A volte, magari per pura coincidenza, la musica finisce per descrivere con le parole perfetta quello che ci sta succedendo. È quello che sta accadendo con questo periodo di crisi e allarme e Niente di speciale, l'album d'esordio degli Elephant Brain. Pubblicato il 17 gennaio per Libellula Music, è il disco con cui la band perugina si presenta veramente al pubblico, a distanza di cinque anni dal loro primo EP. Come suona il gruppo umbro? Come quelli che danno sfogo a chitarre e percussioni, con richiami ai conterranei Fast Animals and Slow Kids (Jacopo Gigliotti ha registrato e mixato l’album) e a gruppi punk, rock come i Voina o i Gazebo Penguins.
Le 9 tracce rappresentano una riflessione sulla realtà di ogni giorno, dalla quale non si può prescindere. “Sono come un viaggio su un’autostrada senza limiti di velocità, ripetendo assunti, come se fossero dei mantra a cui appigliarsi per non affogare in questo mare quotidiano”, raccontano i membri della band.
Quando finirà è il brano che apre le danze: questo descrive una situazione ideale nella quale si guardano da lontano le cose che finiscono, con un sorriso un po’ malinconico, visto che si ha la speranza di raggiungere altri obiettivi, di lasciarsi alle spalle il passato. L’ascolto prosegue con il brano Weekend, momento in pausa dal lavoro e dagli impegni, dove si trova rifugio nei bar e un’illusoria consolazione ai drammi, perché si sa che il lunedì è vicino e la routine è pronta a tornare. La canzone prende avvio con “va tutto bene”, frase che le persone si dicono per convincersi che tutto non crolli loro addosso o che affermano amici e parenti come parole di conforto, ma che vengono intese invece come detti ripetuti senza quasi un senso.
Scappare sempre, Soffocare e Ci ucciderà sono stati i primi singoli che gli Elephant Brain hanno pubblicato. Già dai titoli ci mostrano la loro voglia di esorcizzare con la musica le insofferenze degli uomini, le paure e le ansie delle nostre giornate, ma anche, e soprattutto, la difficoltà di vivere di musica che bene conosce chi appartiene a una band.
Fuggire, evadere dalla realtà momentaneamente, può sembrare una soluzione, ma nel testo della prima canzone viene risaltata l’importanza, al contrario, dello stare fermi, del comprendere le azioni che si sono fatte, e dove visione di una chitarra che ci potrà salvare, perché tanto è solo un momento, e alla fine poi passa. Scappare sempre, dunque.
Il secondo pezzo ruota attorno al tema del cambiamento. Ci si domanda se il modificare se stessi, lasciarsi andare, lo scioglimento di un gruppo possano essere azioni che portino a qualcosa di migliore. Soffocare nasce dalla necessità di un membro del gruppo di voler esternare questo sentimento, di mettere nero su bianco, con chitarre e batterie urlanti, le vocine dalla testa.
“Conta i lividi che servono per ritornare a scrivere / pensa qualcosa di sensato senza vergognarti troppo”: il gruppo di Perugia urla queste parole, e chissà quanto tempo ci è voluto per scriverle, per rendere visibile e chiaro un vuoto e blocco mentale presente.
Così si arriva, brano dopo brano, alla title track, la presa di coscienza finale che chiude il cerchio e ripercorre le fila dei discorsi aperti precedentemente. In questo momento di consapevolezza ci si chiede che cosa resta dopo tutte le corse affannate verso una meta illusoria, che cosa resta dopo la volontà di lottare per le proprie idee, per fare musica cercando di restare sempre se stessi. Alla fine, tutti noi, siamo dei piccoli granelli di polvere che ogni giorno combattono per cercare di splendere.
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L'articolo Le parole di conforto degli Elephant Brain di Enrica Barbieri è apparso su Rockit.it il 2020-03-10 10:56:00
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