è dentro.
Due sono le possibili conclusioni: come prima cosa, è bello poter pensare che un album possa arrivare in classifica senza l'influencer di turno, senza lo streaming e senza l'hype, solo grazie all'amore dei fan che comprano ancora i dischi. La seconda è più bizzarra: a questo punto, ci aspettiamo che in un dissing tra rapper esca fuori la barra "Signori mettetevi comodi, il disco di *** ha venduto meno dei Nomadi". Mic drop, tutti a casa.
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L'articolo Da Nomadland ai Nomadi di Simone Stefanini è apparso su Rockit.it il 2021-05-04 16:29:00
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