Ostaggi dello Stato - Il nostro podcast su Sanremo. Episodio 6: la Caporetto della cassa in quattro

Una classifica finale sorprendente, un po' di polemichette di quelle passeggere, tanta gioia per il ritorno al normale "ritmo delle cose": a voi l'ultima puntata del nostro podcast sul Festival

Generata da un'AI in stage
Generata da un'AI in stage

Dunque, c’è un brano dedicato alla mamma malata, che era nel cassetto da un po’, perché al direttore artistico precedente a un certo punto era partita la locura e quindi con “le mani ciao ciao”.

C’è un pezzo dedicato alla figlia, di un cantautore che si definisce “canguro fra il passato e il futuro”. 

C’è un pezzo di un menestrello folk rock, un po’ Marc Bolan, un po’ Rita Pavone prima di parlare di sostituzione etnica, un po’ Gianni Rodari. Anzi, tanto Gianni Rodari.

Sono tre dei primi cinque brani in classifica di un Sanremo che era stato presentato come quello degli 11 autori che hanno scritto tutto. Una frase dal vivace piglio polemico e polemistico, certo, ma anche dall’inattaccabile fattualità, per dirla alla Vittorio Feltri. 

E invece alla fine in fondo, spinti dalla critica, certo, ma sostenuti dal primo momento fino alla fine anche dal voto popolare, sono arrivati loro, Cristicchi, Brunori, Lucio Corsi. Uncool, molto umani, viscerali a tratti, magari retorici in altri, artigianalissimi.

E con loro Fedez, di cui si può dire tutto il male del mondo, ma che in questo caso era sul palco con la propria biografia e le proprie ferite, e questo ha fatto la differenze. E Olly, il vincitore finale, con un pezzo che personalmente qualche dubbio lo lascia, ma dubbi invece non ce ne sono sul suo talento, e su un percorso, il suo, personale, rapidissimo e super convincente, di grande qualità.

Certo, si dirà che per il terzo anno di fila ha vinto un artista della stessa agenzia, che per altro esprimeva un’altra concorrente e il co-conduttore della finale. Bravi loro, a trovare i nomi giusti e a lavorarli adeguatamente. 

Già, perché di lavoro si tratta. Che si innesta però su qualcosa di più profondo ed esistenziale, carne, ossa, polmoni, anime e incontri, vite vissute e vite immaginate. Questo è la musica e molto di più. Le formule e le strategie aiutano per dare una carena a questo groviglio informe di sostanza umana, ma non possono bastare se non a riempire delle playlist di rumore di fondo.

Che una reazione a tutto ciò arrivasse da Sanremo è qualcosa di davvero sorprendente. Ne gioiamo, e attendiamo l’estate per tornare a "muever la colita ita ita". 

 

Con questo compunto editoriale è davvero finita. Finito Sanremo e finito Ostaggi dello Stato, il nostro podcast su Sanremo che vi invitiamo a seguire su Spotify. È stato divertente – pure un po' doloroso, come molte cose divertenti – guardare, sminuzzare e provare a restituire a modo nostro questo carrozzone gigantesco e a tratti surreale. Rimanete sintonizzate e lasciare il vostro Segui sul podcast. Seguiranno novità.

Troverete in questa entusiasmante ultima puntata di Ostaggi dello Stato:

Leo Valli vincitore morale del Festival: è la voce di Topo Gigio
Silvia Violante Rouge Fashion Style Vol. 5 (tutto il meglio, tutto il peggio dei look di Sanremo
Lo Sgargabonzinon si è dimenticato di Gianluca Grignani

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L'articolo Ostaggi dello Stato - Il nostro podcast su Sanremo. Episodio 6: la Caporetto della cassa in quattro di Redazione è apparso su Rockit.it il 2025-02-16 12:05:00

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