A metà fra moda e riscoperta dei canoni musicali più vicini all'alta fedeltà, la nuova età dell'oro del vinile è ormai forte di dati di vendita, nonostante l'ascesa inarrestabile dello streaming. Per molti ascoltatori il supporto vinilico resterà per sempre un pezzo (antiquato) di storia della musica, ma tante etichette e artisti indipendenti stanno trovando in questo formato un modo per produrre musica come si faceva un tempo, arricchendo le canzoni di una copertina, immagini, odori, suggestioni. Forse più difficile da trasportare e conservare, ma proprio per questo un patrimonio dal valore sempre crescente.
Il ritorno del vinile però ha un costo e delle ricadute sull'intera filiera musicale, e gli ostacoli vengono tutti dalla fase di produzione: nel globo terrestre, le stamperie dedicate alla produzione di vinile sono circa 40 (di cui 20 in USA), per un mercato che si basa su macchine con più di quarant'anni di vita e milioni di dischi già sfornati. Impianti che meriterebbero certamente di andare in pensione, ma le aziende che producono tecnologie del genere sono ancora meno: la base è un complesso impiantisco sempre più risicato, fra stamperie che hanno mandato tutto a rottamare e conseguente incapacità di trovare pezzi di ricambio.
In Italia un tempo potevamo vantare più di dieci aziende dedicate, ma ad oggi ne è sopravvissuta solo una, la Phono Press di Settala (Milano), attiva sul mercato da più di trent'anni e che negli ultimi tempi sta facendo i conti con quantitativi di stampa triplicati: "Se fino a qualche anno fa la quantità massima di vinili stampati al giorno era duemila – dichiara uno dei responsabili al sito DDay.it– oggi arriviamo anche a seimila dischi quotidiani”. Produzioni indipendenti, ma non solo: anche alcune major hanno come riferimento Phono Press, ed il mercato estero è in nettissima ascesa. "In media ogni ordine ha un quantitativo massimo di mille unità, cerchiamo sempre di evadere tutto riducendo al minimo i tempi d'attesa”.
(Le macchine della Phono Press. Foto via)
La linea di stampa dell'azienda di Settala è composta da cinque macchine automatizzate, tutte attempate come dimostrano i contatori, ma non per questo inefficienti: “le macchine che stampano sono molto vecchie, ma trattandosi di sistemi meccanici costruiti alla vecchia maniera metterci mano non è difficile, e abbiamo anche una piccola officina per le riparazioni". Tra le riparazioni in corso alla Phono Press c'è anche una pressa che permette di realizzare dischi con lavorazioni particolari, ed esempio l’effetto splash.
Ma come nasce, concretamente, un vinile? Parte tutto dalla sala di “trascrizione” dove si trasforma il master audio nella copia base, definito “disco numero 0”. Questo passaggio, fondamentale per la buona riuscita di tutto il processo di copia automatica, viene eseguito con una sorta di giradischi inverso che ha un cristallo di zaffiro al posto della testina: l'incisione avviene su una lastra di alluminio rivestita con un'apposita lacca, creata da una sola azienda al mondo. Alla Photo Press questa macchina, importantissima, è marchiata Neumann, azienda tedesca che ad oggi commercializza solo microfoni.
Successivamente si creano delle matrici di stampa attraverso processi chimici (rivestimenti di argento e nichel in bagno galvanico) finalizzati a creare i negativi del disco 0 ed anche le copie in nichel da tenere in archivio per eventuali ristampe future; poi c'è la fase di stampa, dove vengono utilizzate le presse meccaniche.
(I chicchi di PVC usati per creare un vinile. Foto via)
Il supporto finale, da inserire nel tradizionale giradischi, nasce da granelli di PVC (diponibili in diversi colori) che, riscaldati, assumono la forma di piccoli bicchieri: a dare la tipica forma circolare ci pensa la forza delle macchine, insieme al vapore spruzzato ad oltre 200 gradi per ammordire la pasta vinilica ed il passaggio di acqua che raffredda il disco alla fine del processo. Peculare dettaglio, l'applicazione delle etichette: erroneamente si potrebbe pensare a carta normale applicata con colla, in realtà vengono utilizzate etichette speciali ad alta porosità che si impasta al PVC caldo fino a formare un legame inscindibile.
Prima della confezionatura finale, i vinili vengono supervisionati singolarmente e l'eccesso di PVC eliminato tramite precise seghe industriali. Tutti gli scarti vengono riciclati confermando il basso impatto ambientale di un supporto con più di quarant'anni di storia.
Trovate altre foto degli interni della Phono Press nello speciale di DDay.it
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L'articolo Un'occhiata dentro la Phono Press, l'ultima fabbrica di vinili italiana di Giandomenico Piccolo è apparso su Rockit.it il 2015-10-09 13:32:00
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