"Le chitarre sono morte". Girava qualche tempo fa una sorta di mantra musicologico, facile da pronunciare per dare subito l'impressione di essere aggiornati e dinamici e non bloccati nelle comfort zone. Tutte istanze positive, per carità, il punto è che quella frase non è vera. Ammettendo che il "rock" come linguaggio per raccontare il mondo abbia realmente esaurito le sue cartucce (i ragazzi che vogliono spaccare tutto, spaccano tutto col rap), è ridicolo non accorgersi di come, almeno in quanto a revival, l'immaginario della rockstar sostenga l'intero carrozzone della trap. Ad esempio: il disco più grosso di Sfera Ebbasta si intitola "Rockstar" e Achille Lauro ha vinto tutto al Primo Maggio con quello che era un mini-concerto-rock per un pubblico che probabilmente aveva solo una vaga idea di un vero concerto rock.
Ma il rock non sopravvive solo come feticcio di alcuni rapper più furbi di altri. Una cartolina sbiadita degli anni '70 non basterebbe ad affascinare ancora generazioni nate post-tutto. Ciò che strega questi ragazzi è qualcosa di vivo. Sotto al macro-sistema del "linguaggio rock" che ha chiuso i battenti, c'è un cuore che pulsa e che nell'ombra dona vita ai ricordi dei nostalgici. Sotto a tutte le sbuffate sulla morte delle chitarre, c'è gente che se ne frega di "funzionare", ci sono sale prova, garage sudati, serate con quattro gatti il giovedì sera negli ARCI e, ancora, qualche distro di etichette indipendenti (nel vecchio senso della parola).
Non sempre questo collegamento tra musica clandestina e cultura di massa è nitido, facile da riconoscere e riavvolgere; spesso è un filo confuso in mezzo a mille altre influenze, ma per esserci c'è, sempre. Il rock forse non sopravvive più nel suo ruolo di catalizzatore di adolescenze, di provocazione sociale e via dicendo, ma nel suo spirito originario di controcultura e alternativa, sì.
C'è gente per cui la differenza tra un pedalino e un altro che fa la stessa cosa è importantissima, gente che si accorge subito quando le corde hanno una grammatura diversa, gente che non si stanca mai di invitarti su Facebook alla seratina in cui suoneranno i suoi idoli, che probabilmente hanno chiesto un cachet di nemmeno 200 euro.
Esempio: in Italia esiste una scena emopunk, che suona, strilla, arpeggia, viaggia. Esiste una scena hardcore che stampa i dischi, scende dal palco, si mette al merch e mangia sempre la solita pasta al pesto scondita. Questo "emo italiano" eredita una tradizione decennale, ma non smette mai di sfornare artisti davvero valevoli. Dai Laghetto ai Fine Before You Came, dai Marnero ai Quercia. Vedendo questo emo da centro sociale, cinque anni fa, avresti mai detto che quella stessa parola, "emo", sarebbe tornata di moda con XXXTentacion e che decine di ragazzini nati nel rap se ne sarebbero largamente nutriti in una manciata di anni? Chi ci ha creduto subito, si accorge oggi dell'"appropriazione".
E questo è solo uno dei casi. Sono tantissimi i fili conduttori che collegano una sala prove umida e schifosa, che qualcuno direbbe "old school", a quello che succederà nelle major una manciata di anni dopo. Basta guardare il percorso dei FASK: partiti da un rock provinciale senza pretese di originalità e serietà, hanno portato quel genere fino al fondo del loro interesse, scrivendo i dischi "grossi" che avrebbero voluto ascoltare da ragazzini, e, infine, hanno ibridato quel mondo con il luccicante star system, come dimostra "Animali notturni": un disco rock, ma come amano definirlo loro, "rock d'autostrada".
Al MI AMI 2019 non ci sono solo loro a testimoniare questa ondata di gente che ha solo l'esigenza di suonare con le mani, le braccia, la gola e tutto il corpo. Ci sono i Gomma, ormai usciti definitivamente dal rischio di sembrare solo un'operazione-macina-hype. Ci sono gli Yonic South, la cosa più vicina all'autentico degenero garage che avreste sentito una ventina di anni fa negli USA. Ci sono i Tonno, attuale promessa della "musica normale", lo-fi senza abbindolare, scrivono canzoni che suonano come classici, ma nate ancora in sala prove con lunghissime jam. Poi c'è la storia: c'è Bugo, ci sono i Sick Tamburo, ci sono i Cosmetic.
"Suonare ti tocca per tutta la vita, e ti piace lasciarti ascoltare"
Segui il percorso Protetta da un filo spinato al MI AMI 2019
Venerdì 24
- Tonno Ore 21, Palco Retro
- Jesse The Faccio Ore 21:15, Palco WeRoad
- Gomma Ore 22:05, Palco WeRoad
- Malkovic Ore 22:40, Palco Retro
- Fast Animals & Slow Kids Ore 23:05, Palco Tidal
- Urali Ore 23:30, Palco Retro
Sabato 25
- Sick Tamburo Ore 19:35, Palco Tidal
- The Pier Ore 21:25, Palco Retro
- The Gluts Ore 22:20, Palco Retro
- Cosmetic Ore 23:15, Palco Retro
- Yonic South Ore 00:10, Palco Retro
Domenica 26
- Bugo Ore 20:20, Palco Tidal
- Andrea Laszlo De Simone Ore 20:45, Palco Jowae
- I Hate My Village Ore 22:00, Palo Jowae
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L'articolo PERCORSI >>> Protetta da un filo spinato di Redazione è apparso su Rockit.it il 2019-05-20 09:08:00
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