Come diceva il saggio: puoi allontanarti quanto vuoi dalla provincia ma quella non si allontanerà mai da te. Lo sa bene chi in provincia vive e lavora, in quei luoghi dimenticati anche dalle cartine topografiche, oppure che vivono davvero solo nei mesi del turismo e poi diventano una specie di dormitorio in cui se va via internet ci si ammazza. Quando si dice che l'Italia è tutta provincia, in realtà si generalizza davvero troppo: Milano, Torino, Roma, Bologna, Firenze e tutte le altre città importanti potranno contare su un sacco di provinciali, ma la provincia quella vera è ben altra cosa, specie per chi ha deciso di aprire un'attività di qualsiasi tipo.
In alcuni paesini, quando piove non esce nessuno e quello è un giorno buttato via, oppure ci sono così pochi giovani che per avere nuovi stimoli devi stare attaccato ai social tutto il giorno, sognando segretamente di avere l'età o i soldi per andare a vivere altrove. Lou Reed diceva: "C'è un solo aspetto positivo in una piccola città: sai che te ne vuoi andare", ma lui amava esagerare e poi i newyorkesi che ne sanno di Ischiano Scalo (esempio a caso, nome fittizio del paesino inventato da Niccolò Ammaniti per Ti prendo e ti porto via).
Allora parliamo di tutti i paesini che se li metti insieme fanno il mazzo alle città e non hanno quasi mai voce in capitolo. Questa rubrica si chiama Provincia Cronica ed è un megafono. Primo episodio, facciamo quattro chiacchiere con Gabriele Moretti che gestisce Music Gallery, un negozio di strumenti musicali a Cecina (LI), che ci spiega l'estasi e lo struggimento di lavorare in un piccolo centro.
I giovani in provincia suonano ancora?
Iniziano, questo sì. Il difficile è che continuino, ovvero che trovino gli spazi e le attrattive che ti fanno appassionare davvero allo strumento. Fin quando la città offre un poʼ di indotto del settore musicale (sale prova low cost, locali dove suonare, concerti, scuole di strumento), una buona percentuale di chi inizia poi trova spazi dʼaggregazione e continua. Ultimamente purtroppo mancano un poʼ i locali che offrano spazi per la musica dal vivo (soprattutto per i gruppi con formazione standard, con la batteria) ed è recentissima la chiusura di una nota sala prove di zona che riuniva molti gruppi: i costi di gestione purtroppo sono molto elevati e mantenere i prezzi bassi è davvero una sfida.
C'è sempre un divario tra maschi e femmine?
Direi che ultimamente la cosa è trasversale ai generi: dipende molto dalla moda del momento dettata dai media. Basta la nascita di un o una influencer su instagram o una band giovanile in un programma TV per avvicinare allo strumento i giovani fan.
Quali sono gli strumenti più venduti?
Chitarre classiche da studio, un intramontabile must: nonostante ne circolino ancora centinaia "della nonna", la richiesta del nuovo regge.
Qual è il profilo del cliente tipo?
Sono due le tipologie predominanti: la principale sono i genitori di ragazzi e bambini che si approcciano allo strumento, incoraggiati principalmente dalle scuole. Ultimamente (e per fortuna) molti istituti e circoli didattici investono in progetti legati alla musica, oltre alla classica ora settimanale, suggerendo non più soltanto il flauto dolce ma anche chitarra, tastiera, violino o fiati. Lʼaltra categoria è il cliente che suona e ha bisogno di assistenza: cambio corde, setup, accessori, consulenza.
Avrai di sicuro un sacco di richieste allucinanti
Ne ho collezionate parecchie, negli anni. La più frequente è il microfono senza fili che si autoamplifica, ovvero un microfono che non vada collegato assolutamente a nulla: lo accendi e ci canti, amplificato dalla crosta terrestre o dalla volta celeste. Poi cʼè il "Mister a quattro uscite", traducibile in mixer a 4 canali.
Almeno ti fanno fare due risate, passiamo alle dolenti note: quanto è difficile restare a galla?
Molto difficile, credimi. Non sarò il primo né lʼultimo commerciante a dirlo, ne sono conscio, ma in 15 anni di attività si è visto un consistente crollo dei margini sulle vendite e un raddoppiamento delle spese. Ormai si tira a campare: negli ultimi anni abbiamo visto molti colleghi di zona abbandonare il settore e dedicarsi ad altro, a categorie con margini superiori e meno spese. Per darti unʼidea, siamo rimasti lʼunico negozio di piccole dimensioni da Grosseto a Livorno. Abbiamo assistito recentemente alla chiusura di uno dei più famosi e importanti grandi centri dello strumento in Italia e, da conoscenti del titolare, abbiamo ben compreso le sue ragioni. Aggiungici lʼimpossibilità di trattare i marchi maggiori (Fender, Gibson etc.) a causa di una politica commerciale fuori di testa dei distributori... Ma ci tiene a galla la passione, finché ci sarà quella si cercherà di tenere duro.
Quali sono i competitor più duri?
Senza dubbio Internet. Che non è unʼentità ben definita e raccoglie diverse piccole e grandi realtà, ma è come se lo fosse. "Lʼho preso su internet" è il nuovo "Le faremo sapere". Purtroppo è una miscela esplosiva di merce sottoprezzo (che diventa automaticamente il listino prezzi mondiale) e competitor stranieri che hanno un regime fiscale differente e quindi riescono a fare sconti che in Italia non sono neppure pensabili... la domanda di fondo è: quando ci accorgeremo che permettere ai colossi di internet di fare concorrenza sleale alle attività ci sta portando al baratro, con migliaia di negozi che chiudono ogni giorno e città fantasma in cui sopravvivono solo pizzerie a taglio e bar? La concorrenza, per essere tale e non essere uno stillicidio quotidiano di attività che muoiono, dovrebbe prevedere che tutti si parta dallo stesso livello: tassazione proporzionata, costi proporzionati, stessa possibilità di accesso ai prodotti. Tutte cose che con i competitor internazionali non sono possibili. In questo settore fortunatamente cʼè ancora chi si rende conto che lo strumento musicale non è un cellulare o un tablet, che lo devi provare, lo devi sentire, serve il parere di uno che se ne intenda un minimo prima di saltare nel buio per risparmiare 20 euro.
C'è stato un momento esatto in cui sono cambiate le cose?
La crisi del 2007-2008, dalla quale ancora non siamo completamente usciti, ha segnato un punto cruciale per questo settore: tutto ciò che non è strettamente necessario (cibo, vestiti, automobile) o che non ha lʼattrattiva dellʼimmediato e innovativo (e quindi cellulari, tablet, smart TV) è drammaticamente passato in terzo o quarto piano. In più, lo strumento musicale richiede studio, qualche sacrificio, disciplina... In una parola: TEMPO. Cosa che i dispositivi di nuova generazione non richiedono: andiamo nella direzione dellʼimmediatezza, del tutto e subito, in un momento storico in cui un oggetto di sei mesi è già vecchio è difficile inquadrare un settore in cui se una cosa ha 40 anni ha maggiore attrattiva di una appena uscita di fabbrica.
Se lavorassi in città sarebbe diverso?
Sinceramente non lo so, probabilmente la mole di lavoro aumenterebbe ma avrei bisogno di personale... Tutto sommato il lavoro non manca, il fatturato c'è. Come dicevo, purtroppo, sono i margini ad essere risicatissimi.
Come potremmo invertire la tendenza?
Sicuramente avvicinando il maggior numero di persone di tutte le età alla musica, anche attraverso i fenomeni di massa come i biopic (penso a Bohemian Rhapsody, che ha sortito lʼincredibile effetto di far scoprire i Queen a più di una generazione... e con “incredibile” intendo proprio che non ci si crede: possibile che ci fossero quarantenni che non li conoscevano affatto? Questo la dice lunga sulla cultura della musica nel Paese) e talent show, magari di un livello leggermente superiore a quelli odierni e ispirandoci a chi li sa fare (penso a Guitar Star, format targato UK che non solo porta alla ribalta validissimi musicisti ma fa conoscere aspetti dello strumento a un pubblico che non sa la differenza tra una corda e un cavo in maniera divertente e coinvolgente). Ma è determinante che il commercio online venga preso seriamente dal legislatore, che adesso si limita solamente allʼaccertamento fiscale ma che dovrebbe far sì che chi si affaccia su un mercato come quello italiano, lo faccia alle regole italiane.
Chiudendo, chi te lo fa fare?
Per quanto difficile e talvolta davvero stressante, resta lʼunico lavoro che riesco a immaginare: ne ho fatti diversi prima di questo e riuscire a lavorare allʼinterno della passione che ti ha trascinato per tutta la vita rimane una soddisfazione immensa. Quel cliente che torna perché si è trovato bene, perché gli hai sistemato lo strumento in modo superlativo, perché lo hai ben consigliato è una soddisfazione che ripaga dei margini risicati. La musica è grandiosa anche perché riesce a trasformare un semplice lavoro di vendita al dettaglio in unʼavventura piena di amicizie, scambi dʼesperienze, infinite discussioni sui gusti e sulle sfumature di un genere, bellezza quotidiana.
Se lavorate nella musica, vivete nella profonda provincia e volete raccontarci la vostra esperienza, scrivete a contattaci@rockit.it
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L'articolo Provincia Cronica: gioie e dolori di un negoziante di strumenti musicali di Simone Stefanini è apparso su Rockit.it il 2019-09-04 09:38:00
COMMENTI (1)
Ci conosciamo dai momenti meno bui dell Shg Milano sono già passati 20 anni... Quando anche io avevo deciso di aprire una attività musicale in provincia che dico provincissima..La gente capace affidabile e appassionata come voi mi ha spinto fino a questo passo che non rimpiango mai .. oggi con moglie e bimbo piccolo e ancora un buco a stringere la cinta economica e non solo.. ancora non ho appeso la chitarra al chiodo si suona poco ma ogni tanto salgo sul palco in belle manifestazioni e ogni giorno a sistemare strumenti per chi ci campa cacciavite e saldatore in mano sopra un body.. ma è la vita che amo e che ho scelto con passione a me questo come a voi basta. Un saluto anche alla grande inossidabile Dany, un saluto a chi ancora crede che il rock esiste ancora o come alcuni che
hanno scoperto da poco che esiste Briano Maggio.