Se chiudo gli occhi riesco a rivedere la scena come se fosse di fronte a me. Davanti, in primo piano, la sezione ritmica, una sorta di cuore artificiale che pompa un sangue color cenere, che scandisce il tempo con battiti penetranti. Alle spalle e ai lati un muro di synth e tastiere operato da figure misteriose, con le facce nascoste dalle diaboliche luci e ombre che invadono il palcoscenico. Così come tutti i volti della band sul palco vengono trasfigurati, perdono la loro umanità e diventano dei profili avvolti nel buio, esseri che tessono la tragedia con il favore delle tenebre. Sono Mariagiulia Degli Amori, Serena Locci, Simona Norato, Simone Cavina, Francesco Bolognini e Amedeo Perri, con la partecipazione in produzione di Andrea Rovacchi. A guidare il tutto, spostato sulla sinistra, Jacopo Incani, meglio noto come Iosonouncane, per dare suono alla tragedia, alla poesia, alla commozione, alla violenza, al dolore. Per mettere in scena tutta l'angosciante esperienza di Ira.
È un percorso tortuoso quello di Ira, disco più ambizioso e apocalittico della produzione del musicista sardo. Un percorso lungo all'incirca 5 anni, di cui almeno 2 di pandemia in mezzo. Quasi difficoltoso come l'ascolto del disco stesso, un'opera dalla durata di quasi due ore cantata in una non lingua dove si colgono frammenti di inglese, francese, tedesco, turco e dagli arrangiamenti macabri e laceranti. Un viaggio nell'abisso più oscuro in cui ogni appiglio viene a scomparire, per lasciare spazio all'oblio in cui la condizione umana è capace di finire. In Ira si percepisce una guerra sullo sfondo, l'insensatezza della devastazione che umilia e sgretola anche il più flebile barlume di speranza per il futuro.
Anche solo ad ascoltarlo in cuffia l'effetto è lancinante. Richiede uno sforzo e un coinvolgimento emotivo che, nel discendere dentro le 17 tracce che lo compongono, finisce con il catturare solo con il suo potere evocativo. Tutto è coperto da una coltre in cui si riescono appena a cogliere le forme, ma siamo noi a darne il senso più lugubre. A distanza di un anno – da quando lo conosciamo noi, almeno – quella potenza detonante è ancora lì, monumentale, destinata a rimanere incastonata dentro a uno dei dischi più affascinanti del nostro tempo. Per questo, vederlo dal vivo è un'esperienza imperdibile e, per questo, a MI AMI Jacopo non poteva mancare, anche se il live non sarà lo stesso della scorsa primavera, ma una sua evoluzione. Non a caso il suo tour estivo farà tappa anche al prestigioso Primavera Sound di Barcellona, rendendolo uno degli unici italiani in line up.
Già a luglio del 2021 avevo provato l'allucinazione di vedere parti di Ira dal vivo in una versione riadattata. L'occasione era la tappa del tour di Iosonouncane in formazione ridotta a Villa Manin, in provincia di Udine. Quel concerto – raccontato nel dettaglio qui – fu interrotto da un diluvio terrificante, come se fosse stato il magma spettrale del trio guidato da Incani a invocarlo. Ma quello fu solo un assaggio dell'esperienza completa e full band, che avrei vissuto quasi un anno dopo, nell'aprile del 2022 all'Auditorium di Milano.
E qua le parole sfuggono, le mille sensazioni sgomitano per cercare di metabolizzare la complessità di un concerto del genere. Quasi due ore dritte, con i brani che scorrono uno dentro l'altro e concedendosi appena qualche secondo di pausa tra uno e l'altro. Muscoli tesi, occhi sbarrati, corpo immobile di fronte alla ipnotica tragedia di Ira. Un rito funebre per la diaspora dell'umanità, da cui non si riesce a distogliere né lo sguardo né l'ascolto. Dal delicato arpeggio di Hiver al lento abbandono di Cri, dalla furia di Jabal alla morbidezza di Horizon, le 17 tracce del disco nella loro versione dal vivo divampano, mostrano la loro dimensione tridimensionale, affondano il coltello con ancora più ferocia e, allo stesso tempo, ci accarezzano con più empatia.
Il tour dell'esecuzione integrale di Ira si è ora concluso, dopo 7 date e 2 anni dopo la prima programmazione prevista. Per l'estate Iosonouncane, assieme ai suoi musicisti, porterà in giro una versione di nuovo riadattata, ancora diversa. Non si presenterà l'effetto demolitore dell'interezza di Ira, ma l'idea pare essere – almeno a seguire le poche indicazioni lasciate dallo stesso Iosonouncane sui social – un incrocio tra questo disco e quelli precedenti della sua discografia, come per alleggerirne la potenza e sancire l'uscita dall'incubo degli ultimi due anni. Sarà una delle ultime occasioni a disposizione per provare l'incredibile spettacolo di questa formazione e di quest'opera e, allo stesso tempo, ritrovare quell'Iosonouncane che abbiamo imparato a conoscere con La macarena su Roma e Die. Prima tappa la dovreste sapere senza che ve la suggeriamo noi: MI AMI, domenica 29 maggio. Vieni a sentire la terra tremare.
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L'articolo Ogni live di Iosonouncane è un'esperienza a sé di Vittorio Comand è apparso su Rockit.it il 2022-05-17 16:00:00
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