Nel Paese che non sa quanto avrebbe bisogno di un sano conflitto generazionale, grande è la confusione anagrafica sotto il cielo della riviera ligure.
Si inizia con il piccolo samuele, costretto a undici anni nel cervello di Marino Bartoletti. Molto simpatico, va detto, e spigliato, sa tutto di sanremo e bombarda il pubblico di nozioni sulla storia del festival.
Come scrive nelle pagelle di rockit il nostro marco mennillo “anche io a 11 anni sapevo tutto della storia Sanremo ed ero iperperformativo, ora ne ho 32 e vado in terapia. Occhio, eh”.
A chiudere la serata invece sono i giovani della rediviva categoria delle nuove promesse. non sindachiamo sul fatto che c’è chi tra loro ha 7 anni in piu di Sarah Toscano, in gara tra i big, ormai a questo abbiamo fatto l’abitudine. Nemmeno sul fatto che nel mercato discografico attuale simili distinzioni non hanno alcun senso, perché se indovini mezzo ritornello pure allo stato embrionale ormai potresti diventare una cosa grande grande. È quella che ultimamente hanno deciso che si chiama industry plant e che è molto cattiva.
Piuttosto è artisticamente che non si capisce la necessità della distinzione, se i giovani non portano nuove tendenze, nuovi suoni e direzioni, ma un pop tutto sommato canonico, anche ben eseguito ma che non ha elementi di distinzione e innovazione, perché mantenere la riserva indiana?
Veniamo a Sanremo Vecchi, cioe a Sanremo normali. Fortunatamente, nonostante i cuoricini con le mani in platea, non è un’edizione caratterizzata da grande giovanilismo e crisi di mezza età. In ossequio al presentatore e forse un po anche a questo governo figlio del secolo, tutto è molto classico, morigerato. Mentre Tony Effe rispolvera il vestito usato alla cresima del figlio di un boss, alla fine quello che fa la mattata è Massimo Ranieri, che si fa esplodere un occhio in diretta e scende dal palco come uno studente del liceo artistico al termine dell’ora buca.
Per fortuna poi arrivano i Duran Duran e lì nessuno si ricorda più l’età che ha. Siamo Wild Boys con un’ala soltanto e riusciremo a volare solo se curiamo sta cazzo di artrosi.
È a tema nostalgia e "aforia di generazione" l'editoriale che apre la quarta puntata di Ostaggi dello Stato, il nostro podcast su Sanremo che vi invitiamo a seguire su Spotify. Tra fan dei Duran Duran con le ultime caldane, bambini reincarnati in Marino Bartoletti e i campioni della categoria Sanremo Giovani, carini e disoccupati, l'età è stato un fattore decisivo (o meglio, sarebbe stato meglio tenerla maggiormente in considerazione).
Di questo e molto altro abbiamo ragionato con degli ospiti graditissimi. Troverete infatti in questa puntata:
L’autopagella di Dario Brunori
Matteo Zanobini confuso e felice nel backstage dell’Ariston
Matteo Alieno ci racconta come si scrive un (gran bel) pezzo in Cörsivœ
La linguista Beatrice Cristalli analizza i testi delle canzoni come se fossero in italiano
Fuckyourclique e la congiura dello sperma
Silvia Violante Rouge Fashion Design Vol. 3
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L'articolo Ostaggi dello Stato - Il nostro podcast su Sanremo. Episodio 4: Wild Boys con la cataratta di Redazione è apparso su Rockit.it il 2025-02-14 12:03:00
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