Alekos Zonca, 23 anni, arriva da Torino. È un cantautore: con il progetto Narratore Urbano sta lavorando a Post, un album a capitoli con cui il giovane artista si ispira a Le Luci Della Centrale Elettrica, The Zen Circus, e ammicca al rap di Rancore e Murubutu. Ci scrive dopo aver letto l’articolo Un paese di musichette mentre fuori c’è la morte: "È vero: gli artisti che potrebbero utilizzare la propria notorietà per affrontare tematiche (almeno parzialmente) di tipo politico, sociale e ambientale, sono indifferenti", dice.
"Ora più che mai, nell’era dei social network che tendono a polarizzare le riflessioni e i punti di vista, sarebbe necessario trattare questo tipo di temi in maniera approfondita e non scontata. In modo da conferire nuovamente alla musica il ruolo di catalizzatore del pensiero umano", continua. La sua riflessione pone il tutto, però, di fronte a un dubbio: "Quotidianamente, mi trovo a rapportarmi con artisti e musicisti che trattano di certi temi, anche con riflessioni a mio avviso molto profonde, ma che hanno la sfortuna di essere ancora relegati alla scena emergente delle singole città e di cui si fa sempre meno menzione nelle testate e nelle webzine di rilievo".
Nel caso specifico di Torino (dove Alekos vive e fa musica), il cantautore ha la sensazione che trattare tematiche di spessore non sia una caratteristica peculiare di singoli. Quanto un’esigenza comune di una scena e di un movimento più vasto che si è sviluppato nel capoluogo piemontese negli ultimi due anni. Al punto che, qui, molti "indipendenti" provenienti da altre città d’Italia abbiano trovato terreno fertile per le proprie canzoni.
"Attorno ad alcuni di questi artisti si è creato molto interesse anche da parte di volti noti del panorama italiano. E soprattutto del pubblico locale, che spesso frequenta i concerti proposti con interesse e partecipazione attiva", segnala il ragazzo. C'è un problema, però: "Questi artisti restano bloccati nella scena cittadina o regionale, senza trovare risposte concrete da parte delle etichette discografiche (anche indipendenti), una conseguente eco mediatica e le risorse per poter sviluppare in maniera concreta i propri progetti artistici-musicali".
Parlando con alcuni suoi colleghi, Alekos ha avuto questa sensazione: "È come se fossimo tornati a un’era precedente al periodo d’oro dell’indie degli anni '10. Un periodo dove mancava il coraggio, anche da parte di piccole realtà, di investire su progetti che uscissero fuori da un certo standard". Di conseguenza, per farsi conoscere al grande pubblico (o banalmente farsi ascoltare dall’editore di un giornale) si è costretti a dover essere, per citare l’articolo, o dei "trapper che parlano di spaccio, soldi e ragazze facili" o "cantautori di terza generazione che frignano su storie d’amore finite male ai tempi dell’iPhone".
Si sa: il primo indie (ora it-pop) e l’onda rap/trap (un tempo considerati innovazione e relegati alle nicchie di mercato), ora sono diventati mainstream: "E hanno impedito ai nuovi indipendenti e alle nuove sperimentazioni artistiche e sonore di trovare anche solo una nicchia di ascoltatori", secondo il Narratore Urbano. "La verità è che grattando sotto la superficie della musica più commerciale e più diffusa dai canali si possono trovare delle proposte interessanti e delle tematiche che escano fuori dal canone degli anni ’20 del nuovo millennio. Artisti legati alla contemporaneità con uno sguardo critico, che scrivono testi per parlare dell’attualità e della realtà che ci circonda", dice. E cominciano gli esempi, tutti presi dalla scena torinese.
Se si parla di omofobia e del tanto discusso Ddl Zan, Alekos pensa alla cantautrice Francamente (che ricorda un po' la "prima" La Rappresentante di Lista, ndr) e il testo del suo ultimo singolo, Bombe in Colombe. Brano che racconta in maniera diretta la storia di una coppia non eterosessuale, costretta a subire la violenza verbale e fisica di una società che non vuole accettare il diverso (il tema verrà trattato anche nella futura uscita Manicomio, ndr).
L’abbandono delle nuove generazioni a un futuro incerto in cui le catastrofi climatiche e gli scontri sociali saranno la quotidianità, sono centrali nei brani Eredità, PM10, e Sete dei Carthago, band che ritrova nelle atmosfere hardcore e nu-metal un modo per incanalare la rabbia di una generazione inascoltata e che "cinicamente dovrà aspettarsi il peggio", aggiunge Alekos.
Lo scontro tra le vecchie e le nuove generazioni (statisticamente più povere e con meno opportunità), è trattata con ironia pungente dal brano BlaBla della cantautrice Rossana De Pace. "Che nei suoi concerti dal vivo mischia riferimenti alla musica popolare pugliese, le stratificazioni sonore tipiche dell’elettronica e della sperimentazione strumentale", dice il nostro Narratore Urbano.
Tra i brani previsti in uscita, il cantautore anticipa L’alternativa, riflessione della giovane cantautrice sul rapporto precario e conflittuale tra cittadini e istituzioni. E 233 Gradi Centigradi, brano (in collaborazione con Narratore Urbano) sulla questione climatica e sulla necessità, spesso inascoltata, di invertire la rotta.
Il tema legato al disinteresse verso i beni culturali e alla pigrizia (tutta nostrana) di risolvere svariate problematiche e mantenere in salvo le nostre bellezze, è centrale in Ju mi Siddriu di Anna Castiglia. "La cantautrice catanese, residente a Torino già da anni, parte da una riflessione molto ironica sulla Sicilia per estendere il discorso all’intero Paese", dice Alekos.
Nell’ultimo anno e mezzo sono state tante le riflessioni sulla pandemia di SARS-CoV2 e sui risvolti psicologici del lockdown: "Con profondità e senza menzionare mai il gergo tecnico legato all’emergenza sanitaria (sia scientifico che giuridico), ma concentrando l’attenzione sugli aspetti più viscerali e legati all’incontro con le nostre fragilità, la band piemontese Igloo ha pubblicato Future Fratture, Chiedimi e Insonnia". Poi, Crociate e Lamiera dei sempre piemontesi Atlante, che hanno trattato anche degli incendi boschivi in I Boschi Bruciano, brano del loro disco del 2019 Un'entropia di immagini e pensieri.
"Infine", conclude Alekos, "le speranze e lo spirito di lotta delle nuove generazioni, possono essere riassunte nel confronto con la battaglia portata avanti dal quartiere ateniese Exarchia, nell’omonimo brano del cantautore Mattia Bonetti".
"Questo, in realtà, è solo un breve e istantaneo elenco da cui potrebbe essere interessante partire per una ricerca più profonda", dice Alekos. Che dà altri nomi (non solo appartenenti alla "scena torinese" di cui si è parlato finora): Rumo, Irene Buselli, Cheriach Re, Fratellislip, Chelo, Errico Canta Male, La Gabbia.
Anche Narratore Urbano parla di politica e altri temi impegnati nelle sue canzoni: dalle derive totalitarie di 1939 e Articolo 1, al razzismo sistemico e alla violenza delle forze dell’ordine in 25MAG (relativa alla vicenda George Floyd). Poi, la violenza di genere in Zucchero Filato, storie di immigrazione in Granchietti e conflitto tra bellezze artistiche e impietosi scandali nel bel paese in Sei, in un paese meraviglioso.
"Questa breve disamina vuole dimostrare che se in una scena di media portata come quella torinese si può trovare una così numerosa proposta di brani (e soprattutto di generi) che trattano tematiche di rilievo, è facile pensare che in ogni città ci sia un cospicuo numero di artisti che spingono verso questo tipo di scelte", osserva Alekos.
È da considerare, poi, che la maggior parte degli artisti menzionati abbia non più di 27 anni e che siano molte le proposte sotto i 25 anni: "Si tratta di idee attuali viste con l’urgenza di chi ha ancora tutta la vita davanti e tutto il tempo per subire le conseguenze delle proprie scelte". "A mio avviso", continua il Narratore Urbano, "il problema non è tanto nella carenza di questo tipo di proposta artistica, quanto nel disinteresse verso chi, attraverso la musica, propone riflessioni su certi temi".
La domanda sorge spontanea: a essere disinteressati nei confronti della musica che tratta temi sociali e politici è l’ascoltatore (ormai assuefatto da situazioni di cui si parla costantemente), o è l’industria discografica (che non investe perché teme che tutto ciò non sia d'interesse, quando in realtà molti ascoltatori sarebbero attenti)?
Questa la risposta del Narratore Urbano, che è un po' anche la nostra: "Se non si dice che questo tipo di artisti esiste, se non se ne parla nelle webzine e nei gruppi social, come si può sperare che il pubblico trovi un’alternativa alle "musichette mentre fuori c'è la morte"? Se l’unico valore riconosciuto è quello che si da alla musica più commerciale (nel senso anche positivo del termine, in certi casi ne abbiamo anche bisogno, ndr), come possiamo sperare che in futuro altri artisti prendano in considerazione la possibilità di scrivere canzoni impegnate?".
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L'articolo Non è (solo) un Paese di musichette e Torino lo dimostra di Redazione è apparso su Rockit.it il 2021-08-19 10:30:00
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