"Il giorno che ti cambia la vita/ Passa e tu sei nulla di nuovo", dice una canzone del disco che la vita me l'ha cambiata del tutto, e forse non solo a me. Dieci anni e mezzo dopo mi trovo in un club stracolmo a festeggiarlo con altre tremila persone, più quei tre ragazzi (più uno), che sono maturati, ma che ogni volta che vedo calcare un palco - e tra poco non basteranno più due mani - dimostrano di avere perennemente i denti affilati, e la memoria di ferro. I Ministri sono una band consapevole, forse troppo agli occhi di qualcuno, e piaccia o meno, Per un passato migliore è il loro disco più importante, più grande, più magniloquente, e basta con gli aggettivi che pare un tema di prima liceo.
Come già detto l'Alcatraz di Milano è stracolmo - il soldout è stato dichiarato una manciata di giorni dopo l'annuncio del concerto, la scorsa estate - ma ce ne accorgiamo solo quando la prima strofa di Mammut inizia ad essere scandita da Divi. Il pubblico inizia a spingere, la festa può iniziare con Comunque, e con una sequela di brani che non venivano suonati da tempo. Il parterre dei Ministri, puntuale come un orologio, canta tutto, dall'inizio alla fine, in una prima parte di concerto "dedicata a chi ci ha lasciato la vita dentro quel disco". Le nostre condizioni, Caso umano, I giorni che restano, riemergono dalla memoria come viste su un album di famiglia, mano a mano che si avvicinano i ritornelli si allargano i cerchi, e l'inevitabile pogo si scontra con lo sgolarsi di ognuno.
Come ogni festa che si rispetti non mancano gli ospiti, primo su tutti uno che ospite non lo era nel 2013, Effepunto, al secolo Filippo Cecconi, che nei Ministri ha militato come secondo chitarrista, e che appena calcato il palco suona il riff di Mille settimane, nel delirio generale che si propaga. Poi è il turno di Appino - nascosto da insospettabili occhiali scuri da hangover -, e la versione de L'amorale (brano del 2011 degli Zen Circus per cui i Ministri hanno cantato i cori, ndr) che esce dal connubio è secca e severa. Una dolce sorpresa.
Ma il momento più importante avviene verso la fine, perché durante Gli alberi si avvicina al microfono Davide Toffolo, dietro la maschera, sornione. Come in una performance di Yoko Ono si limita a intonare degli strani cori nel ritornello, ma giustamente non è finita qui. Dall'ombra spuntano anche Enrico Molteni e Luca Masseroni, l'Alcatraz è sul punto di esplodere: i Tre Allegri Ragazzi Morti sono al completo. È il momento de Il mondo prima, suonata in sette, cantata in migliaia. Attorno a me si piange forte, è una questione di generazioni che si parlano, è una questione trasversale.
Dopo che si è esaurito l'ultimo ritornello de Una palude, e dopo la pausa sigaretta, inizia la parte di concerto "in cui tutto va a puttane". Divi questa sera è meno prolisso, fa pochi interventi, conditi dalla sua immancabile ridondanza, ma più di una volta vacilla, perché l'emozione sta vincendo su tutto. Peggio di niente e Un viaggio - passata ingiustamente in sordina nel 2019 - sono la quota di brani recenti in scaletta. Poi si ferma tutto, Divi provoca il pubblico che chiede una canzone da anni, "sento le vostre voci, ma non mi toccano". Non succede , ma se succede...
Vicenza (La voglio anch'io una base a) arriva per davvero questa volta, insperata, come un rito di purificazione. A metà viene interrotta da un intervento di Auroro Borealo, che irrompe nel pit presentandosi come funzionario del ministro del pogo. Elenca le regole per un pit rispettoso, il cringiometro si impenna, e dà appuntamento all'aftershow con dj set. Dove eravamo rimasti? "Chiedono i mezzi pesanti", e tutto può dilagare senza pietà verso il più classico dei finali, Diritto al tetto, discorso di Divi e Fede, Abituarsi alla fine, bolgia di saluto.
Quando finisce un concerto dei Ministri si ha sempre la sensazione di essere sazi, anche se sono mancati i pezzi preferiti. Non è facile da spiegare, ma è così, perché è una cosa che va aldilà del pogo, aldilà del fomento di un pubblico che è sempre caldissimo, caciarone, ironico e restio ai grandi discorsi. Quando finisce un concerto dei Ministri si raccolgono le forze per tornare a casa, come se si fosse appena recitato un copione basato su un canovaccio che ben conosciamo, e con un margine di improvvisazione facilmente gestibile. E anche questa volta, speciale per il traguardo, ma non certo definitiva, la festa è stata all'insegna di quello che tutti ci aspettavamo, e per fortuna aggiungo anche.
Ci siamo fermati queste due ore all'Alcatraz per ricordarci che Per un passato migliore è un disco fondamentale, per risentirlo tutto ruggire dal vivo - come quella bestia in copertina che non ho mai capito se sia una tigre o un leone -, ma non per fossilizzarlo, o renderlo eterno. Perché vuoi o non vuoi un passato migliore lo abbiamo tutti desiderato almeno una volta, anche se il presente fa sempre più schifo. Perché ammettere di essere in difficoltà è faticoso ma necessario, e un pizzico di retorica alla fine piace a tutti. Per tutto questo, e finché si potrà: Signore e signori, bentornati a un concerto dei Ministri. Sipario.
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L'articolo Bentornati a un concerto dei Ministri di Gabriele Vollaro è apparso su Rockit.it il 2023-12-07 02:02:00
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