Non so esattamente perché noi italiani amiamo così tanto il Primavera Sound sopra tutti gli altri festival europei. Sarà che è vicino, sia nella geografia che nella cultura, oppure che è sempre un’ottima scusa per inaugurare il primo bagno in mare e fare le prove di estate, tra una birretta fresca e concerti pazzeschi.
Qualsiasi sia la ragione, gli spettatori italiani si battono ogni anno con gli inglesi il primato di nazionalità più popolosa tra i partecipanti al festival, tanto che sotto i palchi del Forum sembra di ritrovare in blocco le stesse facce che si vedono nei club della propria città tutto il resto dell’anno, solo più rilassate e felici.
(foto di Eric Pamies)
Per come la vedo io, quest’attrattiva ai limiti del morboso non è solo imputabile alla lineup (che in ogni caso riesce sempre a essere eclettica e di nicchia allo stesso tempo, in una parola: ottima), oppure alle pur tante novità che si aggiungono anno dopo anno (concerti a sorpresa annunciati con notifiche push sugli smartphone degli spettatori, area electro-balneare potenziata e via dicendo).
Dipende invece dal fatto che il Primavera Sound riesce, molto più di altre manifestazioni, a creare un’esperienza emotiva. Piacevole, organizzata, con dei codici ben precisi, persino poetica. Un rito collettivo del quale, per qualche motivo, non ci si stanca mai: non conosco nessuno che dopo la prima esperienza al festival non sia tornato una seconda volta, o che escluda categoricamente di farlo. È pieno invece di aficionados alla decima edizione, è zeppo di coppie giovani e meno giovani con bambini e ragazzini al seguito. A pensarci ricorda le abitudini delle famiglie borghesi italiane dal dopoguerra in poi: sceglievano una pensione balneare e ci tornavano per 20 estati di seguito, dalla luna di miele alla maggiore età del terzogenito. Solo che al posto delle scricchiolanti cabine del lido ci sono le architetture affilate del Parc del Forum, invece del ristorante modesto della pensioncina, gli Shellac.
(foto di Garbine Irizar)
Il momento più bello delle ore di Primavera Sound per me è il tramonto: le palme che danno sulla città si stagliano contro cieli rosa fluorescenti, i palchi si riempiono di luce dorata e mediterranea, e subito dietro si sdraia un mare tranquillo e punteggiato di barche a vela che si muovono lente, a volte a contrasto e a volte ad accompagnamento della musica nell’aria. Se si è stati abbastanza diligenti da arrivare al Forum in tempo per il primo concerto (di solito attorno alle 16.30), per il tramonto si profuma già di estate: basta odorare l’incavo del braccio per respirare il sale. Guardare i concerti con questa luce e questa brezza serve a rinfrescare anima e cervello, affaticati da un inverno finalmente al termine
(Il concerto a sorpresa degli Arcade Fire, su di un palco spuntato dal nulla, foto di Eric Pamies)
Ma c’è invece chi aspetta con ansia di sentire le gambe cedere dalla stanchezza alle tre di notte, guardare all’alba distese infinite di bicchieri di plastica, aspettare il giorno sulla spiaggia della Barceloneta, mangiare e bere a pochi euro nelle solite bettole della città. Oppure tastare il polso della gioventù europea guardandola sfilare incessantemente per tre giorni: le ragazze quest’anno erano quasi tutte senza reggiseno, con i capelli volutamente in disordine e i brillantini sulle gote. I ragazzi lo stesso (brillantini inclusi), ma con t-shirt piene di slogan al posto delle tette in libertà. La più gettonata: la scritta FUCK OCEAN accompagnata dalla faccia del rapper che ha dato clamorosamente buca. Tutti felici, tutti tranquilli, moltissimi giovani.
(foto di Nuria Rius)
E poi, naturalmente, ci sono i concerti: non c’è bisogno che vi racconti quanto siano state pazzesche e superiori Grace Jones, Elza Soarez, Angel Olsen o Solange, quanto è stato simpatico Mac Demarco o quante labbra siano tremolate sotto il palco di Bon Iver. Sono sicura che tra le 55.000 persone che ogni giorno hanno riempito il Forum, una buona parte erano vostri amici con il cellulare in mano, pronti a condividere foto bruttissime di concerti bellissimi. E se nessuno di loro era a respirare la musica del Primavera (o se non avete visto i video su RedBull tv), l’appuntamento è comunque all’anno prossimo: ci rivediamo lì il 31 maggio, 1 e 2 giugno 2018 per un altro fantastico Primavera Sound.
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L'articolo Se vai una volta al Primavera Sound, stai già pensando alla seconda di Nur Al Habash è apparso su Rockit.it il 2017-06-06 14:46:00
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