Sembra non arrestarsi il periodo buono per la musica punk in Italia: a scadenza mensile stanno uscendo pregevoli titoli a getto continuo ed è francamente sempre più difficile, ormai, la conta delle proposte che arrivano alla soglia dell'eccellenza. Non potrei giurarlo ma oserei dire che sia stata l'aria, l'acqua, la pasta e la prolungata obbligata astinenza degli ultimi anni a far sì che molte facce, più o meno note, abbiano deciso di ristrutturare la propria scorza opponendosi così alla forza dell'inerzia, evitando il rammollimento cerebrale ancor prima di quello delle carni.
I sardi Sangue con il loro nuovo disco, primofull lenght della loro produzione, dopo un Ep nel 2019 (Sangue, Indiebox Music), sono sicuramente annoverabili nell'elenco delle squisitezze. Il loro disco si chiama 13 pezzi. Vengono dalla Sardegna, da Olbia per la precisione. Dove fare musica, un certo tipo di musica, non sempre è semplice. “Qua in Sardegna siamo sempre più o meno gli stessi. Ci sono delle piccole eccezioni, come i Regrowth da Cagliari o i nostri concittadini Blaze, entrambi molto più giovani ma cari amici”, raccontano i membri della band.
13 pezzi è un'opera tra le più argute e interessanti uscite in questo incipit di 2022, e posso garantire che ciò potrà suonare evidente già al primo ascolto. Nonostante la palese similitudine nella durata fulminea (9 minuti per 8 tracce quello, 14 per 13 questo), non diremmo “ramonesiana” se non fossero loro stessi a darci l'okay (“A questo giro abbiamo messo anche qualcosa dei Ramones, per il nostro modo di intendere la musica e dei quali siamo fanatici”). Scordatevi quindi, almeno in parte, quello che avete sentito in passato dal gruppo olbiese.
Il disco (sempre per Indiebox Music) è decisamente un passo più in là, se oltre o in avanti lo lascio decidere a voi dopo l'ascolto. In esso giunge finalmente a maturazione il processo di evoluzione dei Sangue, che parte dal brutale debutto di tre anni fa, sorta di trait d'union involontario col passato dei tre quarti della formazione nell'istituzione sarda, in cui ha militato anche Salmo per un periodo, To Ed Gein (Raffaele, Tore e Michele, rispettivamente chitarra, batteria e basso) e arriva, oggi, a una visione della musica più completa e composita, caratterizzata da quelle dolci dissonanze sonore create dall'amalgama di quattro singoli individui diversi tra loro.
“Sangue è uscito dalle nostre teste come un fiume in piena", mi racconta Raffaele. "13 Pezzi è di certo più ragionato, c'è stato più tempo per lavorarci su fra coprifuochi vari e lockdown”. E anche se Michele aggiunge che “sentiamo sempre il nostro suono molto semplice, perché in fondo non c'impegniamo più di tanto nelle raffinatezze: se il pezzo per noi funziona, funziona”, ragguardevole è anche il balzo in avanti nelle liriche di Giacomo (ex-Antimanifesto) che segna anche un distacco dai climi cinefili (ogni canzone prendeva titolo e ispirazione da una nota pellicola) e un po' tardo-adolescenziali del precedente lavoro, per abbracciare tematiche più personali e pese.
Il suono si è fatto meno glaciale, a suo modo più caldo e pastoso; pur essendo al servizio di una piccola ricerca artistica ambiziosa che tratta vari argomenti: dall'esplorazione del caos urbano nelle sue varie sfaccettature (sentire Soffoca o l'intrigante Il Ragazzo Con La Spina Nel Fianco) al riottismo classico ma con una tonalità ancora più oscura e paranoica (sentire il primo singolo Una Stronza Chiamata Speranza o La Puttana della Classe Operaia), passando per il sano nichilismo (sentire Il Peso Del Mondo o Nessuna Direzione) con un exploit da 20 secondi che sembra scritto da Stefano Succi dei Bachi da Pietra (La Risposta è Ancora No).
In tal senso la summa del disco è Oggi Il Tuo Amore Domani Il Mondo, uno spiritual per zombie urlato sull'incalzare metodico del basso in un'atmosfera post-apocalittica che durante i prossimi concerti immaginiamo potrà essere ripetuta ad libitum senza mai stancare. Non è incredibile per un gruppo fino a ieri l'altro scansato come la peste dai nostri filo-intimisti per versi horror-core come “Io sono il Diavolo / Il tentatore / Io sono il figlio di una notte senza amore” (da Shining)?
Ecco, per chi ama i parallelismi a ogni costo, potremmo dire che se l'Ep Sangue era figlio di Impact, Nerorgasmo e Sottopressione, nell'infinito gioco delle sfumature, in 13 Pezzi si scorgono anche i La Crisi, i Negazione e i Tear Me Down. Oltre ovviamente ai Fugazi, di cui i Sangue citano sia titolo che veste grafica (da 13 Songs, uscito nel 1989 su Dischord). “Credo che le band di Ian, soprattutto i Minor Threat", mi dice Giacomo, "siano stati per noi veramente fondamentali. A volte dal vivo una Small Man Big Mouth esce anche facile. Poi i Fugazi seguono a ruota. Così come Dischord, beh, per noi non è una semplice etichetta, ma un modo di essere che ci accompagnerà sino al giorno in cui creperemo”.
Arrivati a questo punto della lettura, a punta di citazione del sor MacKaye, forse sarete indotti a pensare che 13 Pezzi sia qualcos'altro, qualcosa di poderoso ma anche un po' serioso, se non direttamente tedioso, da punk con gli occhiali con la montatura grossa. Nulla di più errato! La musica dei Sangue, nelle sue nevrosi, si veste di una disarmante semplicità: è sempre dura e solidamente costruita (si sentono certe radici punk non propriamente scontate), ma ha tenaci agganci in mondi fantastici che furono, udite udite, della scena rap romana. Perché se Metal Carter diceva “Io per l'hip hop cultura porto Sepultura” i Sangue ribattono, a sorpresa, ammettendo che “Il nome Sangue è semplice, d'impatto e... ehm, sanguigno, come la roba che suoniamo e poi siamo fan dei TruceBoys: il loro album si chiamava Sangue appunto. La sola sfortuna e la grande gag di questo nome è che finiamo sempre su qualche roba di donazione del plasma!”.
13 Pezzi potrà dunque essere un album della riconferma, ma è pronto a stupire molti, in principal luogo gli hardcore punk più basici, fan della prima ora dei Sangue. Ed è giusto così: tutto oggi è in perenne movimento, nulla rimane uguale a sé stesso, la contaminazione della società viaggia a una velocità proporzionalmente doppia rispetto alla capacità di assorbimento sia di un ipotetico pubblico che degli stessi artisti. Prima non succedeva mai un cazzo (o faceva bene finta), adesso nel giro di tre anni stiamo fronteggiando una Pandemia e una quasi-Terza Guerra Mondiale.
Figuratevi se ci si può adagiare in una qualsivoglia comfort-zone, personale, sociale, artistica, quel che vi pare. Ecco, è in questo quadro generale che i Sangue hanno capito alla perfezione quale sia la strada che porta a uno dei linguaggi punk possibili. Senza fumosi intellettualismi o patetiche fughe nel passato. Con unità e disarmante onestà personale. “Non siamo nessuno per insegnare qualcosa ad altri", mi dice Tore, "però possiamo consigliare a tutti di non abbandonare la voglia di vivere per la musica: non atrofizzate la vostra ghiandola pineale, leggete e vivete per la pace”. Amen.
---
L'articolo Oggi il tuo Sangue domani il mondo di giorgiomoltisanti è apparso su Rockit.it il 2022-03-18 10:27:00
COMMENTI