Pop X? I Pop X? Popper? È uno solo? Un duo? Una band? Nonostante ormai siamo on stage (su ogni tipo di stage) da 20 anni, l'esatta conformazione di questa entità che proviene dal Trentino rimane un mistero per molti. Non è una questione di maschere, mascherine o cappucci, è proprio che tutto quello che riguarda Pop X non segue una regola, nemmeno chi fa parte di questo collettivo che a volte è un duo e a volte pure un singolo.
Ora le evoluzioni hanno riportato Pop X non distante al punto di partenza. È successo con Balla coi lupi nella stalla, il loro ottavo disco, almeno stando al conteggio ufficiale, uscito da pochi giorni come sempre per Bomba. Dopo un periodo in cui uno dei due storici fondatori del gruppo, Walter Biondani, aveva lasciato al socio, il maestro Davide Panizza, l'onere di portare avanti la baracca (e questo aveva partotito, tra le altre cose, un disco "estremo" e per molti versi ancora da metabolizzare come Anal House), ecco il riformarsi della coppia, cui si aggiungono gli storici collaboratori del progetto, Niccolò Di Gregorio e Babic. I due, in una straordinaria rappresentazione AI in cui Panizza inspiegabilmente diventa uguale a Tedua, sono anche sulla copertina del disco.
Resistendo alla tentazione scolastica e quanto mai inapproppriata di titolare tipo "Walter Biondani è tornato nel gruppo", abbiamo chiesto ai due, D e W, di raccontarci questa nuova fase del percorso di Pop X.
Pop X è un organismo in mutamento sin dalla sua nascita. Ma con questo "ritorno" di Walter ti senti più a tuo agio?
D: Bè diciamo che tutto ciò che ho fatto senza Walter in realtà è frutto di Pop X da solo o che collabora con altri ad esempio Niccolò di Gregorio il quale per un periodo della produzione ha partecipato attivamente nel programmare le batterie e nel mixing e mastering delle canzoni. Quindi più che al sicuro quando c'è Walter, so che posso confrontarmi con l'idea che è all'origine del progetto, posso stare certo che le basi sono le stesse, mentre quando Walter non c'è proseguo il mio percorso personale di ricerca musicale, poi i due approcci con o senza Walter si influenzano a vicenda.
Ti senti di essere tornato nel gruppo?
W: Non proprio, perché non ho mai avuto la sensazione di essere uscito dal gruppo.
Come sono stati questi anni senza Pop X?
W: Dal 2004 non ho mai vissuto senza Pop X. Anche se per del tempo non produco musica o non vado a suonare mi sento sempre coinvolto. Praticamente tutta la musica che butto giù finisce in Pop X, semplicemente non sono molto prolifico. Qualche anno fa ci eravamo riuniti con il vecchio gruppo ska dove suonavamo una volta sia io che Davide, i jengyska. In quel periodo sono nate alcune canzoni di Antille. C'è stato un periodo, intorno al 2014, in cui sono stato molto assorbito da altre cose e in effetti credo che allora la mia presenza nei Pop X sia quasi sparita per un po', ricordo che Davide, Babic, Niccolò e Babbu erano in giro a suonare quell'estate e mi lanciavano messaggi commoventi, avevano postato una foto dove avevano scritto il mio nome sulla spiaggia come dire "ghe set?".
C'è un disco della variegata storia di Pop X a cui questo nuovo lavoro assomiglia di più?
D e W: No, ci pare abbia dei connotati personali: pur essendo in linea con il nostro stile ha una sua personalità autonoma.
Qual è la prima canzone su cui avete lavorato con Walter e come avete "ritrovato il ritmo" del lavoro?
D: Abbiamo iniziato con APE MAIA - CHINA - BALLA - FUMA queste sono le tracce che fondano l'album e che danno i connotati che ha, il ritmo lo abbiamo trovato nel momento in cui ho isolato il sottotetto di casa mia e abbiamo iniziato a trovarci a cadenza settimanale per portare avanti idee e produzione.
Che ne pensi del materiale prodotto da Davide in tua assenza? Lo avrebbe fatto così se ci fossi stato anche tu?
W: Davide è estremamente prolifico e praticamente non smette mai di produrre musica, suoni ecc. Le cose che produce mi piacciono sempre perché mi spiazzano, a volte magari sono ruvide, ma restano sempre poetiche. In realtà, per quanto riguarda le cose abbastanza recenti, ho vissuto attivamente la nascita sia di Nothing Hill sia di Anal House, quando erano ancora embrionali ci trovavamo con Davide a suonare e sperimentare un po’ i pezzi.
A posteriori come giudichi Anal House?
D: Anal House è sicuramente un disco proiettato verso il futuro secondo me molto sperimentale perché in ASSRIMMED ad esempio trovo ci sia un'atmosfera unica e molto sperimentale nel senso che in poca musica attualmente ritrovo questa sorta di allegra spensieratezza elettronicamente perversa e in qualche modo musicalmente medievale nel senso della musica di trovatori e trovieri. L'ho fatto perchè per me in quel momento era la sfida più audace e coinvolgente possibile, quasi in ogni album ho sperimentato utilizzando software e hardware diversi, in anal house c'è l'utilizzo integralista di Max/msp un linguaggio di programmazione al quale ho finalmente dato un senso (personale) nel momento in cui ho realizzato Anal House, con questo disco ho dato concretezza a un software che per me è rimasto astratto per oltre 15 anni. Diciamo che per 15 anni ho osservato incurisosito il software fino a quando sono riuscito a saltargli in groppo con una corda e a domarlo dopo essermi costruito da me il mio recinto mentale.
Lo hai visto dal vivo negli anni trascorsi da Antille a oggi? Che effetto ti ha fatto?
W: Una volta nell’estate 2020 al Muse di Trento durante la pandemia proprio nel tour di Prognosi Reservada, in cui si esibiva da solo in situazioni inusuali, e una volta nel tour di Anal House sempre a TN l'anno scorso, ma quello era forse più un DJ set. Certo mi sarebbe piaciuto suonare, soprattutto in quello di PR, ma la situazione era così, e che ci vuoi fare...
Ho letto che sei preoccupato per il tour (e relativa vita da tour, e relative sbronze). Come pensi di gestirla ora?
W: Sì, insomma può essere faticoso, bisogna farsi astuti per arrivare relativamente indenni alla settimana successiva. Ad esempio se con noi ci sarà qualche altro vegliardo nella crew, potrei stringere un'alleanza finalizzata a raggiungere la branda prima del mattino. Penso che mi porterò anche taniche di acqua.
Fai un lavoro meraviglioso, almeno così mi sembra di aver capito. Lavori alla digitalizzazione delle tradizione locale. Come funziona?
W: Più che alla tradizione il mio lavoro si rivolge al cosiddetto patrimonio culturale. Lavoro come fotografo presso la Soprintendenza per i beni culturali della Provincia autonoma di Trento. Mi occupo prevalentemente di progetti di digitalizzazione del patrimonio archivistico e librario antico conservato nelle biblioteche e negli archivi di Trento e del territorio provinciale, ma non solo. Spesso devo documentare fotograficamente reperti archeologici, siti di interesse storico, architettonico, etnografico o artistico. Un ambito di intervento che mi piace particolarmente è costituito dalla documentazione fotografica toponomastica, che mi porta a girare in modo capillare il territorio per lo più a piedi, alla ricerca di edifici, luoghi, vestigia, monumenti, tanto artificiali quanto naturali. Nei secoli l'umanità ha prodotto questi luoghi, ad esempio gli edifici o i centri abitati, o ne è stata ospite, come nel caso di una valle, di un bosco o di una montagna, ma magari anche un singolo albero, e ha dato loro dei nomi che si sono tramandati nei secoli per via orale. Il mio compito è cercare questi luoghi e fotografarli. Questo mi consente di esplorare il territorio in un modo altrimenti impossibile e che trovo estremamente interessante e suggestivo. È un po’ come viaggiare nel tempo e nello spazio. In generale l’obiettivo è consentire alle persone di entrare in contatto, di conoscere, di studiare, di avere insomma a disposizione, un tesoro che si è formato nell'arco di molti secoli e che è di tutti.
In qualche modo questo lavoro è rientrato in Pop X in questi anni?
W: Il mio lavoro deriva da una passione per il passato, per le robe vecchie che ho sempre avuto. La canzone Wurm, ad esempio, che risale a parecchi anni fa, prende il titolo e si ispira all'ultima grande glaciazione. Inoltre gli ambienti in qualche modo remoti e astrusi, ignoti ai più (benché spesso aperti al pubblico) in cui mi trovo ad aggirarmi e a passare le mie giornate hanno un forte potere suggestivo su di me e credo che queste sensazioni vadano spesso a finire nelle canzoni.
Pop X ha vent'anni (quasi). Siate sinceri, ci pensate a questa cosa?
D e W: Sì, nel 2025 avrà vent'anni, esattamente nell'estate del 2005 dopo aver finito la maturità al Liceo Musicale di Trento insieme a Walter approfittando dell'assenza dei miei genitori che erano andati al mare decidemmo di registrare un disco e nacque pop x. Subito dopo averci pensato pensiamo al presente e dopo al futuro.
Avete suonato tanto e ovunque. Questo è un tour ambizioso per capienze. Come sarà?
D e W: Dal punto di vista tecnico sarà un tour "semplice" com'è sempre stato nel nostro modo di operare (sin dagli albori i live di pop x consistevano in 1I pod con le basi + microfono). Stiamo preparando principalmente il materiale audio visivo e ci troviamo il venerdì a suonare nello stesso sottotetto in cui abbiamo registrato e prodotto il disco. Ci saranno delle parti suonate live alternate a visual e basi: gli ingredienti sono quelli, metteremo alla prova i circuiti sinestetici del pubico.
Le aspettative dei vostri fan sono altissime. Vi manda in sbatti questa cosa di dover sempre alzare l'asticella del delirio?
D e W: È l'unica cosa che ci rende sereni in questo delirio che è l'esistenzia.
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L'articolo Pop X: tipo gli 883 ma completamenti pazzi (e trentini) di Dario Falcini è apparso su Rockit.it il 2024-10-23 10:27:00
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