“We Hate It When Our Friends Become Successful” cantava Morrissey nel 1992, spiattellando una verità palese anche quando si tenta di celarla. Basterebbe questa frase per chiudere la polemica della neanche troppo nutrita sacca di resistenza contro il successo di band che qualche anno fa potevano essere viste nei club da massimo 300 persone e che oggi bruciano le prevendite su Ticketone, oppure vengono invitate in tv.
Oggi, Thegiornalisti, Levante, Calcutta, Motta, Lo Stato Sociale e Brunori Sas, tra i tanti, stanno provando a riscrivere la grammatica del pop italiano, della canzone che diventa un successo trasversale, che passa attraverso canali fino a pochi anni fa assolutamente impensabili, i cui nomi sono citati nei quiz nazionalpopolari di Fabrizio Frizzi o Amadeus, nei talent (Levante come giudice a X Factor o i Thegiornalisti ospiti ad Amici di Maria De Filippi), i cui pezzi sono in heavy rotation sulle radio commerciali e, cosa più importante, i cui concerti diventano raduni evento da migliaia di persone.
Dopo i sold out nei palasport o nelle sale con una capienza importante come l’Alcatraz a Milano, le parole stanno a zero. Artisti con i quali fino al tour precedente potevi scambiare quattro chiacchiere a banchetto del merch, adesso sono diventati fenomeni di massa. Com'era prevedibile, alcuni fan si sono sentiti traditi, una reazione telefonatissima che ha origine dalla frase di Morrissey di cui sopra.
Ma il nuovo pop è fatto dal pubblico, prima ancora che dalle band. È il pubblico che sceglie il successo autoprodotto di Ghali, che elegge Tommaso Paradiso o Levante a personaggi televisivi e che reputa quello di Motta uno dei migliori concerti del Primo Maggio romano. Se ora questi nomi li conosce anche vostra madre, non c'è davvero nessun motivo di prendersela a male.
Le etichette aiutano a scegliere con pochi aggettivi e sono frutto della società della sintesi, ma vi risulta che uno qualunque degli artisti citati e non abbia mai detto che al successo avrebbe sempre preferito l’insuccesso?
In ogni caso, queste polemiche non sono di certo qualcosa di nuovo: persino negli anni '60 i fan della prima ora storcevano il naso di fronte al successo "commerciale" delle band che amavano. È un ingranaggio che fa parte della ruota che manda avanti la cultura pop.
Però oggi, soprattutto in Italia, è un comportamento che sembra insensato. Per anni ci siamo lamentati del fatto che le nostre classifiche fossero piene di prodotti creati appositamente per un target di poco più che minorenni, coi personaggi privi di cognome dei talent show, oppure per il pubblico generalista, con gli evergreen Biagio Antonacci, Eros Ramazzotti, Laura Pausini e tutti gli altri che riempiono i palasport ad ogni tour. Quasi tutti avrebbero scommesso che il cambio della guardia sarebbe arrivato proprio dai talent. Quando invece non è avvenuto il passaggio di consegne, si sono liberati dei posti vacanti nel bisogno popolare di musica da cantare, e finalmente i molti autori pop che già da anni giravano l’Italia su furgoni scassati hanno avuto un’opportunità.
Anche quelli che Carlo Conti chiamerebbe i "Big della canzone italiana" hanno iniziato ad avvalersi della scrittura degli autori del nuovo pop, oppure li hanno ospitati nei loro dischi sotto forma di featuring per dare più visibilità ai loro progetti.
Nel pop italiano sta accadendo una piccola rivoluzione che probabilmente spianerà la strada ai musicisti che ora suonano in cantina, ma che tra qualche anno potranno trovare il proprio spazio nell’industria. Uno spazio che fino a pochi anni fa era assolutamente blindato: pensate a un disco pop e intelligente come "100 giorni da oggi" degli Amor Fou del 2012 e a quanto oggi i suoi singoli risuonerebbero bene nelle radio italiane.
Sono passati 5 anni, molte cose sono cambiate, e un finalmente non ce lo mettiamo?
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L'articolo Le polemiche contro il nuovo pop italiano non hanno alcun senso di Simone Stefanini è apparso su Rockit.it il 2017-05-22 15:10:00
COMMENTI (16)
(Parto col flusso di coscienza) Ma sì, ma sì, inutile accanirsi. Io in "riccione" la sento la mano di Raina e le atmosfere di "Alì" effettivamente non sono così distanti. Io ho amato quel disco degli Amor Fou ma, parliamoci chiaro, quei testi sono fighi, quelli dei Thegiornalisti no. Punto. Produzione, melodie tutto ok, testi zero. Levante forse già meglio. Ghali e Motta tanta roba (questo per commentare i nomi citati nell'articolo). Io aspetto il giorno in cui Umberto Maria Giardini riempia almeno un teatro ma va beh queste sono considerazioni mie. Questo articolo a me non è dispiaciuto regà, fa tutto parte del flusso della cultura musicale. Ha sempre fatto tutto schifo. Poi risenti certe cose degli anni 90 che ti facevano cagare e le rivaluti. Inutile tentare di avere ragione. Ragione non ce l'ha nessuno. La musica è soggettiva e i numeri (che oggi contano tantissimo, forse anche troppo) non servono per capire chi rimarrà davvero nella piccola storia della musica italiana; quello che serve per capire è il tempo. Al massimo possiamo fare delle previsioni su cose scontate. Esempio: diciamo che qui tutti siamo d'accordo che il pezzo di Baby k di quest'anno è una merda totale e non rimarrà nulla ai posteri nonostante l'alta classifica, giusto? Ecco iThegiornalisti possono far cagare quanto vuoi però stanno sintetizzando ciò che il grande pubblico si aspetta dalla musica in questo momento storico, in maniera un po' trasversale, sfacciata, in pratica sorprendente, per chi ha voglia di farsi sorprendere. Cioè tipo mia madre lo reputa interessante e ha quasi 70 anni. Ci siamo capiti?
:)
Ahhhh... ancora insisiti?!
Ascolta, non ti piacciono le polemiche, non ti piacciono i commenti dei tuoi lettori, vai fuori tema e a questo punto te lo dico perché te lo sei meritato: l'incipit nel quale hai scomodato il signor Morrissey è intellettualmente disonesto.
Forse non ti è ben chiaro che se tu scrivi le tue "opinioni" sottoforma di articolo a maggior ragione dovrei essere io autorizzato a scrivere le mie (nella sezione denominata appunto "commenti") per il semplice fatto che intervengo in qualità di semplice lettore. Non ti pare? E' inutile contestare. mica sei un bed & breakfast che deve correggere una recensione negativa.
La cosa ridicola è che io ho specificato (su tua richiesta) cosa fosse una mia opinione, tu invece - probabilmente leggendo una "o" per una "i" (metto/metti) - ti sei preso male e dio solo sa cosa hai pensato.
Non sono d'accordo su alcuna tua opinione. Nè per quanto riguarda la musica più pop del pop (anche Vasco Rossi ha cominciato dalle feste dell'unità con 15 persone tra il pubblico), nè per quanto riguarda quella presunta "diversità" degli artisti citati, nè per le tue scelte giornalistiche: titolo, incipit, indiscutibilità dell'autore.
Mi lancio quindi in tutte le "iperbole" (pericolose e non) che ritengo opportune e gradirei non sentirmi suggerire come avrei dovuto rispondere.
Puoi cancellarmi, bannarmi, segnalarmi, oppure richiedere al webmaster del sito di disabilitare i commenti ai tuoi articoli, tanto io mangio ancora.
viva la vida
Come portavoce potresti firmarti con nome e cognome ed evitare il caps lock, ma quelli sono dettagli, come sarebbe un dettaglio che un articolo di opinione non debba essere democratico, altrimenti che opinione è? Un giornalista che metta "secondo me" è uno che ha sbagliato mestiere, perché se si firma, implicitamente chiarisce il fatto che ciò che scrive sia "secondo lui". Il resto sono considerazioni tue, su quelle cosa vuoi che ti dica? Abbiamo due opinioni diverse, viva la vida.
Allora, metto un bel "secondo me" davanti all'inizio di ogni frase. Esempio: Oggi qui c'è il sole... (secondo me) oggi qui c'è il sole.
Presumibilmente chi ha polemizzato aveva motivo per farlo.
Presumibilmente quel qualcuno ha tradotto quella tua ipotizzata "rivoluzione" come una involuzione.
Il fatto che tu definisca quelle opinioni prive di senso è sbagliato. (ti ricordo il "secondo me") Forse non le capisci.
Ad esempio io, seppur abbia appena sfiorato l'argomento, condivido appieno quelle polemiche e mi sembra poco rispettoso (o se vuoi poco democratico) stroncarle così come tu hai fatto.
Se poi vogliamo riconoscere che alla base di tutti i nostri dissapori ideologici ci siano i soliti concetti equivoci, ci sta.
La soggettività della musica, la sua percezione, il suo gradimento, le catalogazioni troppo controverse, sempre troppo onnicomprensive o troppo parziali per non dire escludenti...
Cosa è "pop", cosa è "popolare", "radiofonico", "indipendente", "indie" e così via fino a domattina... ogni aggettivo è aria fritta.
Gente come noi distingue solo in due categorie di musica:
quella più o meno buona e quella più o meno cattiva.
Ora, facendomi (con un po' di presunzione) portavoce di quei "polemizzatori" voglio soltanto dire che vorremmo ascoltare musica BUONA (qualsiasi cosa questo significhi) e non saremmo molto interessati alla musica di SUCCESSO.
Questo non significa che le due cose non possano essere concomitanti. Come ho già detto si può prescindere dal fatto che la musica sia "di successo" ma non dal fatto che sia "buona."
Questo perché?
Il rischio è che la musica NON BUONA MA DI SUCCESSO prevalga su quella BUONA e la faccia scomparire come è già successo e ahimé sta accadendo nuovamente.
Associare questo articolo al ventennio mi sembra poco lucido. A volte basta un "non sono d'accordo", senza lanciarsi in pericolose iperbole
Si può produrre musica perfettamente commerciale seguendo modalità perfettamente indipendenti.
Si può far musica in due modi:
1) tirando fuori quello che si ha dentro
2) cercando di piacere agli altri
Può essere che il primo includa il secondo ma raramente in questo nostro mondo musicale (che per convenzione definiamo "indipendente") accada l'inverso.
Viene il dubbio che chi scrive non sappia davvero di cosa si stia parlando. Cos'è la musica (?) ...cos'è il successo che può o non può derivarne (?)
Fermo restando che è totalmente privo di senso un articolo che ha per titolo: "Le polemiche contro il nuovo pop italiano non hanno alcun senso"... E' roba da ventennio.
Ripetere mille volte una cosa nella speranza e affinché la si percepisca come vera. Francamente con me non attacca.
Per come la vedo io è un disastro e leverei quel "finalmente" alla fine dell'articolo.
@viaggioachernobyl
Il problema è che questi escono (prima di accedere ai talent) da scuole dove gli insegnanti stessi potrebbero non sapere molto di musica (a parte "teoria e composizione" di base). L'ho constatato direttamente.
Se magari poi sono nati nella seconda metà degli anni 80...
Caro niccolobossini... i "furgoni scassati". Ecco qui quello che riescono a tirar fuori gli espertoni di un'epoca nella quale le cose migliori e da tramandare erano altre.
Giusto, le polemiche non hanno senso. Infatti non se ne dovrebbe neanche parlarne. Bisognerebbe lasciar passare qualche anno e vedere se questi principianti entrati nell'area del successo come neovip hanno resistito, e non diventare "accademici" dopo solo un "compito andato bene". Farli salire al trono assoluto per poi nel giro di un anno o due (farli) sparire.
Riscrivere la grammatica? Fino a Thegiornalisti, Levante e Motta, mi sembra la solita musica italiana, sempre cantata scandendo in maniera esagerata le parole, un po' scopiazzata dall'Electric Light orchestra: un'elettronica piena a tratti (finalmente) su di morale. Thegiornalisti e Brunori sas rispettivamente sembrano la copia giovanilistica di Venditti e De Gregori alternato a Rino Gaetano.
Lo Stato Sociale non portano niente alla musica se non una leggera contestazione pseudo-poetica (tanto vale scrivere libri).
Tutti musicisti scolasticamente bravi, per carità, spesso troppo logorroici (fallo con uno strumento che non sia la bocca), ma il lampo di genio non si sente.
E poi chi è Levante per fare la giuria, dopo soli tre album, a della gente che non è poi tanto più sotto, in termini di distacco atristico. Forse non si vuole un altro Morgan.
E invece si continua con la menzogna, come quella di dire che il pop (nuovo?) è fatto dal pubblico. Certo, scegliendo tra quello già filtrato da una parte e boicottato dall'altra, quest'ultimo portato avanti dai canali pirata e poi ritrovato (però nascosto da Spotify) in certi canali ufficiali.
Si tace sui numerosi malcontenti riguardo al livello artistico proposto al Primo Maggio. Anche quelli degli anni 60 di chi storceva il naso, ma ora non ci sono più le Loretta Lynn che girano il paese a distrubuire il proprio 45 giri alle radio. Ora non è permesso, pena anche il ridicolo.
La cultura commerciale, checché se ne dica, continua ad andare avanti, il testo ha sempre la meglio a discapito della musica, del suono. Un mainstream piatto e di livello piuttosto basso, procede: grande logorroicità su musichette. Come scandisce l'articolo di Wired: eliminazione dell'intro, ritornello dopo 30 secondi, canzoni come spot, da un'analisi degli ultimi 30 anni. Peccato che fino al 1986 la musica era diversa, magari migliore. Ma ora non c'è la voglia, forse neanche le capacità di riscoprirlo, magari creando qualcosa di veramente nuovo.