Chiara Civello è una cantautrice polistrumentista romana molto molto brava, divide la sua vita artistica tra Italia, Stati Uniti e Brasile. Classe 1975, ha sei dischi all'attivo, tra il jazz, il pop e il soul. Canta in inglese, italiano, portoghese, spagnolo e francese Ha collaborato con gente come Michael Bublé, Tony Bennett, James Taylor, Burt Bacharach, Juan Luis Guerra, Pino Daniele, Ana Carolina, Gilberto Gil, Chico Buarque, Esperanza Spalding e Al Jarreau. Nel 2012 ha cantato a Sanremo Al posto del mondo.
Negli scorsi giorni ha pubblicato Sempre Così, nuovo singolo distribuito da The Orchard, inserito nella colonna sonora del cortometraggio This Is How a Child Becomes a Poet della regista francese Céline Sciamma, opera presentata in anteprima all'ultima edizione della Mostra del Cinema di Venezia. Il brano è stato scritto e composto insieme alla poetessa Patrizia Cavalli, una delle voci più conosciute e amate della poesia italiana del secondo '900, amica intima dell'artista. Patrizia Cavalli era nata a Todi nel 1947 e ha scritto poesie per tutta la vita, oltre ad aver collaborato a livello musicale con Chiara e con Diana Tejera, frontwoman dei Plastico.
“Patrizia aveva in mente tutte le note di una melodia. Voleva diventassero una canzone che fa piangere e, una volta finita, voleva che la cantassi io, perché diceva che ero brava con le canzoni che fanno piangere", dice Civello, spiegando così la scelta di fare uscire questo brano così sofferto e altrettanto amato. "Le sue poesie non avranno cambiato il mondo, ma alcune vite sì. Per esempio la mia”.
Qui ci racconta chi era per lei Patrizia Cavalli, perché è stata una grande poetessa e con quali poesie vale la pena approcciarsi alla sua grandiosa produzione letteraria.
Era golosissima.
Ci siamo conosciute davanti al tavolo dei dolci di una festa per un cortometraggio di Valeria Golino. L’ho riconosciuta grazie alla descrizione dettagliata di Diana Tejera, che l’aveva incontrata pochi giorni prima. Mi sono avvicinata, mi sono presentata, le ho detto che amavo le sue poesie e che avevo portato con me in America tutti i suoi libri. Da pochi giorni dopo ero da lei a pranzo o a cena un giorno si e uno no.
Cucinava benissimo e faceva delle cene fantastiche nelle quali ho conosciuto tanti che oggi sono diventati cari amici tra cui Emanuele Trevi, Chiara Valerio, Iaia Forte, Pappi Corsicato e Roberto De Francesco che nel 2005 ha girato Stanze e Versi, documentario mai realmente pubblicato, ma che meriterebbe di essere visto da tutti perché è un ritratto-autoritratto geniale di Patrizia.
In queste serate mangiavamo bevevamo vini e distillati incredibili, cantavamo e volte litigavamo anche. Nel libretto di Al cuore fa bene far le scale, il progetto legato alle canzoni che ha fatto insieme a Diana, edito da Voland, lei descrive uno di questi pranzi divinamente.
Con lei ho assaggiato per la prima volta un rum piu vecchio di me, il piccione e la pasta al peperone giallo; ho imparato a fare la puttanesca con la sua aggiunta di un ingrediente segreto, il bollito e persino il Mont Blanc partendo dalle castagne crude, una prodezza che ho fatto per lei al pranzo di Natale ed è stata l’unica ad apprezzarlo, forse intenerita dalla mia determinazione. Una sera, dopocena, giocando con delle sue vecchie foto ho creato un collage che successivamente ha voluto diventasse la copertina di Con Passi Giapponesi, il suo primo e unico libro di prosa. Eccolo qui.
Aveva un’orecchio musicale incredibile. Cantava, suonava benissimo il kazoo e aveva studiato pianoforte. Non ascoltava canzoni italiane, ma adorava quelle americane, soprattutto quelle di Cole Porter o del suo carissimo amico hit maker Jerry Lieber (di Lieber e Stoller) e ogni tanto giocando imitava la sensualità di Peggy Lee e accennava la sua preferita Is That all there is.
Odiava la letteratura contemporanea e diceva che dentro i classici c’era tutto. Mi ha iniziato lei alla Recherche e regalato una bellissima copia di Les Liasons Dangereuses di Laclos, oggi uno dei miei libri preferiti.
Amava la poesia di Sandro Penna ed Emily Dickinson, binomio molto interessante perchè sembra attingere a due fonti di diverse. La leggibilità e il mistero.
Mi è capitato ultimamente di rileggere le mail che ci mandavamo quando ero lontana e spesso in preda a malinconie e infelicità e mi rendo conto, oggi, di aver conosciuto Patrizia in un momento cruciale della mia vita, quello del passaggio di consapevolezza dall’onnipotenza infantile, detta da lei anche prepotenza indiscriminata, quando vorresti che tutto dipendesse da te, all’arrendevolezza davanti alle circostanze, al caso, la fortuna, le volontà altrui, quelle cose insomma che non puoi governare e che non dipendono da te. Dentro questa arrendevolezza risiede una parte di noi che conosciamo poco e della quale sappiamo poco o nulla e che ci fa paura. Bisogna essere cedevoli, diceva, e non sciupare le nostre forze con qualcosa di cui non si può aver ragione. Non è fatalismo, perché il fatalismo ha qualcosa che rimanda ad un’attesa passiva. È una cedevolezza attiva, che richiede una forza.
"Ognuno fa quello che può, ma quello che si può bisogna farlo", diceva. Il resto non dipende da noi. Quello che si può bisogna farlo bene, aggiungerei io, come ha fatto lei.
Ecco, dalla frizione di quel resto che ci fa paura, e che si affronta con l’arrendevolezza, e la prepotenza infantile che vorrebbe far dipendere tutto da noi, nasce “quell’incandescenza latente” da cui viene la poesia molecolare di Patrizia Cavalli, sua più pura forma di presenza, quella dei “sensi, quelli ufficiali, cinque e gli altri, i clandestini, imprecisabili”.
Sensoriale… sensibile ed esatta.
Patrizia mi ha tenuto per mano per un pezzo di questa strada che lei chiamava discernimento, ed è quello che ti fa tenere stretto il tuo valore e ti apre alla vita.
È sempre difficile per me scegliere tra le poesie di Patrizia, ecco qui la mia volubile selezione di oggi, accompagnata da qualche componimento di Penna e Dickinson.
Questa sfusa felicita’ che assale
Questa sfusa felicità che assale
le facce al sole,
i gomiti e le giacche
– quante dolcezze
sparse nel mercato,
come son belli
gli uomini e le donne!
E vado dietro all’uno
e guardo l’altra,
sento il profumo
inseguo la sua traccia,
raggiungo il troppo
ma il troppo non mi abbraccia.
da Poesie, Patrizia Cavalli, Einaudi 1999
Adesso che il tempo sembra tutto mio
e nessuno mi chiama per il pranzo e per la cena,
adesso che posso rimanere a guardare
come si scioglie una nuvola e come si scolora,
come cammina un gatto per il tetto
nel lusso immenso di una esplorazione, adesso
che ogni giorno mi aspetta
la sconfinata lunghezza di una notte
dove non c’è richiamo e non c’è piú ragione
di spogliarsi in fretta per riposare dentro
l’accecante dolcezza di un corpo che mi aspetta,
adesso che il mattino non ha mai principio
e silenzioso mi lascia ai miei progetti
a tutte le cadenze della voce, adesso
vorrei improvvisamente la prigione.
Patrizia Cavalli
da “Il cielo”, in “Patrizia Cavalli, Poesie (1974-1992)”, Einaudi, Torino, 1992
Sempre aperto teatro
Indietro, in piedi, da lontano,
di passaggio, tassametro in attesa
la guardavo, i capelli guardavo,
e che vedevo? Mio teatro ostinato,
rifiuto del sipario, sempre aperto teatro,
meglio andarsene a spettacolo iniziato.
O amori – veri o falsi
siate amori, muovetevi felici
nel vuoto che vi offro.
Tutto mi appare in bella superficie
e poi scompare. Perché ritorni
la figura io mi sfiguro, offro
i miei pezzi in prestito o in regalo,
bellezza sia visibile, formata,
guardarla da lontano, anche sfocata,
purché ci sia, purché ci sia, anche non mia.
Patrizia Cavalli, “L’io singolare proprio mio” in Poesie, Einaudi, 1992.
Pure scoprendo che quello che vedevo,
e lo vedevo in te amore amato
in verità non c’è, non c’è mai stato,
forse per questo è meno vero? No,
continua ad essere vero, e non perché
così mi era sembrato, non si tratta
di soggettività. Nessuno infatti
avrebbe in sé alcuna qualità
se non fosse per quel sentire che spinge
a concepire mischiandosi all’oggetto
un pensiero commosso per cui la nostra mente
intenerita fa che la morte venga differita,
almeno per un po’, giocando a questo
o a quello, prestando al giocatore
opaco il suo fervore, anche inventato
Di Sandro Penna
Forse la lenta tua malinconia si perde
Se ad un veloce treno l’affidi.
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Torna un pensier d'amore
nel cuore stanco, come
nel tramonto invernale
ritorna contro il sole
il fanciullo alla casa.
Da tutte le poesie Garzanti
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Era l’alba sui colli, e gli animali
ridavano alla terra i calmi occhi.
Io tornavo alla casa di mia madre.
Il treno dondolava i miei sbadigli
acerbi. E il primo vento era sull’erbe.
Altissimo e confuso, il paradiso
della mia vita non aveva ancora
volto. Ma l’ospite alla terra, nuovo,
già chiedeva l’amore, inginocchiato.
Cadeva la preghiera nella chiusa
casa entro odore di libri di scuola.
Navigavano al vespero felici
gridi di uccelli nel mio cielo d’ansia.
(da poesie inedite 1927-1955)
Di Emily Dickinson
By homely gifts and hindered words
The human heart is told
Of nothing -
“Nothing” is the force
That renovates the World -
Da semplici doni e impacciate parole
Il cuore umano è informato
Del nulla -
Il “Nulla” è la forza
Che rinnova il Mondo –
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To fill a Gap
Insert the Thing that caused it –
Block it up
With Other – and ’twill yawn the more –
You cannot solder an Abyss
With Air.
Per riempire un vuoto
Devi inserire ciò che l’ha causato
Se lo fermi con qualcos’altro
Si slabbrerà di più
Non puoi colmare un abisso
Con l’aria
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L'articolo La poesia ti cambia la vita di Chiara Civello è apparso su Rockit.it il 2023-11-03 15:52:00
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