La prima volta che ho avuto a che fare con il circuito punk italiano ho pensato, perdio, ma questi in quanti sono. Non ricordo dov'ero di preciso, ma presumibilmente a qualche concerto all'inizio degli anni Zero, in un posto occupato da qualche parte a Roma, in una di quelle situazioni con un sacco di gente che suona e banchetti stracarichi di vinili, che a definire underground si sfiora soltanto il reale.
Un amico d'università, soprannominato il Polacco, aveva deciso di tirarmi fuori da quello che lui riteneva essere "lo strapotere della Epitaph Records nel settore del punk rock". Un'autorità che in quel periodo difficilmente poteva essere messa in discussione, almeno a giudicare dai riscontri commerciali che riscuotevano i suoi artisti (anche se mai in un'ottica mainstream). Con questo non voleva dire che l'etichetta di Bad Religion, Rancid, Offspring e Pennywise mancasse di interessanti prerogative artistiche – e in quegli anni teneva ancora botta con gente come i The Hives –, ma soltanto che anche la piccola Italia era in grado di produrre bei dischi pur non dominando quei proficui mercati del punk-rock, dell'hardcore-punk e del garage-rock.
Una sfilza sempre nuova di etichette nasceva e si affaccia tutt'ora (a suo modo) prepotentemente in questi settori ritagliandosi via via una nicchia sempre più ampia, grazie a scelte indovinate e all'originale approccio di molti gruppi che spesso nulla hanno di che invidiare ai loro speculari esteri. Si tratta di decine e decine di realtà, unite spesso in cordate, che pur muovendosi in ambiti similari di etichette ben più rinomate, manifestano ancora una maggiore attenzione nei confronti di artisti che gli inglesi definirebbero "outsider", fuori dagli schemi. Del resto, è storia risaputa quella di Bugo uscito da un'etichetta di queste, la mai scordata Bar La Muerte di Bruno Dorella, popolare nel circuito per aver prodotto (tra i vari) Fuzz Orchestra e Bologna Violenta.
E proprio di questa scuola fa parte la neonata Ostia Records di Andrea Biagioni. Una bella testa che, da Ostia a Bologna (e più avanti, chissà dove), da un anno e in totale contro-tendenza ha prodotto una manciata di interessanti dischi che assai probabilmente, specie di questi tempi, non sarebbero mai arrivati ad avere quel supporto fisico ancora importantissimo in tutta la rock-culture.
"Ostia Records prende vita con questo nome ufficialmente nel 2020", racconta Andrea, "come appendice di un progetto più grande (ma meno definito), che avevo intrapreso due anni prima. Inizialmente ero interessato al mondo del vintage – dice – e l'intento era quello di affiancare la mia attività lavorativa principale, delimitando il mio raggio di interesse e di azione al campo della musica e dell'industria del vinile. Ha preso vita pian piano, diventando così un'etichetta indipendente e negozio virtuale di cd, vinili, gadget. Mi sono concentrato solo sulla musica, sia sulla vendita che sulla produzione discografica".
La parola Ostia rimanda ovviamente a Ostia Lido (la periferia estrema di Roma associata a un immaginario abbondantemente pasoliniano, ndr) eppure Andrea vive a Bologna. Anche solo per il nome scelto, Ostia Records appunto, sembra volere sottolineare un proprio antagonismo rispetto a una città che fa della propria autocelebrazione uno dei propri punti di forza: "Il nome dell'etichetta è ovviamente legato al luogo dove ho vissuto fino ad un anno fa, quindi dove è nato il progetto. Sono molto legato a Ostia. Ma la scelta di vivere a Bologna, fatta per motivi strettamente personali, si è rivelata una grande occasione su più fronti. Bologna è una città ricca di luoghi di aggregazione, stimolante. Di sicuro è molto più interessata a valorizzarsi e a rendersi attiva in senso ampio e, quindi, logicamente anche musicalmente. Tuttavia, anche Bologna può risultare, a volte, come una grande periferia, anche se non propriamente pasoliniana".
È a Roma che risiedono le principali fonti d'ispirazione di Andrea: "Prima di tutte Hellnation Records, per me non solo fonte d'spirazione. Roberto mi ha sostenuto dagli inizi e ha guidato i miei primi passi. Si è dimostrato molto disponibile nell'aiutarmi a instaurare una rete con etichette già presenti sul territorio, come Gianfranco di Agipunk con cui ho stretto rapporti lavorativi e amichevoli. Poi c'è Marco di Radiation, sempre a Roma, che mi ha dato ottimi consigli. Potrei farti altri nomi, più di rilievo, ma questi sono stati i miei punti di partenza", afferma.
Il catalogo di Ostia Records è in prevalenza punk e Oi! con delle svirgolate folk e country, perché alla fine anche un Johnny Cash in effetti era parecchio punk. Tuttavia, tra Atti Vandalici, Billycock, The Armonoids, La Piena e Fulvio Tulli, compaiono già le prime svirgolate sussultorie, come i C4, autori di un punk costruito in Sardigna e cantato in sardo; o gli Ireful, thrasher palermitani saldi al 1985. Spiega Andrea: "È tutto in linea con le mie preferenze musicali e i miei interessi. Aspiro a un catalogo che possa abbracciare tutti i gusti musicali, che inglobi la musica a 360°. Ciò non significa che voglia ospitare qualunque disco che mi passa tra le mani. C'è uno studio dietro riguardo gli interessi del pubblico, una ricerca continua di particolarità e rarità".
Un esempio? "Sicuramente i City493 in quanto gruppo emergente, eppure composto da persone attive da tempo nell'ambiente punk. Poco conosciuti con questa formazione, con pochi concerti alle spalle e al loro primo album. Per questo è stata una scelta un po' rischiosa, una scommessa. Ma appena ho sentito le loro tracce, ne sono rimasto colpito immediatamente; ho pensato meritassero di uscire in vinile e di essere conosciuti. Stampare un gruppo emergente e farlo uscire per la prima volta in formato fisico è sempre un rischio: il riscontro del pubblico resta un'incognita, ma ciò non significa che non ne valga la pena, anzi, spesso può dare anche molta soddisfazione".
La daily routine di Andrea non è tutta incentrata sull'etichetta e, umile e onesto, mi racconta: "Tutte le mie attività si svolgono attualmente nella mia abitazione. La mia giornata comincia attorno alle 9 con il controllo di mail e ordini, a cui seguono le spedizioni dei pacchi preparati il giorno precedente. Poi, mi dedico alla catalogazione degli articoli musicali per la vendita. Il pomeriggio tendenzialmente lo dedico alla parte più meccanica del mio lavoro: compilo scartoffie burocratiche, svolgo le fatture, preparo i pacchi per i clienti, rispondo alle mail e ai messaggi di coloro che mi contattano per acquistare e valuto l'acquisto di nuovi dischi dai fornitori. I weekend li dedico a fiere e mercatini, o sopralluoghi per valutare nuove collezioni: la vendita di dischi è venuta prima dell'etichetta, e questa vive grazie ai guadagni ottenuti dalla mia attività di vendita".
Ciò non toglie che la parte probabilmente più densa di emozioni resta quella dedicata a Ostia Records, fin dalla sua prima uscita: "Si trattava di un gruppo al quale sono molto legato: gli Automatica Aggregazione, uno dei gruppi storici del punk-oi italiano, nonché uno dei gruppi attraverso cui io stesso mi sono avvicinato per la prima volta al genere. Tecnicamente parlando, è un disco uscito in formato vinile 33 giri, dal titolo #2. Ho stampato 350 copie, di cui 100 in versione limitata con colorazione gialla. A essere sincero le preoccupazioni erano legate a problemi di natura tecnica e burocratica, perché essendo la mia prima volta avevo paura di sbagliare qualcosa", ricorda.
Ma alla fine è andato tutto bene: "Con l'aiuto di Roberto, Simone (batterista degli Automatica) e Federica di Zanzarude (che ha curato la parte grafica), sono riuscito a far uscire un prodotto che mi ha soddisfatto molto come prima uscita. Anche perché, sono onesto, quando ho scelto di ristampare gli Automatica sapevo che avrebbe avuto successo: erano un gruppo punk già molto affermato con un buon seguito. Per un' etichetta indipendente partire con una produzione autonoma senza passare dalle coproduzioni prima, non è cosi usuale: si cerca di limitare le spese e di farsi conoscere. Ho scelto, quindi, un'uscita che sapevo avrebbe funzionato, ma anche che avrebbe portato visibilità alla mia etichetta".
Quanto all'Oi!, chiedo come la pensa Andrea, in relazione a tutta una serie di atteggiamenti e rappresentazioni molto sottili nella connotazione e nella decifrazione politica connessa al genere. Lui chiarisce: "Per come la vivo io, negli ambienti punk e al di fuori non credo che l'Oi sia un genere così spinoso. Si sa che le rappresentazioni nell'immaginario collettivo musicale spesso sono fuorvianti e trascendono la musica in se e i suoi intenti. Ciò che vedo è sicuramente un forte senso di appartenenza e rispetto reciproco".
"Purtroppo la declinazione politica di un genere musicale come l'Oi e la sua parte skinhead rischia di danneggiarlo", continua: "Quando succede va sempre considerato in base al contesto e all'interlocutore: nulla che non possa essere superato con una giusta spiegazione di ciò che davvero sia l'Oi e la cultura che si porta dietro, senza banalizzarlo o ricondurlo a una natura necessariamente politica".
Quali sono i programmi per il futuro di Ostia Records è presto detto: "Il mio interesse è sicuramente continuare a espandere il mio catalogo e la mia collezione in vendita. Tra i miei progetti futuri c'è un negozio fisico qui a Bologna. Ho molte idee in ballo, soprattutto per le nuove uscite. Sto provando ad espandere il raggio d'azione della mia etichetta, accogliendo nuovi generi sempre affini ai miei interessi e non esclusivamente punk, senza però abbandonarlo. Ho in progetto una serie di coproduzioni e anche una ristampa molto interessante che credo piacerà molto".
---
L'articolo Ostia Records, punk da trasferta di giorgiomoltisanti è apparso su Rockit.it il 2022-09-16 13:15:00
COMMENTI