Avete presente le capsule del tempo? Quelle scatolette di metallo riempite con oggetti preziosi che si sotterrano o si nascondono per essere tirate fuori dopo anni e anni. Si usano per conservare i ricordi e farli resistere al passare del tempo. In questo caso 40 anni.
Vi avevamo avvisati, i CCCP stanno per pubblicare un nuovo album, in realtà Altro che nuovo nuovo. Il titolo già dice tutto, di nuovo nuovo non c’è nulla. Ma saltano fuoritre pezzi inediti – Oi oi oi, Onde e Sexy Soviet –, dimenticati nella capsula del tempo e mai dissotterrati, oltre a un intero live della band. 3 giugno 1983, Reggio Emilia, palestra circolo Galileo, non un concerto qualsiasi, ma il primo, che potremo ascoltare nell'album in uscita il 23 febbraio. Non vi basta? Bene, perché i CCCP questa mattina hanno annunciato anche un tour in estate (la reunion era andata così).
La storia di questo disco ha del miracoloso. Registrato con un nastro magnetico oltre 40 anni fa, è stato poi perso. Passano gli anni, arriva la famigerata mostra, FELICITAZIONI!, e c’è da mettere sottosopra tutto il materiale accumulato dalla band negli anni. Salta fuori anche il nastro. Non so immaginare la sorpresa quando è capitato tra le mani di Ferretti e compagnia. Viene mandato a Milano, in uno studio di mastering che non riesce a recuperare il contenuto. 40 anni sono troppi per un nastro magnetico, “abbiamo poi scoperto che con quella marca precisa di nastri era ancora più difficile”, dice Massimo Zamboni alla conferenza stampa di stamattina a Reggio Emilia.
Ma il nastro non viene buttato. “Noi siamo dei collezionisti”, continua Zamboni, “ce lo siamo fatti rispedire indietro”. Poi parlando con la Universal decidono di riprovare e lo rimandano a Milano, “al massimo non funziona nemmeno sta volta”. E invece funziona. Altro che nuovo nuovo è quello che i CCCP hanno trovato nella capsula del tempo riempita da Giovanni Lindo Ferretti, Massimo Zamboni, Agostino “Zeo” Giudici e Umberto Negri con un anno di prove alle spalle.
In quel concerto c’è tantissimo del passato della band (nata da poco ma già molto prolifica) e del suo futuro. Giovanni Lindo Ferretti seduto al tavolo della conferenza stampa spiega che in quell’anno, dalla nascita dei CCCP al concerto al circolo Galileo, si suonava tutti i giorni e tutti i giorni arrivava qualcuno a sentire, e tutti i giorni c’erano nuovi stimoli, testi, arrangiamenti. Così già in quella prima esibizione suonarono Emilia paranoica, Mi ami, Noia, Sono come tu mi vuoi e altri brani che compariranno ufficialmente nella discografia dei CCCP degli anni successivi. Ferretti, però, ci tiene a specificarlo: “La storia dei CCCP è la storia di un palcoscenico, non di una discografia”, come per dire – almeno, secondo me – che Altro che nuovo nuovo sono i CCCP a casa loro, su un palco a Reggio Emilia, e non in uno studio di registrazione.
Questo è ancora più importante della retromania di un disco pubblicato 40 anni dopo l’incisione. E qui arriva il bello di questo disco – che poi è il bello dei CCCP –, si prestano a un’estetica e a un immaginario magnetico e addirittura instagrammabile. Poi la storia del nastro perso e ritrovato e da buttare e infine salvato è davvero da film, o meglio da reel. Ma questo è punk, per entrarci dentro bisogna essere allenati a quella forma, e nel caso dei CCCP anche alla quantità di contenuti. Io faccio ancora fatica ad ascoltarmi di fila tutto un loro disco, e forse sarà proprio questa pesantezza, queste chitarre sozze e grattugiate a tenere questo racconto fuori dal turbinio delle mille storie instagrammabili.
Prende il microfono Danilo Fatur per dire che in queste canzoni c’è già tutto il percorso dei CCCP. La chitarra sporca, “grattugiata” dice Ferretti, la voce con quell’atteggiamento inconfondibile a metà strada tra il sovversivo punk scalmanato e urlante e il timbro tondo e pieno di un omone dell’Appennino. Allora erano tutt’altro che omoni. Giovani lavoratori e universitari che cercavano di non laurearsi in medicina (vedi Zamboni). Si suonava tutti i giorni e tutti i giorni usciva roba nuova, finché qualcuno ha fatto i conti con la vita, ha preferito laurearsi e poco dopo quel 3 giugno 1983 ha appeso lo strumento al chiodo. Da quel punto inizia la storia dei CCCP come la conosciamo.
“Anche io stavo per laurearmi, stavo scrivendo la tesi”, dice Ferretti. Corso di laurea in DAMS, tesi in musicologia dal titolo Ideazione di un ipotetico gruppo punk nell’Emilia degli anni Ottanta. Nel giro di poco tempo Ferretti torna dal professore: “Professore ho un problema, è più interessante la realizzazione nella realtà che l’ideazione ipotetica”.
Avanti veloce di 40 anni, sempre a Reggio Emilia. La conferenza stampa è iniziata da poco. Luca Zannotti – manager della band – guarda la platea di giornalisti come un genitore guarda i figli in attesa di un regalo. “Adesso posso confermare… ci sarà un tour estivo dei CCCP, ma per ora non posso dire di più”.
Al di là dell’emozione e delle ipotesi della band su come saranno i live, quello che colpisce è la serenità con cui dei “vecchietti”, parola di Ferretti, porteranno sul palco canzoni così punk. Punk nel vero senso della parola, punk come una batteria che mentre suona si ferma di botto alla fine del ritornello e ricomincia a suonare sghemba in questa versione di Mi ami. Ma punk anche come il cantante a cui non frega niente, canta per sé, per la band, e se la batteria è un attimo indietro manco se ne accorge. O forse finge di non accorgersene. Punk come l’intervento di Zamboni di questa mattina. “La pecca più grande dal punto di vista tecnico sono io. Ci sono un paio di clamorosi errori di chitarra che però abbiamo tenuto, perché fa vita anche questo. Non lo guardo con condiscendenza come si fa rispetto a una cosa di quando eri ragazzo, parlo con molto rispetto. Ha ragione Danilo (Fatur, ndr), c'era già molto dentro a questo”.
Giovanni Ferretti, Massimo Zamboni, Annarella Giudici e Danilo Fatur si scambiano occhiate, ridono. Dopo gli interventi qualcuno da quasi sempre una pacca sulla spalla a chi ha parlato. Hanno quella confidenza dei montanari con cui rispondono anche alle domande incalzanti sulla loro tour da “vecchietti”. Risposta montanara di Ferretti. “Quando dico che Fatur era un bronzo di Riace e ora è un copertone, non si offende”. Poi continua. “Abbiamo tre batterie sul palco che fanno paura. C'è comunque un’energia anche per un vecchietto, che insomma finché Dio mi lascia la voce, cantare le mie parole mi torna anche abbastanza bene”.
Fatur chiude con un lapidario: "Comprate questo disco e siate fedeli alla linea". E penso che non sia solo una frase simpatica. In questo disco c'è molto di quello che sarà un'esperienza di 40 anni, sia a livello sonoro che di attitudine, anche se ancora in fase embrionale. È stato fatto da un gruppetto di ragazzi che, come dice Ferretti, volevano solo fare qualcosa in quell'Emilia paranoica degli anni Ottanta. Loro in un anno, in montagna, senza saperlo hanno già fatto i CCCP. Questo è il disco dei fedeli alla linea.
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L'articolo Ci sarà un tour dei CCCP e sarà semplicemente incredibile di Martino Fiumi è apparso su Rockit.it il 2024-02-16 14:46:00
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