Il Jova Beach Party non ha affatto risolto tutti i suoi problemi

A differenza di tre anni fa, il festival balneare di Jovanotti ha spento le polemiche e conquistato tutti quanti. Ma la questione ambientale rimane, anzi è ancora più urgente dopo la pandemia e il cambiamento climatico. Un punto di vista non proprio mainstream sul tema

Tutte le foto del debutto a Lignano Sabbia d'Oro, scatti di Michele Lugaresi Maikid
Tutte le foto del debutto a Lignano Sabbia d'Oro, scatti di Michele Lugaresi Maikid

Non so bene da dove cominciare. Anzi, lo so benissimo. È solo che mi fa un po' di paura. Eppur bisogna andare (a schiantarsi). Domenica primo pomeriggio. Sono a casa, a godermi ogni istante di questo amabile anticiclone. Scrollo un profilo social che non ho e vengo colpito da due immagini, una vicina all'altra, randomiche e impietose come solo gli algoritmi sanno essere.

La prima l'ha postata Jovanotti, è un'inquadratura dall'alto del pubblico della prima data del suo Jova Beach Party a Lignano Sabbiadoro. Si vede l'enorme palco e attorno una distesa altrettanto enorme di persone, chi nel pit e chi in fondo in fondo, direttamente nel mare a fare il bagno. La seconda in realtà è un video, e ormai lo conosciamo bene: un gigantesco serracco che si stacca dal ghiacciaio della Marmolada, e travolge tutto quanto. Non so se sia corretto accostare le due immagini, è probabile che qualcuno se ne avrà male. Ma non ho potuto fare a meno di farlo. 

 
 
 
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Ricordo bene il percorso che portò a Jova Beach Party, nel 2019. La prima conferenza stampa, la perplessità di molti addetti ai lavori sul "palinsesto" dell'evento, ma soprattutto sull'opportunità di portare un simile carrozzone per oltre due mesi sulle principali spiagge italiane. Le proteste delle associazioni ambientaliste per il taglio di alberi, l'abbattimento di dune o il disturbo alla quiete della fauna locale, che fossero gli uccelli che nidificavano lungo quel tratto di costa oppure le tartarughe.

Per settimane sui giornali e nei feed il dibattito andò avanti lungo due binari paralleli: quello della celebrazione di un evento mai visto in Italia e quello della polemica. Il Jova Beach Party collezionava numeri impressionanti e tutti quelli che ci andavano tornavano indietro raccontando di aver preso parte a una cosa bellissima. Però qualche data fu cancellata, proprio per questioni ambientali, e c'era una fetta non proprio esigua di persone a ritenere l'evento fuori luogo, e pure un po' mitomane.

Jovanotti si incazzò a morte, svestendo l'abito ecumenista da santone del volemose bene che è solito indossare. Così scriveva su Facebook: "Non mi sarei mai aspettato, nonostante non sia un ingenuo rispetto a questo genere di cose, che il mondo dell’associazionismo ambientalista fosse così pieno di veleni, divisioni, inimicizie, improvvisazione, cialtroneria, sgambetti tra associazioni, protagonismo, narcisista, tentativi di mettersi in evidenza gettando discredito su tutto e su tutti, diffondendo notizie false, approfittando della poca abitudine al “fact checking” di molte testate. Il mondo dell’ambientalismo è più inquinato della scarico della fogna di Nuova Delhi!". Parole feroci, gravissime. Anche perché a criticare alcune sue decisioni era stata ad esempio Legambiente, non esattamente un gruppuscolo antagonista, oppure la Lipu e Italia Nostra. Sulla data in montagna a Plan de Corones inizialmente si era espresso in maniera molto dura anche la leggenda dell'alpinismo Reinhold Messner. 

Con Morandi e Sangiovanni
Con Morandi e Sangiovanni

Con la fine dell'estate e il botto conclusivo del live allo scalo di Linate, le polemiche si spensero. Del Jova Beach Party rimanevano il fatturato – per mesi era girata la voce che il tour fatto in quel modo fosse troppo costoso, insostenibile nonostante l'ingente sbigliettamento – e la percezione complessiva di una figata. Delle caretta caretta anche sticazzi.

Tre anni dopo il Jova Beach Party è tornato, e sarà di nuovo in giro per tutta l'estate. La formula è la stessa: c'è Jova, con lui degli ospiti fighissimi (ne abbiamo parlato qua, a Jova quel che è di Jova), il gotha del pop italiano e altri splendidi nomi di area alternativa e di world music. I biglietti venduti pare siano già 400mila. Solo che questa volta le polemiche sono quasi azzerate, le voci contrarie sporadiche e decisamente minoritarie. 

Perché? Le istanze di tre anni fa non sono più valide? Oppure non ha più senso mettersi di traverso, quando il vento tira tutto prepotentemente dall'altra parte? Nel carrozzone del Jova Beach Party, di certo, sono saliti pressoché tutti. La lista dei partner è impressionante, da sponsor di primissimo piano e della più varia natura (spesso gli stessi che nelle ultime settimane hanno sostenuto la causa arancione al Pride e che ora sposano quella del divertimento vista mare) a realtà più tecniche, su cui spicca il WWF, considerato già nel 2019 il garante dell'ambientalismo (sano, mica quello tossico degli altri) della rassegna . E poi gli amici della bicicletta, gli imballaggi di carta, i treni, la catena di libri di sinistra. Da non sottovalutare il ruolo dei media, che sin dalla presentazione dell'evento e ora con i primi reportage stanno raccontando il JBP in maniera semplicemente entusiastica. 

Jovanotti di spalle
Jovanotti di spalle

È in questo contesto che nasce l'esigenza di alzare il ditino, per prenotarsi a parlare. Sarà bastiancontrarismo? Forse, nel caso nessun problema ad incassare l'accusa. Ma se nel 2019 c'erano motivi ragionevoli per lo meno per problematizzare il tema – che, è ricordiamolo, la presenza di masse ingenti di persone e di infrastrutture su un ecosistema naturale, per quanto altamente antropizzato e sfruttato –, oggi ce ne sono molti di più.

Abbiamo vissuto la pandemia. Abbiamo smesso di prendere aerei, abbiamo cantato le lodi francescane degli animali che si riprendevano i loro ambienti durante il lockdown, siamo andati a vivere nella casa dei nonni in campagna svuotando (per un po') le città. Intanto il cambiamento climatico e le emergenze ambientali sono diventate IL tema con cui confrontarsi ogni giorno.

Ci siamo raccontati che il nostro stile di vita doveva cambiare, il nostro rapporto con il pianeta doveva cambiare. E non c'è nulla di più vero. In montagna, un ambiente che conosco meglio di quello marino, questo avviene da anni. E non per scelta. Lo sci di discesa, per dirne una, quasi non esiste più (almeno sotto certe altitudini). Va bene così, o meglio non ci si può fare nulla: non decidiamo noi. Questo non vuol dire rinunciare a ciò che amiamo, arrenderci alla fine. L'altro giorno, dopo i fatti della Marmolada, il grande alpinista Hervé Barmasse in tv ha detto (semplifico, mi scuserà) che non è che adesso non si possa più andare in montagna, ma certo quello che si può e non può fare deve adattarsi (come sempre è accaduto) al cambiamento dell'ambiente e delle condizioni.

Con una parte di Boomdabash
Con una parte di Boomdabash

Al mare, invece, in un ambiente che vive in un equilibro fragilissimo per quanto eterno, possiamo stare in 40mila tutti assieme?! Non abbiamo elementi per dire perché no (e nemmeno perché sì), di certo non è una risposta dire "in estate a Lignano c'è tanta gente comunque". È giusto che la situazione sia valutata caso per caso da chi si prende la briga di studiare e portare nella discussione motivi concreti. Ma che ci possa e anzi debba essere una discussione, e non un grande coro celebrativo, ci pare cosa sana. 

Nessuno è più motivato di Rockit (per questioni pratiche, ancora prima che per credo) a volere che la musica dal vivo sprigioni tutta la sua meraviglia. Nessuno più di noi in questi due anni ha fatto il tifo per la ripartenza, per gli assembramenti e anche per gli esperimenti e gli atti di coraggio e follia. Ma qui il tema è un altro, quello della responsabilità (è già, sempre lei ahinoi) e delle scelte che facciamo per noi e per gli altri. E quella che abbiamo verso il nostro pianeta è la più fondamentale di tutte quante. 

Fare una enorme festa in spiaggia, o in qualunque altro luogo naturale, è il sogno di tutti. A chi piace stare in un capannone con trecento gradi, tra cemento a vista d'occhio o a due passi dallo svincolo dell'autostrada a suonare e ballare? Però ci sono cose che (in una certa maniera, di una certa dimensione) si possono fare in determinati contesti e altre che vanno fatte altrove. Tutto qua. Non è bacchettonismo, di certo non è una questione di "legalità". I rave mi piacciono un sacco: si riapproppriano di posti sperduti, sono "leggeri" e flessibili rispetto all'ambiente in cui si trovano. Se non vedete la differenza con un mastodonte a tre palchi, con gli stand per provare le e-bike o assaggiare le nuove patatine.

Altrimenti, se vogliamo aprire un nuovo fronte tipo Ilva (o magari TAV), dividerci – dopo averlo fatto tra lavoro e salute, benessere e rispetto del territorio – anche tra coloro che hanno a cuore il divertimento e coloro che hanno a cuore il pianeta, facciamo pure. Tanto più a frantumi di così, c'è solo il mondo su cui ci poggiamo. 

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L'articolo Il Jova Beach Party non ha affatto risolto tutti i suoi problemi di Dario Falcini è apparso su Rockit.it il 2022-07-07 11:45:00

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