"PIZZA KEBAB Vol.1": Ghali ritorna al passato, ma così ha ben poco futuro

Divenuto simbolo di coolness e "portavoce" di una nuova Italia, Ghali tenta la carta del "back to the roots". Solo che quelle radici sono troppo recenti, e il suo quarto disco suona come un compitino posticcio, che non ci fa capire nulla di chi voglia essere oggi il ragazzo di Baggio

Ghali, foto press
Ghali, foto press

Per i nostri colossi della trap è tempo di ritorno alle origini, è tempo di revival, revival personalissimi e giustamente autoreferenziali, che ricordino al pubblico la provenienza dalla strada, ma per fare le cose in grande non si può parlarne semplicemente infilando il concetto nelle barre dei pezzi, bisogna al contrario imbastire un intero album all'insegna delle radici urbane, del lavoro sporco e del mauditismo da marciapiede. E se ci sembrava strano che Sfera guardasse al passato dopo appena otto anni dal suo folgorante esordio, ecco che arriva Ghali a fare lo stesso e peggio. 

Era il 2017 quando mio fratello, in piena adolescenza, mi chiedeva di comprargli Album, e io schifato e pieno di vergogna mi presentavo alla cassa della Feltrinelli di Piazza Duomo pagando questi 19,90 euro, che mi parevano uno spreco assurdo. Ecco, da allora sono passati appena sei anni, Ghali è diventato volto pubblico arci-noto, testimonial di moda, testimonial politico di un certo progressismo liberale cool, addirittura intervistato in un lunghissimo articolo del New York Times. Tutto giusto, tutto coerente con le parabole velocissime e all'insegna del successo di molti artisti italiani, che da paladini di un genere fortemente identitario sono sbarcati con gran classe nel pop nazionalpopolare.

Quindi, perché tornare proprio ora indietro con le lancette del tempo? Perché proprio ora PIZZA KEBAB Vol.1 (rigorosamente in capslock e con quell'accenno molto underground che fa intendere che sia un capitolo di una saga)? Non possiamo certo ridurre la questione ad un numerino, ma da qui si può partire. Il quarto disco di Ghali esce con grande fretta, un anno e mezzo dopo Sensazione ultra, e sembra sulle prime un tentativo di rimediare all'immagine patinata che l'artista italo-tunisino si è costruito nel tempo. Come se qualcuno gli avesse chiesto di mettere un attimo da parte la coolness. O forse è proprio questo uno dei passaggi con cui si sviluppa a tavolino questa famigerata coolness.

Pizza KEBAB Vol.1 è un disco ben fatto, troppo ben fatto per l'immagine che vuole lasciare di sé. Va detto che l'attacco è perfetto: "Mamma mi allattava sulla 91", tratto direttamente dal manuale su come catturare l'attenzione in un disco con una singola barra. Sto è il manuale del ghalismo, "Tutto fatto punto com", fa sorridere e quasi ben sperare. Ma poi tutto inizia a spegnersi, lentamente e senza particolari entusiasmi o sussulti, tolta l'agghiacciante strofa di Pyrex in Paura e Delirio a Milano, dove i tre della DPG si presentano nei crediti separatamente. Il che fa molto ridere, e ovviamente riflettere.

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E c'è da dire che un paio di scelte sono anche azzeccate. Prima su tutte il feat. con Simba La Rue, ma soprattutto Tanti Soldi, elevata anche da un Geolier in versione fuoriclasse, e un'intro paraculissima con la voce di Mina. Quello che manca per davvero è la visione d'insieme, perché PIZZA KEKAB Vol.1 è un disco troppo moscio per parlare di strada, troppo ordinato e preparato, dove scorre sotto vena il senso di colpa di aver tradito i "fra di zona". Ma allo stesso tempo non regge il confronto con l'urban pop contemporaneo, sempre più sofisticato oltre che studiato.

Qualcosa è andato storto, prima che lo stesso Ghali iniziasse a scrivere i pezzi. La grande macchina che costruisce carriere su carriere delle popstar è assolutamente fallibile, e in questo caso ci restituisce un artista nervoso, per niente in pace con le caselle in cui continua ad inserirsi. Se si trattasse di reale inquietudine uno con la penna  di Ghali tirerebbe fuori cose memorabili, questo è certo. Ma PIZZA KEBAB Vol.1 è la quintessenza della schizofrenia discografica che ci circonda nel 2023, e che notiamo quasi e soprattutto quando il meccanismo si inceppa.

 

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Soprattutto se il disco si chiude con Peccati, un brano quasi senile, dove prima si chiede perdono per i vizi da rockstar, e poi, con uno spoken word scontato e un po' fastidioso, si citano il passato che sarà sempre presente e gli infami che voltano le spalle. Così, giusto per essere sicuri che il copione sia stato seguito in modo giusto, anche se parecchio a spanne. PIZZA KEBAB Vol.1 finisce coerentemente rispetto a tutto il suo svolgimento: non si capisce nulla, né chi sia ora Ghali, né come si senta dentro lo showbiz. Un compitino posticcio che dimenticheremo dopodomani di un artista che deve ritrovare la sua credibilità, non per forza di strada.

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L'articolo "PIZZA KEBAB Vol.1": Ghali ritorna al passato, ma così ha ben poco futuro di Gabriele Vollaro è apparso su Rockit.it il 2023-12-01 11:12:00

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