Nuova Scena: il quasi reality sul rap di Netflix è quasi riuscito

Abbiamo guardato lo show di Netflix con Fabri Fibra, Geolier e Rose Villain in cerca di nuovi talenti delle rime. Ci sono passaggi che sanno di fake lontano un km, ma anche tanta musica e passione vera. Visti i drammatici precedenti (il rap in tv non funziona quasi mai), poteva andare molto peggio

Geolier, Fabri Fibra e Rose Villain - foto di Karim El Maktafi
Geolier, Fabri Fibra e Rose Villain - foto di Karim El Maktafi

Prendiamo la crisi d'identità in cui sta rischiando di cadere il rap in Italia, prendiamo la nostalgia che i rapper over 40 hanno dei tempi d'oro, dell'underground, delle battle su MTV, prendiamo il desiderio - comunque sincero - di avere un posto dentro un mondo che visto da fuori può sembrare meno spietato di quello che realmente è. Mescoliamo tutto. Ed ecco Nuova Scena, il nuovo show targato Netflix, un talent che vuole cercare la nuova voce del rap italiano. Abbiamo visto le prime 4 puntate, uscite sulla piattaforma lunedì 19 febbraio.

Geolier, Fabri Fibra e Rose Villain guidano i giochi, partendo dalle città che hanno dato loro il battesimo artistico, Napoli, Roma e Milano. Qui, scegliendo luoghi simbolici per le rispettive scene - Da Piazza Ciro Esposito alla Scalea del Tamburino, Dal Berlin Cafè fino alla licenza tutta napoletana dello stadio Maradona - hanno incontrato amici, nomi grossi del rap game, che hanno consigliato loro concorrenti da ascoltare seduta stante, per scegliere il gruppo da portare alle Auditions, presso i Magazzini Generali di Milano. Non c'è un numero prestabilito di concorrenti da selezionare, non ci sono squadre o giudici, tutto è costruito seguendo il flow, il sentimento. E la cosa funziona, almeno per i primi due episodi.

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Le tre guide hanno le idee chiare, e non si tirano indietro, sparano citazioni su citazioni di se stessi cercando di segnare la strada per nuove leve. E in questo Nuova Scena prova subito a differenziarsi dagli altri talent, sulla carta. Non si fanno sconti a nessuno. Fibra parla di allontanarsi dai cliché, Geolier di trovare il cuore di ciò che si vuole comunicare, Rose dell’impegno e della fatica che ci vogliono per raggiungere obiettivi nella musica. Potrebbe sembrare la fiera delle banalità, ma è forse la cosa più vera e giusta che si sente in queste prime quattro puntate. Nelle strade di queste metropoli, seminali per l’hip hop nostrano, i tre pretendono dagli aspiranti rapper il meglio delle loro capacità, e continuano a insistere su questo tema, come per voler far vedere al mondo esterno una ferita che il rap italiano sembra non riuscire a curare: il conformismo.

Usciti dalle intenzioni però la forma e lo stile delle prime tre puntate sono molto poco sinceri e spontanei. Riprese coi droni a tutto spiano, costruzione ad hoc delle location per renderle esteticamente ineccepibili, due ore di videoclip generico rap che vede la partecipazione straordinaria di un numero di ospiti elevatissimo: Lele Blade, Ernia, Squarta, Rocco Hunt, Young Snapp, Guè, Ketama126, Lazza e Nayt sono i consiglieri dei tre giudici, l’album di figurine perfetto per un appassionato che accendendo svogliatamente Netflix potrebbe trovare in una botta sola tutti i volti che idolatra ogni giorno a suon di stream.

L’altro perno fondamentale di Nuova Scena è la centralità della musica. Si tratta di un rischio, perché la spettacolarità che arriva da una bagarre Morgan-Fedez o dal trash sanremese non la si vede nemmeno col binocolo, però in qualche modo è anche giusto che il rap si ripulisca da tutti gli orpelli che lo stanno schiacciando negli ultimi anni, per tornare ad essere una cosa fatta da poche persone di gran talento, per un grande pubblico. Il pubblico di Nuova Scena non è creato a tavolino, ma sono quelle persone che seguono i primi passi di un artista prima decollo di carriera. Quelli del “lo seguo da quando…”. Si parla con un linguaggio tecnico, di barre, di extra beat, di delivery, soprattutto nella quarta puntata, le già citate Auditions.

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I concorrenti che hanno convinto i singoli giudici in strada ora devono superare il giudizio di tutti e tre per andare avanti. Sul loro cammino si frappongono altre persone selezionate non si sa bene come. Qualcuno prosegue, qualcuno va a casa, quelli nel mezzo vengono mandati nel ring di una battle freestyle che vedremo settimana prossima, e che probabilmente darà un po' di brio ad uno show abbastanza educato finora. Ai Magazzini c'è un gruppetto di persone a fare da pubblico, un centinaio di esaltati che fanno un gran casino, tiene il tempo e segue i rapper nei cori. Nessuno mette in dubbio che siano figuranti, però c'è modo e modo di dirigerli, e questo è un modo efficace.

Ma la musica? La musica c'è, ce n'è molta, non è notevole, ma nemmeno di così bassa qualità, come vediamo su trasmissioni di tv private di questi tempi. Il grosso problema sono i concorrenti, che arrivano col personaggio già costruito, la biografia impacchettata alla perfezione, che cercano di strafare prima ancora di attaccare con la prima barra. Lo fanno quasi tutti, è molto strano, e per questo gli consigliamo di studiare lo Zeta di Izi, protagonista nell'omonimo film di Cosimo Alemà, che arrivava tutto timido e musone sul palco del Bomboclat e rompeva il culo a tutti. Era un prodotto di finzione, questo è un quasi reality, eppure lì la costruzione della spontaneità era così ben architettata da essere impercettibile. Il rap game sta provando mettersi a nudo, a raddrizzare la barra (e le barre), non sappiamo se Nuova Scena sia la strada giusta, ma stiamo a guardare, abbastanza fiduciosi.

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L'articolo Nuova Scena: il quasi reality sul rap di Netflix è quasi riuscito di Gabriele Vollaro è apparso su Rockit.it il 2024-02-22 09:39:00

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